FQ – Marco Grasso e Maddalena Oliva – “In ricordo dei due giorni trascorsi al freddo delle montagne ” riportava la scritta aggiunta a mano sul poster regalo. Era un ricordo, un “dono”, per lasciare inciso nella mente, oltreché nel corpo, la data e il luogo dove tutto avvenne per la prima volta.
“Ricordo quella camera, il letto singolo. E poi il dolore, il sangue… Il Don mi diceva di tenere il segreto, un segreto tra lui, me e Gesù”. Inizia così Mario, nome di fantasia, a raccontare davanti alle telecamere della Bbc per la prima volta la sua “schiavitù sessuale”.
Quella che per 16 lunghissimi anni – dal 1996, quando lui di anni ne aveva otto – gli ha rubato l’anima. Il suo prete d’infanzia era l’allora parroco di Ceprano: Don Jean “Gianni Bekiaris, ancora oggi sacerdote nella diocesi di Frosinone, nonostante sia stato considerato colpevole dal diritto canonico come dal Tribunale di Frosinone. Il pm aveva chiesto una condanna a sette anni di reclusione, ma il processo è finito nel 2019 perché per i reati accertati è scattata la prescrizione.
“Quello che mi ha sconvolto di più – racconta il giornalista della Bbc Mark Lowen che ha firmato l’inchiesta – è pensare che Mario oggi potrebbe entrare in chiesa con suo figlio e ritrovarsi padre Bekiaris, il suo violentatore, a officiare messa: il prete è rimasto prete e pure nella stessa diocesi… Questo non potrebbe più avvenire in altri Paesi”.
“Italy’shidden sin: The true scale of clerical sex abuse in Italy” è il titolo dell’inchiesta durata oltre tre mesi che Lowen ha condotto in Italia, e che è andata in onda ieri sera sulla tv inglese. “C’è un pantano che irretisce i casi di abusi sessuali in Italia e priva i sopravvissuti come Mario di giustizia. Alcuni degli intervistati lo addebitano anche all ’assenza di un vero e proprio movimento MeToo nel vostro Paese: sessismo e patriarcato sono ancora dominanti qui. E così manca quell’attenzione e quella spinta che altrove ha portato la Chiesa, come pure la società, a doversi occupare del tema dell’abuso sessuale compiuto dai preti.
Anche quando il Pontefice è andato in tv, su questo tema non gli è stata rivolta nemmeno una domanda: è significativo . . .”.
GLI ALTRI. In Francia la commissione Ciase ha stimato dal 1950 330mila vittime di pedofilia nella Chiesa, 216mila a opera di almeno 3.200 sacerdoti. In Germania, prima un vecchio rapporto aveva contato, dal 1946 al 2014, 1.670 sacerdoti abusatori e 3.677 minori vittime.
Poi sono arrivati i numeri choc del report nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga, a cavallo degli anni 70-80. Quelli per cui lo stesso papa emerito Benedetto XVI, chiamato in causa per aver coperto i responsabili in almeno quattro casi, ha scritto di provare “profonda vergogna”e“sincera domanda di perdono”.
In Spagna, dopo la pubblicazione di un’inchiesta alla Spotlight di El País (durata oltre tre anni e che ha portato alla luce oltre trecento casi di abusi degli ultimi 50 anni), è stata accettata la richiesta di tre partiti, Partito Socialista spagnolo in testa, di istituire la prima grande commissione d’inchiesta governativa sugli abusi sui minori commessi dal clero spagnolo.
LA SPOTLIGHT ITALIANA. In Italia, è tutto fermo. E anche la decisione su una commissione indipendente – già sollecitata diversi anni fa dalle Nazioni Unite – sembra essere rimandata per l’ennesima volta, almeno fino all’elezione del nuovo presidente della Cei a maggio.
Così qualche giorno fa, il 15 febbraio, è nato il Coordinamento delle associazioni contro gli abusi nella Chiesa cattolica in Italia: sotto la sigla #ItalyChurchToo , si sono riunite Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne, Donne per la Chiesa, Noi siamo Chiesa, Rete L’Abuso, Comitato vittime e famiglie, Voices of Faith, Comité de la Jupe, assieme alle due riviste Adista e Left.
Perché “è ora di una Spotlight italiana”, come dice Francesco Zanardi, presidente di Rete L’Abuso. “L’Italia sembra essere su un altro pianeta… Siamo lontani anche dall ’Europa. C’è una chiara mancanza di volontà da parte dello Stato italiano di interferire con la Chiesa, a spesa dei bambini.
E c’è anche un problema culturale, in un Paese in cui oltre l’80% delle persone si definisce cattolico la Chiesa per molti resta un’autorità a cui mostrare deferenza, da non poter rimettere in discussione”.
Secondo dati non ufficiali, l’Italia è il secondo Paese al mondo per numero di accuse di abusi su minori perpetrati da sacerdoti. Si parla potenzialmente di un milione di vittime.
Ma gli unici casi emersi sono quelli censiti da Zanardi: 360, negli ultimi 15 anni. Solo una punta dell’iceberg. Ne è da sempre convinto anche l’attivista irlandese Mark Vincent Healy, che, di fronte alla Commissione Onu per i diritti del fanciullo, ha presentato uno studio che ipotizza la dimensione del fenomeno in Italia, tenendo conto di quel 4% di preti pedofili stimato dal John Jay Report, la maggiore indagine sul tema condotta negli Usa.
Percentuale confermata anche dal gesuita padre Hans Zollner, teologo e psicologo della Pontificia Università Gregoriana a cui papa Francesco ha affidato la prevenzione degli abusi sessuali nella Chiesa. In un’intervista alla Stampa, padre Zollner ha affermato: “Ormai il fenomeno è chiaro, nel mondo in ogni regione tra il 3 e il 5% dei preti è un abusatore.
Abbiamo dei criminali fra noi. Per questo dobbiamo fare ancora dei passi in avanti per purificare la Chiesa”.
“Per la Chiesa italiana è arrivato il momento di avviare una commissione indipendente sugli abusi sessuali commessi dal clero”, dicono dal movimento #ItalyChurchToo.
E respingono al mittente la proposta del cardinale Gualtiero Bassetti, presentata in un’intervista al Corriere: “Bassetti propone sostanzialmente la raccolta di dati in possesso delle diocesi, – spiega Zanardi – ma questa non può dirsi una commissione indipendente. Gli effetti della pedofilia all ’interno della Chiesa sono moltiplicati proprio per effetto delle coperture garantite dalle gerarchie ecclesiastiche.
Non mettiamo in dubbio la buona volontà di Papa Francesco, ma se in Italia i vescovi continuano a fare quello che vogliono non cambierà niente”.
Anche lo Stato “è invitato a rimuovere tutti quegli ostacoli che impediscono lo svolgimento dei processi”, spiegano sempre dalla rete di associazioni. Un dato su tutti: da un’interrogazione del 2018 al Ministero della Giustizia, è emerso che su 162 condanne penali di sacerdoti, nelle carceri italiane ci fosse solo un solo prete detenuto per quei fatti. “Le Procure spesso lasciano cadere le denunce perché ormai prescritte, ma una vittima mediamente impiega anni prima di elaborare e spingersi a fare una segnalazione”, dice ancora Zanardi.
“La prescrizione è in palese contraddizione con i trattati internazionali firmati dall’Italia a tutela dei minori”. Ed è proprio su questo punto che la rete anti abusi italiana ha chiesto l’intervento dell ’Onu, perché faccia di nuovo pressione sull’Italia per istituire una commissione indipendente e per modificare la prescrizione.
Ora quel fascicolo è in mano alle Nazioni Unite: “Prima di noi non c’era niente, e questo la dice lunga sul clima di omertà che avvolge il tema della pedofilia nella Chiesa nel nostro Paese”.
Da Il Fatto Quotidiano di domenica 20 febbraio 2022
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