“Più che un’apertura lo definirei un bluff”. Non usa giri di parole, Francesco Zanardi, 51 anni, presidente della Rete L’Abuso, vittima di un sacerdote quando aveva dieci-undici anni nella parrocchia dove abitava a Spotorno, per commentare le parole del nuovo presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Zuppi, circa l’annunciato report della Chiesa del nostro Paese sui casi di abusi sessuali commessi da preti su minori dal 2000 al 2021.
Zanardi, perché parla di bluff?
“Il rapporto tratterà soltanto gli abusi relativi agli ultimi venti anni. Mi domando? E chi come me è stato abusato prima, nei decenni tragici in questo senso della Chiesa non solo italiana? Tutto ciò mi sembra davvero discriminatorio per le migliaia di vittime italiane che rimarranno fuori da questa indagine. Non mi sembra civile e nemmeno sensibile. Io fui abusato negli anni Ottanta. Se le cose stanno davvero così questo report è irricevibile, non solo da me ma anche dalle tantissime vittime che si rivolgono alla mia rete L’Abuso per chidere aiuto e insieme conforto”.
Insomma, per voi si tratta di un passo indietro della Chiesa quanto annunciato?
“Assolutamente sì, lo devo dire, anche perché mentre tutte le conferenze episcopali nel mondo – l’ultima quella francese ma prima anche diverse altre – fanno inchieste guidate da commissioni esterne, e cioè con persone che studiano dall’esterno i vari casi, la Cei no. La “strada italiana”, come l’ha chiamata Zuppi, è una macroscopica anomalia, questa è la verità. Mi spiace, ma in questo modo le vittime non si sentono nemmeno trattate come tali, non si sentono tutelate, né comprese nonostante a parole siano nel cuore della Chiesa”.
Negli ultimi anni le denunce si sono ridotte rispetto al passato?
“Sì, ma il motivo è principalmente uno: ci sono studi scientifici che dicono che vi è una maturazione del trauma che dura dai 30 ai 35 anni. Significa che negli ultimi vent’anni ben poche vittime hanno denunciato sia alla Chiesa sia alla magistratura italiana perché ancora non hanno trovato la forza o la piena consapevolezza per farlo. Per questo motivo è evidente che la Chiesa del nostro Paese uscirà con un rapporto ben poco verosimile”.
Secondo lei occorrerebbe un coinvolgimento della magistratura?
“Non ci può essere un report serio senza magistratura. Molte vittime non denunciano alla Chiesa, ma soltanto alla magistratura. Sicché un report senza di essa non ha senso”.
Perché non denunciano anche alla Chiesa?
“Non vanno in Chiesa, cioè proprio il luogo dove sono state abusate e maltrattate a denunciare, innanzitutto perché temono di non essere credute”.
Prima del Duemila i vescovi coprivano sistematicamente?
“Sì perché se non lo facevano violavano delle precise indicazioni del Vaticano. È questa una verità che prima o poi andrebbe raccontata e ammessa”.
Non ha intravisto nessun passo in avanti nelle parole di ieri di Zuppi?
“Solo la volontà di incontrarci. Mi farò vivo, speriamo sia di parola”.
Ma sull’Italia voi che dati avete?
“In Italia ci sono 164 sacerdoti indagati, 162 condannati in via definitiva, circa 30 vescovi insabbiatori, 161 nuove segnalazioni da inizio anno. A questi numeri si deve aggiungere il dato più importante e cioè i 471 casi impuniti, quelli per i quali il reato è andato in prescrizione oppure le cui vittime non se la sono sentita di andare a denunciare i fatti in un centro di ascolto diocesano per ovvii motivi”.
Perché in Italia si fa più fatica a scegliere la trasparenza?
“Ci sono molti nodi a livello di legislazione nazionale cui fa scudo il Concordato, come il fatto che non esiste l’obbligo di denuncia. A mio avviso si tratta di una certa omertà che lo stesso Stato italiano concede alla Chiesa”.
https://www.repubblica.it/cronaca/2022/05/28/news/report_su_abusi_della_chiesa_ma_senza_magistratura_rischia_di_essere_un_bluff_161_le_nuove_denunce-351491883/
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