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Rete L'ABUSO - Associazione sopravvissuti agli abusi sessuali del clero - Osservatorio permanente

Webinar ECA Global – Avv. Mario Caligiuri

Mario Caligiuri by Mario Caligiuri
20 Febbraio 2021
in Il punto della Rete L'ABUSO
Reading Time: 7 mins read
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Home Il punto della Rete L'ABUSO
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WEBINAR ECA Global Justice Project
(Intervento di Mario Caligiuri, avvocato di Rete l’Abuso)

Innanzitutto vorrei salutare e ringraziare tutti coloro che con la loro partecipazione hanno reso possibile la realizzazione di questa importante occasione di confronto e di ampliamento di conoscenza. Da chi si è impegnato nei numerosi contatti, fino a chi continuerà ad occuparsi della traduzione degli interventi.
Un saluto ed un particolare ringraziamento va alle vittime, ai sopravvissuti ed ai loro familiari che con il coraggio di cui sono diretto testimone continuano a contribuire affinché ciò che hanno subito non si debba mai più ripetere.

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o=O=o

La prima riflessione su cui vorrei coinvolgervi riguarda l’enfasi con cui veniva propagandata alla fine del 2019 dalle agenzie di informazione vicine al Vaticano la decisione di Papa Bergoglio di abolire, dopo ben quarantacinque anni, il segreto pontificio sui reati gravi commessi dai religiosi cattolici, compresi gli stupri di minorenni.

Difatti, è dal 1974, con il pontificato di Paolo VI, che venne imposta a tutti gli appartenenti all’autorità ecclesiastica la segretezza assoluta su particolari documenti pontifici, tra cui il divieto incondizionato di poter accedere alle prove concernenti i casi di abuso sessuale di sacerdoti custoditi negli archivi dei dicasteri vaticani e nelle diocesi. Ma, trattandosi in realtà di un ordine aggiornato nel 2001 per volontà di papa Wojtyla, a firma degli allora monsignori Joseph Ratzinger e Tarcisio Bertone, ritengo interessante apprendere da fonti accreditate su questo brutto argomento cosa sia esattamente il misterioso “segreto pontificio”: quel muro fatto di silenzio obbligatorio sui religiosi pedofili e/o adescatori in confessionale, come si legge nell’appendice del libro “Emanuela Orlandi – La Verità: dai Lupi Grigi alla banda della Magliana”, edito nel 2008 da Baldini-Castoldi-Dalai, scritto dall’acuto giornalista Pino Nicotri, pubblicata integralmente su micromega-online.

Bisogna riconoscere che l’odierno rescriptum, almeno in astratto, rappresenti la possibilità di potersi liberare dal muro fatto di silenzio obbligatorio per tutti i soggetti coinvolti, o coinvolgibili, nel procedimento penale canonico – denuncianti, vittime, testimoni ecc. Sembrerebbe che questa riforma, ripeto sembrerebbe, possa addirittura concretizzare quella trasparenza che troppe volte in passato è venuta meno celando la ripetizione delle violenze su bambini e bambine con il concorso criminale delle gerarchie ed in particolare dei vescovi.

A pochi sarà sfuggito come gli organi di informazione di matrice cattolica nell’annunciare l’avvio di una nuova era si fossero preoccupati nel rassicurare ripetutamente la comunità dei fedeli cattolici ed i suoi pastori sparsi nel mondo che, per espressa volontà del pontefice, le nuove norme mai e poi mai avrebbero potuto ledere il segreto appreso durante la confessione e che il silenzio obbligatorio sarebbe rimasto assoluto ed inattaccabile.

Peraltro, poco prima, nel maggio 2019, papa Francesco con il Motu proprio Vos estis lux mundi aveva introdotto nell’ordinamento canonico nuove norme procedurali per combattere gli abusi sessuali e garantire che i vescovi e i superiori religiosi fossero ritenuti responsabili delle loro azioni rendendo obbligatoria a chierici, religiosi e religiose la tempestiva segnalazione (denuncia) all’autorità ecclesiastica di tutte le notizie di abusi di cui vengano a conoscenza, come pure le eventuali omissioni e coperture nella gestione dei casi, ma, ripeto, con efficacia solo interna alla giurisdizione territoriale vaticana.

Trattandosi di leggi, norme e istruzioni che riguardano un ambito territoriale molto circoscritto ideate per una realtà unica al mondo composta da sacerdoti e religiosi, con pochissimi bambini, è impossibile convincersi, che nonostante le buone intenzioni del suo legislatore possano raggiungersi gli obbiettivi prefissati, nonostante fosse acclarata a livello globale la scarsa collaborazione tra le autorità civili e quelle ecclesiastiche.

A ben vedere non si tratta solo di questo perché il pontefice con la sua riforma indirizza implicitamente a tutti gli Stati esteri la legittima rivendicazione di autonomia del diritto della Stato che governa di impegnarsi per sanare la piaga interna della pedofilia.
Bisogna riconoscere che lo scopo della premura con la quale si intendeva tranquillizzare la protezione del segreto appreso durante la confessione fu chiaramente politico perché per poter in primis salvaguardare l’immagine della Chiesa nel mondo occorreva dissuadere quelle forze sensibili ai diritti umani interne ad altri Stati che avrebbero potuto rendere operative nei rispettivi ordinamenti norme per assicurare l’individuazione dei sacerdoti e dei loro protettori responsabili degli adescamenti e delle violenze sessuali agite su fanciulli/e.

Difatti, già nell’estate del 2017, l’obbligo assoluto venne messo in discussione e reso noto da ordinamenti di Paesi come l’India e l’Australia i quali avrebbero voluto imporre ai sacerdoti confessori di denunciare alla pubblica autorità i casi di abusi svelati dai penitenti. Gli esiti furono assai scarsi e l’effetto coattivo delle nuove regole, promulgate con enorme ritardo, nonostante il dilagare degli abusi su fanciulli/e nel mondo avesse messo a nudo la responsabilità delle curie diocesane ove la stessa autorità troppe volte ha assunto la regia, o offerto copertura ad occultamenti e depistaggi, contribuendo a favorire l’incontenibile pulsione dei preti pedofili a replicare le
violenze.

Ad ogni modo per costoro, soprattutto per i vescovi, che preoccupati a presentare la facciata del buon governo della diocesi ove sono insediati, ponevano in secondo piano per farla franca la sicurezza dei bambini e delle bambine., diversamente dal passato, almeno in teoria non potranno più contare sull’obbligo dei subordinati – preti, sacerdoti, suore, frati, confratelli ecc. – a dover tenere la bocca cucita, quali che fossero le prevedibili conseguenze devastanti degli abusi.
Ma, in effetti, nonostante l’impegno profuso dal legislatore Vaticano la rappresentazione oscena di questa situazione resta minacciosamente attiva e per molti versi ancora incoercibile, grazie alla consolidata influenza della funzione assunta nel corso dei secoli dai vescovi sia nella gerarchia della Chiesa che nella comunità dei fedeli.

A questa situazione si congiunge l’avvio in tutte le diocesi dei c.d. sportelli diocesani per dare assistenza alle vittime di abusi sessuali da parte del clero non solo in termini di ascolto ma anche per tutelarne i diritti ed interessarsi del loro sostegno psicologico. Restano, quindi, molteplici perplessità e zone d’ombra, perciò Rete l’Abuso ha ritenuto di dover approfondire l’effettiva osservanza delle garanzie costituzionali e delle convenzioni internazionali poste a tutela delle vittime e dei loro familiari.

Tuttavia è da tenere nella dovuta considerazione che, nonostante le buone intenzioni di papa Francesco e dei promulgatori, queste iniziative non hanno quei requisiti di efficienza per arginare gli abusi dei parroci criminali, diversamente da come potrebbe farlo la magistratura ordinaria sia sul versante operativo, della specializzazione tecnica e dei mezzi di investigazione che di coordinamento utilizzabili dal personale di polizia. I problemi di maggior criticità per le autorità civili e per le forze di polizia subentrano per la scarsa o inesistente collaborazione, ai limiti dell’ipotesi concorsuale della reticenza o del favoreggiamento personale, nella ricostruzione della condotta abusante da parte delle persone informate sui fatti, le quali, avvalendosi della facoltà di non deporre o di rendere disponibili documenti in merito a quanto detenuto o conosciuto in ragione del proprio ministero, non contribuiscono all’individuazione dei presunti colpevoli.

Sicuramente con norme meglio formulate o integrate si potrebbero conseguire risultati di gran lunga più soddisfacenti, soprattutto sul versante della prevenzione. Ad ogni modo la distinzione nell’efficienza ed affidabilità qualitativa della giustizia civile, con tutti i limiti risaputi, è indiscutibile se rapportata alla cultura e alle consuetudini della Chiesa-istituzione ed all’assurda pretesa che debba essere lasciata libera di trattare i problemi a modo suo, soprattutto perché in questa cornice si inscrive la pedofilia come sua oscena appendice segreta, reputata – e non potrebbe essere diversamente – un peccato contro la morale in violazione del VI comandamento del decalogo, anziché un delitto gravissimo contro la persona.

A tal proposito non posso fare a meno di ricordare la riflessione fatta da Slavoj Zizek, in risposta alla riluttanza della Chiesa, non dovendosi questa limitare al fatto che siamo di fronte a degli orrendi delitti e che, non collaborando appieno alle indagini avviate dalle procure, essa ne diventa complice.

“La Chiesa come tale, come istituzione, deve anche essere indagata riguardo al modo in cui crea sistematicamente le condizioni perché tali crimini avvengano. Sostenere che essa debba essere la sola a trattare i reati di pedofilia che si verificano tra i suoi ranghi è problematico non solo da un punto di vista legale, dato che ciò implicherebbe una sorta di suo diritto extraterritoriale anche per i reati comuni che ricadono sotto la legislazione penale; come se il fatto stesso che questi scandali siano scoppiati non fosse una prova che essa non è in grado di risolverli.”

Lo Stato italiano, con la perdurante inerzia dell’esecutivo e della politica, sembra faccia finta di non sapere, nonostante l’imperversare del fenomeno e le ammonizioni indirizzategli dall’ONU nelle sedute di gennaio del 2019 con la partecipazione di Rete L’Abuso e della sua denuncia, dovendo invece reagire prontamente ed impedire, con l’introduzione di nuove norme, che alla magistratura penale e civile venisse scippato da uno Stato straniero ciò che la Costituzione gli impone di garantire: la protezione psicofisica di bambini e bambine.

Il nostro sistema penale risente pesantemente dell’intollerabile negazione del diritto statuale a voler reprimere efficacemente i reati di pedofilia, soprattutto ecclesiale. L’esecutivo, a rigor di logica, potrebbe essere ritenuto responsabile finanche per la violazione delle convenzioni e delle disposizioni internazionali in materia di protezione dei diritti dei minori. Di conseguenza devono essere assunte con estrema urgenza iniziative legislative per adeguare la normativa italiana alla pressante domanda di intervento, perché un elemento strutturale della giustizia, specialmente quando le vittime sono i bambini e le bambine, è come se si trattasse di una malattia tempodipendente che attenta la loro vita da sradicare presto e definitivamente.

Segue la proposta semplice e chiara, magari preceduta da una Commissione parlamentare di inchiesta sul tema, ma senza necessità alcuna di dover mettere mano al Concordato tra Stato italiano e Chiesa cattolica, mantenendo integro il sigillo sacramentale.

In pratica la norma ex art. 364 c.p., limitata ai delitti contro la personalità dello Stato, andrebbe solo integrata inserendo per le ragioni enunciate i reati indicati nei 10 articoli così come denominati, riportati in corsivo ed evidenziati in grassetto. Non si determinerebbe alcuna antinomia né con le altre norme del codice penale né conflitto con le disposizioni dell’intero sistema.

Art. 364 c.p. OMESSA DENUNCIA DI REATO DA PARTE DEL CITTADINO

Il cittadino, che avendo avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato (241-313) per il quale la legge stabilisce l’ergastolo, nonché dei delitti di violenza sessuale in danno di minore (artt. 609 bis, 609 ter, 609 octies) di atti sessuali con minorenne (art. 609 quater) quando procedibili d’ufficio, di corruzione di minorenne (art.609 quinquies),di adescamento di minorenni (art.609 undicies), di prostituzione minorile (art. 600 bis), di pornografia minorile e di detenzione di materiale pornografico (art. 600 ter, 600 quater e 600 quater1) non ne fa immediatamente denuncia all’Autorità indicata nell’articolo 361 è punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa da euro 103 a euro 1032.

Nulla di più o di diverso.”

Resto disponibile per eventuali domande.
Molte grazie per l’attenzione e buona prosecuzione
Mario Caligiuri

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Avvocato iscritto all’Albo degli di Roma, nonché all’elenco degli avvocati abilitati al gratuito patrocinio a spese dello stato presso l’Ordine di Roma. Fondatore e membro dell'Ufficio di Presidenza della Rete L'ABUSO, coordinatore del pool legale della rete L'ABUSO

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