Centrale, nella presentazione del Coordinamento, è stata la testimonianza di alcune vittime. Cristina Balestrini, del Comitato Vittime e Famiglie, sezione dell’Associazione Rete L’Abuso. «Oltre ad essere mamma di una vittima, cattolica e praticante, all’interno dell’Associazione Rete L’Abuso ho dato la di- sponibilità per l’ascolto e il supporto ai genitori di altre vittime, con la consapevolezza che solo chi ci è passato può comprendere nel profondo ciò che vive una famiglia che ha subìto questo dramma. Infatti, ciò che non emerge dalle cronache è il dopo, la fatica di portare un macigno che non si risolve dopo l’atto di violenza. Il Disturbo da stress Post Traumatico – di cui soffrono tutte le vittime di abusi sessuali anche se non diagnosticato – non è una passeggiata: condiziona il presente e il futuro, e va trattato con competenza e tantissima pazienza e amore».
La Chiesa in Italia, ha proseguito Balestrini, «non ha nessuna competenza in merito alla gestione degli abusi, né da un punto di vista legale (per ottenere che ciò non avvenga più fermando il prete, denunciandolo, aiutandolo ad affrontare responsabilmente il reato che ha commesso), né per ottenere giustizia e risarcimento alla vittima che ha subìto un danno, né da un punto di vista psicologico per offrire supporto alle vittime. La Chiesa «non tutela le vittime, anzi, e nei tribunali civili, la Chiesa difende il prete, non le vittime: sta dall’altra parte. Questo l’abbiamo vissuto sulla nostra pelle». Da un punto di vista psicologico, poi «le vittime sono allontanate dalla Chiesa e questo lo dico con grande dolore, da cattolica. Il nostro parroco ci ha invitati a “non sputare nel piatto in cui mangiamo”. Abbiamo risposto che sono dieci anni che cerchiamo di svuotare quel piatto dal vomito che annusiamo».