Gerarchia riunita in fretta sull’emergenza molestie. Significa che la Santa Sede non trascura lo sconcerto provocato dagli scandali. Però pregare per nascondere la vergogna non basta più: serve un cambiamento
di Maurizio Belpietro
Non è uno scisma, ma un sisma.
La congiura del silenzio con cui in queste settimane la stampa nazionale ha cercato di insabbiare le rivelazioni dell’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti non ha fermato il terremoto. Infatti, nonostante il bavaglio che si sono imposti gli organi di informazione di casa nostra, le accuse dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò contro una parte dell’episcopato, colpevole di aver coperto gli abusi sessuali, hanno fatto il giro del mondo. Soprattutto hanno scosso nel profondo i fedeli. “È l’11 settembre della Chiesa”, ha commentato il segretario particolare di Benedetto XVI, Gerog Gänswein, anch’egli censurato da giornali e tv nonostante queste parole le abbia pronunciate in pubblico. Tuttavia, sebbene sia “proibito” parlare delle rivelazioni sulla lobby gay che avrebbe protetto prelati ritenuti colpevoli di molestie sessuali, la scossa non sembra destinata a fermarsi. È dell’altro giorno la notizia del pensionamento di tre cardinali del cosiddetto C9, una specie di consiglio della corona che assiste il Pontefice nelle decisioni. Dei tre, uno lascerà per ragioni d’età, ma gli altri due sono costretti al ritiro dalle inchieste che li hanno sfiorati. E nonostante nel descrivere l’avvicendamento la grande stampa, in particolare quella cattolica vicina al Vaticano, si sia affrettata a sostenere che l’uscita di scena di un terzo dei componenti del C9 non abbia nulla a che fare con le accuse di Viganò, il collegamento è di tutta evidenza.
Ma a questa notizia, già di per sé dirompente, ieri se ne sono aggiunte altre due. La prima riguarda il cardinal Donald William Wuerl, ovvero il prelato a cui è affidata la diocesi di Washington, proprio quella al centro delle accuse dell’arcivescovo Viganò. Wuerl è il successore di Theodore Edgar McCarrick, il cardinale accusato di aver corrotto generazioni di seminaristi, lo stesso che con una decisione clamorosa il Papa a luglio ha cacciato da suo regno, il Santuario dell’Immacolata concezione, togliendogli la berretta rossa e confinandolo in convento. Wuerl, oltre a essere subentrato a McCarrick, è considerato un suo fedelissimo, al punto che l’ex nunzio apostolico lo cita nel dossier in cui denuncia la corruzione dentro la Chiesa. Nel memoriale pubblicato in esclusiva mondiale dalla Verità, Viganò scrive che il cardinale di Washington “è unito a McCarrick da un patto scellerato” e parla di “coperture” degli abusi commessi dal predecessore.
Nei giorni scorsi Wuerl aveva evitato di rispondere alle accuse, ma ieri, all’improvviso, ha annunciato un prossimo viaggio a Roma per discutere con il Papa “della sua rinuncia”. È stato lo stesso cardinale a scrivere ai preti della sua diocesi, lasciando intendere di non avere intenzione di ripensarci. Wuerl lascia sull’onda dello scandalo, anche perché il grand jury della Pennsylvania lo chiama in causa, addebitandogli la mancata denuncia degli abusi sessuali commessi da sacerdoti. Nella diocesi i preti molestatori nel corso degli anni sono stati centinaia, e migliaia le vittime. E che il suo nome sia finito nel report della Procura di Pittsburgh appare una conferma di quanto rivelato da monsignor Viganò.
Il silenzio e la preghiera sollecitati da papa Francesco subito dopo la pubblicazione del dossier, dunque, non bastano più a fermare lo scandalo, e un altro cardinale deve farsi da parte. In America i vescovi sono allarmati per le reazioni e le proteste dei fedeli e oggi incontreranno il Papa per chiedere una risposta. E non è tutto. Il Santo Padre, che ancora rifiuta di parlare del caso attenendosi alla promessa di non dire una parola, ha deciso di convocare per febbraio i presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo per discutere di abusi. Che i capi dei vescovi di ogni Paese siano riuniti in fretta per affrontare il tema delle molestie di cui si sono resi responsabili uomini che predicano l’amore per Dio è la dimostrazione della drammaticità della situazione. A differenza di ciò che si vorrebbe far credere, la Chiesa si rende conto dello sconcerto provocato dalle rivelazioni e dalle accuse. A lungo sottovalutati e spesso nascosti dalle gerarchie ecclesiastiche, i comportamenti predatori nei confronti di giovani seminaristi e, spesso, anche di semplici ragazzi che frequentavano le parrocchie, stanno ora deflagrando e minaccino la stessa credibilità della Chiesa e del clero.
Pregare per nascondere la vergogna degli abusi, si devono essere detti in Vaticano, non può bastare. Serve altro, ovvero dare il segno di un cambiamento. La mossa senza dubbio colpisce, ma fino a quando non sarà fatta trasparenza, fino a che non saranno denunciati gli abusi e rimossi gli abusatori, difficilmente il terremoto si placherà. Il dossier Viganò ha strappato il velo e ora è papa Francesco a essere chiamato a fare pulizia.
(trascrizione da La Verità del 13 settembre 2018)
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