I drammi della pedofilia nella Chiesa rimbalzano da Australia a Cile, da Usa a Irlanda, ma poco è stato fatto. Anzi emerge una formidabile opera di occultamento
La stessa cosa ha chiesto direttamente rivolgendosi al Papa il primo ministro irlandese Leo Varadkar, nel suo messaggio di benvenuto. “Usi il suo ufficio e la sua influenza”. L’ufficio ha che fare con le competenze e la giurisdizione, l’influenza con la guida religiosa e morale. L’ufficio con l’azione, l’influenza con le parole, l’insegnamento. E Varadkar ha parlato prima di ufficio e poi di influenza, forse non a caso. Ma lo stesso primate d’Irlanda Eamon Martin, arcivescovo di Armagh, ha dichiarato in una serie di interviste televisive che “la gente vuole qualcosa di più di espressioni di dispiacere”.
Due luoghi e due tempi sono uniti in questa visita di Papa Francesco In Irlanda. La presenza del Pontefice alle giornate mondiali delle famiglia, che ha preceduto quella di oggi e domani a Dublino, si era svolta tre anni fa durante la visita ufficiale negli Stati Uniti, a Philadelphia. E paradossalmente proprio da lì è arrivato nelle scorse settimane il Rapporto del Gran Giurì che ha nuovamente inchiodato la Chiesa cattolica al suo passato carico di abusi sessuali su minori.
Il Papa nella lettera di lunedì scorso si è rivolto a tutto il popolo di Dio, ha paradossalmente sottolineato la sua solitudine di Pastore. Nel testo nessun riferimento ai vescovi e alla loro responsabilità. Ma il richiamo a quanto già ebbe a scrivere Benedetto XVI proprio agli irlandesi. Nel 2010. Cioè otto anni fa.
Due date, due tempi, distanti quasi un’infinità. E non sembra essere cambiato molto. Anzi. Due cardinali hanno dovuto dare forfait a Dublino, il cardinale di Washington Wuerl, chiamato in causa dal rapporto del Gran Giurì della Pennsylvania, e il presidente della Commissione pontificia per la tutela dei minori, Seán O’ Malley, impegnato in un’indagine urgente su abusi commessi nel seminario della sua Diocesi. Un cardinale è imputato in Cile (Ezzati) e uno è sotto processo in Australia (Pell).
L’Attorney General della Pennsylvania Josh Shapiro, in una lettera che ha indirizzato a Francesco esattamente un mese fa, il 25 luglio, ha ricordato di aver incontrato il Papa a Philadelphia nel 2015 all’incontro mondiale delle famiglie, di aver condiviso le sue parole contro gli abusi, ma tre anni dopo gli ha chiesto conto del perché non abbia fatto niente in relazione alla responsabilità dei vescovi. Già di per sè una lettera del genere, scritta su carta intestata, dovrebbe sollevare molti interrogativi, e certamente non può essere valutata con leggerezza.
Nei giorni scorsi “dall’entourage papale” è stato negato ufficiosamente che sia in preparazione una seconda lettera del Papa ai vescovi cattolici. Ma intanto una nuova inchiesta è partita nel Missouri, da parte di un altro Gran Giurì. E tra gli arcivescovi che allora avevano responsabilità ci sono il cardinale di New York Dolan e il cardinale conservatore Burke.
Se è vero che quasi la totalità dei casi denunciati di recente nel mondo (317 in Irlanda, nel 2017 ) risalgono a prima dell’anno Duemila, tuttavia tale ritardo nelle denunce dimostra che il sistema di occultamento è stato formidabile.
https://www.huffingtonpost.it/2018/08/25/le-parole-non-bastano-piu-clamorose-proteste-in-irlanda-per-la-pedofilia-insufficienti-le-scuse-del-papa_a_23509327/
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