Se ci fate caso, la chiesa ormai, sulla pedofilia dei preti, non si difende nemmeno più entrando nel merito, cioè non spende neppure più tempo per dimostrare che non è vero, ma fa di tutto per dimostrare, minimizzando, che anche altrove esistono i pedofili
…quasi come se un pedofilo prete più un pedofilo laico, anziché fare due pedofili, si annullassero a vicenda.
Il 26 marzo 2019 papa Francesco ha emanato un Motu Proprio per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili. Il documento papale è stato redatto dopo il sinodo che si è tenuto in Vaticano dal 21 al 24 febbraio scorsi, al quale hanno partecipato i Presidenti delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo.
Ma è tra lo sbigottimento generale che arriva la grande delusione. Tutti si accorgono di aver sottovalutato la più ovvia ed elementare questione giuridico-legislativa: l’applicabilità di una legge fatta da un qualunque Stato, ha validità solo in quello Stato e nelle rispettive extraterritorialità, le Ambasciate.
Se si fosse dato più ascolto alle vittime! Da anni sottolineano il macroscopico problema sulla base del quale sostengono che ci sia un’unica via, ovvero quella di aprire gli archivi sottoposti al segreto pontificio e ordinare ai vescovi di denunciare all’autorità giudiziaria del paese dove vengono commessi i crimini.
E’ un po’ come se l’Italia, oppure l’Iran o un’altra nazione, facessero delle leggi che poi trovano applicazione in tutti gli stati: ma non funziona così. Le leggi vengo fatte dai rispettivi paesi ed è inutile che si continui ad ingannare l’opinione pubblica e le vittime facendo credere – ormai da più di venti anni, producendo altre vittime – che la chiesa possa trovare nei suoi tribunali una soluzione al problema.
Questo è falso, e indica non solo la malafede di chi lo propina, ma anche l’inaffidabilità delle dichiarazioni di Bergoglio, comprovata dalle gerarchie che, in barba alle promesse pubbliche di Tolleranza Zero, continua a lasciare la gestione nelle diocesi o in posti inadatti a loro. Qui la lista degli insabbiatori italiani.
Certo bella lunga… Da Delpini, Bagnasco, Sepe ecc. quasi tutti pizzicati con la marmellata fino ai gomiti, alcuni anche oltre… come ad esempio l’allora Cardinale Joseph Ratzinger, oggi papa Emerito, ma, come vedremo, essere attore protagonista molto importante in questo teatrino che vede Bergoglio come il grande burattinaio.
La domanda ovvia, è elementare: perché papa Francesco non caccia i vescovi insabbiatori?
…Ma è proprio la risposta a svelare un’altra grande bugia, oltre al motivo per il quale, al di la delle dichiarazioni pubbliche, papa Francesco non li rimuove e mai lo farà, si limita all’ormai simbolico rito di accettare o più spesso a rifiutare, la loro richiesta di dimissioni.
Tutto ha inizio nel 1962 (la prima stesura voluta da Pio XI risale al 1922) quando il cardinale Alfredo Ottaviani redige un documento: si chiama Crimen Sollicitationis (in latino crimine di “provocazione” o “adescamento”), che papa Giovanni XXIII approverà.
La premessa è di per se inquietante;
“DALLA SUPREMA SACRA CONGREGAZIONE DEL SANTO UFFIZIO A TUTTI I PATRIARCHI, ARCIVESCOVI, VESCOVI E ALTRI MEMBRI DEL CLERO DEI LUOGHI «ANCHE DI RITO ORIENTALE» ISTRUZIONE SULLA PROCEDURA NELLE CAUSE DI MOLESTIA
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ISTRUZIONE Sulla procedura nelle cause di molestia
DA CONSERVARSI DILIGENTEMENTE NELL’ARCHIVIO SEGRETO DELLA CURIA IN RAPPORTO ALLA NORMA INTERNA DA NON PUBBLICARE E DA NON ACCRESCERE CON ALCUN COMMENTO”. Crimen.pdf
Negli anni successivi, le gerarchie si dimenticheranno in un certo senso di quel documento segreto in quanto verrà applicato, oramai per la sistematicità maturata negli anni, una cosa così abituale che era scontata, uno tra i tanti doveri per un gerarca della chiesa cattolica.
Ma è nel 2001 – a seguito dello scandalo sollevato non solo dal team del Boston Globe “Spotlight” – che il cardinale Joseph Ratzinger – che conosceva molto bene il problema dei preti pedofili nel mondo, in quanto era stato a capo dell’ufficio che ne ha gestito i crimini per 25 anni – decide insieme all’allora suo segretario, il cardinale Tarcisio Bertone, di ricordare con una lettera “De delictis gravioribus”, ai vescovi di tutto il mondo, che la direttiva “segreta” del 1962 era ancora in vigore. Ma non si limiterà a questo: in un suo passaggio introdurrà la norma che i casi di delitti più gravi, tra cui gli abusi sui minori, “sono soggetti al segreto pontificio”.
Ed è cosi che si viene a scoprire dell’esistenza di un documento segreto, curato nei minimi particolari e contenente più di 20 allegati, grazie ai quali i pedofili potevano redimersi.
Ma è solo nel gennaio del 2005 che in Texas, un avvocato di Houston, Daniel Shea, proprio dietro quella lettera del 2001, trascinò il cardinale Ratzinger, sul banco degli imputati, per rispondere dell’accusa di intralcio alla giustizia, su tre casi di abusi su minori commessi da un seminarista colombiano.
Leggi anche: Crimen Sollicitationis. L’avv. Shea sbugiarda l’Avvenire
Ma nell’aprile dello stesso anno, prima la provvidenziale morte di Wojtyla, poi il provvidenziale conclave che lo portò al soglio pontificio, permisero a Ratzinger di sottrarsi al processo. In quanto capo di stato, invocò l’immunità.
Sia il documento del 1962, sia l’implementazione fatta da Ratzinger del 2001, non sono mai state abrogate e restano tutt’ora in vigore. E’ contenuta qui la spiegazione del perché non un solo vescovo sul pianeta, abbia mai denunciato all’autorità civile, molto semplice: violerebbe quella norma che impone la denuncia all’autorità interna, ed anche il segreto pontificio. Vale a dire che sarebbe scomunicato.
A questo punto si spiega anche il perchè il papa non dimetta alcun gerarca (tranne qualche pensionato senza più incarichi), ma attenda che siano loro a chiedere le dimissioni.
Semplice, come si può punire un funzionario che ha rispettato una legge interna? Sarebbe un’aberrazione giuridica, e questo l’astuto Bergoglio lo sa bene.
Zanardi
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