Un prezioso passo avanti verso misure più adeguate di riparazione e di giustizia nei confronti delle vittime di abusi, nonché per un rinnovamento della Chiesa cattolica, è rappresentato dal Rapporto che il 15 dicembre 2017 la “Royal Commission” ha consegnato come risposta istituzionale agli abusi sessuali commessi su minori in Australia. È la risposta di quella nazione alle numerose denunce registrate da anni in questa materia. La “Royal Commission” viene attivata quando si tratta di questioni di interesse nazionale.
L’Australia, il settimo paese più grande con i suoi 7,7 milioni di chilometri quadrati, conta circa 24 milioni di abitanti, di cui il 22,6% si dichiara cattolico. Negli ultimi decenni, questa popolazione è stata scossa dalle notizie di abusi sessuali su minori, che hanno portato l’allora presidente del Consiglio, la prima ministra Julia Gillard, a convocare la “Royal Commission” per esaminare, analizzare e presentare proposte sull’argomento.
Sei commissari di alto prestigio e di riconosciuta capacità nel servizio pubblico sono stati incaricati di portare a termine l’inchiesta. Nei suoi poco più di cinque anni di intenso ed esauriente lavoro a livello nazionale, la Commissione ha ricevuto 42.000 chiamate, ha effettuato oltre 8.000 sessioni private di ascolto e ha catalogato – dal 1950 al 2017 – 6.875 minori vittime di abusi sessuali, 2.489 delle quali studiavano in istituzioni legate alla Chiesa cattolica.
Su quest’ultimo aspetto, la Commissione ha effettuato un esame ampio e approfondito. Nel Rapporto finale, 926 pagine sono dedicate all’analisi della sua struttura e del suo modo di operare, oltre a presentare importanti proposte di miglioramento, in un’ottica di protezione dei minori. In Australia, le istituzioni legate alla Chiesa accolgono un bambino su cinque in età scolare. La Commissione ha rivelato che il 36% delle vittime di abusi sessuali su minori apparteneva a questo ambito.
Della Chiesa cattolica fanno parte 1.880 abusatori di minori, il 96% dei quali maschi. Tra di loro ci sono sacerdoti, religiosi fratelli, laici e volontari. L’età media del primo abuso si è verificata all’età di 10 anni circa, con il 74% delle vittime maschili. Il tempo medio trascorso tra l’abuso e la denuncia è stato di 33 anni.
Primi passi
Dal 1940 si parla della propensione degli abusanti a reiterare questo comportamento. Lo stile consueto di vescovi e superiori religiosi di fronte alle accuse di abuso è stato il trasferimento del molestatore in altre parrocchie o scuole. Per lungo tempo, la pedofilia non è stata capita, né si sapeva come procedere nei confronti di un pedofilo. Non si sapeva se questa tendenza fosse compulsiva, ripetitiva e se creava dipendenza. È stata trattata come una colpa morale. Veniva consumata di nascosto ed era messa a tacere per evitare lo scandalo. Fino al 1984 era diffusa la convinzione che i disordini sessuali tra i chierici potessero essere curati con trattamenti psicologici, con una terapia adeguata e con un opportuno sostegno spirituale. A partire dal 1988, il tema dell’abuso sessuale sui minori inizia a essere discusso nella Conferenza episcopale australiana. Sono emerse diverse iniziative; ne riprendiamo solo alcune. Nel 1990 è stato stilato un Protocollo di prevenzione. Si è trattato di un grande sforzo, anche se troppo concentrato sulla difesa della Chiesa e del suo clero, a scapito delle vittime. Nel 1992 c’è stata anche una lettera pastorale sull’argomento. Un punto di rottura con le vecchie pratiche si è verificato con l’iniziativa “Towards Healing” del 1996. Lì si è stabilito che qualsiasi comportamento sessuale con un minore è immorale ed è un crimine. La Chiesa si è impegnata a fare maggiore verità e trasparenza, a risarcire le vittime, a prestare assistenza alle altre persone coinvolte, a dare una risposta efficace agli accusati e ai colpevoli e a migliorare le misure di prevenzione. A ciascuna diocesi o congregazione è stato chiesto di istituire un “Profetional Standards Resource Group” che affronti radicalmente il problema.
Nel 2000, i rappresentanti della Conferenza dei vescovi australiani e i rappresentanti della Santa Sede si sono incontrati a Roma per risolvere alcune questioni dibattute. Gli australiani ritengono che la Santa Sede sia in ritardo di vent’anni in materia di abusi sessuali su minori. Un grosso problema da risolvere è quello delle prescrizioni e del rapporto tra diritto civile e diritto canonico. E non possiamo dimenticare i 570 vescovi presenti a Roma in quella circostanza, i quali hanno chiesto che si applichi la normativa civile in caso di abusi sui minori. Nel 2001, la Congregazione per la dottrina della fede, attraverso il documento Sacramentorum sanctitatis tutela, si riservava il diritto di esaminare e di sanzionare tutti i casi.
Che cosa contribuisce all’abuso nella Chiesa
Le prove confermano che l’abuso sessuale sui minori è un problema molto esteso nella Chiesa cattolica. Esso implica elementi individuali e sociali, aspetti teologici, la struttura gerarchica dell’istituzione, la formazione del clero e la cultura clericale. Più sotto svilupperò alcuni di questi fattori.Tra gli abusatori di bambini in genere bisogna distinguere tra abusatori seriali, abusatori opportunisti e abusatori atipici. I fattori individuali di rischio che possono predisporre agli abusi includono: confusione nell’orientamento sessuale, interessi puerili, mancanza di relazioni tra pari, esperienze sessuali estreme, esperienze di abuso, personalità passivo-dipendenti e immaturità psicosessuale. È stato ribadito con forza che il clericalismo è un fattore che contribuisce ad alimentare gli abusi sessuali. E anche l’idealizzazione del sacerdozio e dell’istituzione della Chiesa cattolica. Essa è caratterizzata da una leadership autoritaria, da una rigida visione gerarchica del mondo e dalla sacralità dello stato sacerdotale, con sentimenti di superiorità. Questa sacralità dei sacerdoti, che assumono il ruolo di Dio, li ha resi oggetto di fiducia e di autorità indiscussa, che qualcuno ha utilizzato per abusare dei minori. Quando si abusa del potere e dei privilegi, viene a mancare il servizio al popolo di Dio. A ciò si aggiunge una cultura clericale che cercava di evitare lo scandalo e che si preoccupava della reputazione della Chiesa, attraverso il silenzio e l’occultamento, schierandosi più dalla parte dei carnefici che delle vittime. Per molto tempo, la pedofilia è stata ritenuta una colpa morale e non un crimine. A livello di struttura organizzativa, la Chiesa assomiglia ad una monarchia assoluta. Il potere è concentrato nel papa e poi nei vescovi o nei superiori religiosi, che governano le loro diocesi o le loro congregazioni con un’autonomia quasi totale, senza i controlli e i contrappesi delle organizzazioni civili. Ciò è dovuto alla presenza schiacciante di chierici di sesso maschile, mentre i laici e le donne sono esclusi dai processi decisionali.Le prove mostrano una carenza di leadership sia nei vescovi sia nei superiori religiosi, e una mancanza di preparazione e di formazione in materia di leadership e di processi decisionali. Nello stesso tempo, il livello di responsabilità riguardante le loro decisioni e le loro gestioni è assai ridotto. Tutto ciò ha reso possibile la segretezza, la mancanza di trasparenza e gli errori ripetuti.
Nel campo del diritto, la Chiesa cattolica è governata dal Codice di diritto canonico del 1983, che considera l’abuso sessuale dei minori una colpa morale e non un crimine. Prevale il segreto che tutela l’aggressore ed evita lo scandalo (presente in 24 canoni). Il tempo di prescrizione del crimine è stato un fattore che ha reso più difficile il cammino della giustizia. Tutto ciò è cambiato negli ultimi anni. È chiaro che lo standard del Codice di diritto canonico della Chiesa è inferiore a quello del campo dei diritti civili di molti paesi. Nel 2016, il card. Sean O’Malley ha detto, citando papa Francesco, che i crimini contro i minori non possono rimanere segreti e che esiste l’obbligo morale di segnalarli all’autorità civile.
Molto si è discusso sull’incidenza che il celibato potrebbe avere sull’abuso sessuale dei minori. È bene chiarire che la maggior parte dei casi di abusi sessuali su minori avviene all’interno della famiglia. Non esiste una relazione di causa diretta tra il celibato e la propensione ad abusare dei bambini. Tuttavia, quando vi sono fattori di rischio preesistenti, a cui viene aggiunto il requisito del celibato come onere, il rischio di abusi sui minori può aumentare. Studiando la crisi dovuta agli abusi sessuali, si è concluso che v’è stata una cattiva teologia del corpo e della sessualità nella dottrina della Chiesa cattolica e nella formazione religiosa. C’è immaturità e repressione nell’esperienza della sessualità. Per molti sacerdoti il celibato richiesto è un martirio silenzioso e vorrebbero che fosse dichiarato facoltativo.
Alla luce delle informazioni che conosciamo oggi, è chiaro che, prima dell’anno 1970, i processi di selezione, di formazione iniziale, di accompagnamento e di preparazione ad una vita da celibe e al lavoro pastorale erano inadeguati nell’ambito della sessualità, della consapevolezza dei propri limiti, della custodia della propria intimità e delle relazioni.
I candidati, a partire dai dodici anni, entravano in un collegio dove lo sviluppo emotivo-psicosessuale era scarso, inadeguato e fonte di squilibri. I seminari erano isolati e seguivano un modello monastico, la cui formazione era rigida, con un’enfasi sulla parte intellettuale, sulla pietà e sull’obbedienza delle regole. Era normale che sacerdoti e confratelli appena ordinati fossero assegnati a parrocchie o a collegi senza una previa preparazione pastorale. Molti hanno sperimentato la solitudine, l’isolamento, la scarsa vita di comunità, nessuna intimità, scarsa amicizia tra pari, stress, immaturità sessuale ed emotiva, sovraccarico di lavoro, mancanza di controlli e di supporti. I fattori menzionati hanno aumentato il rischio di abusi sessuali sui minori.
La confessione di abusi sessuali su minori – sia per le vittime sia per i molestatori – nell’ambito del sacramento della riconciliazione, ha relegato questo crimine nella segretezza del sigillo sacramentale e ha reso difficile farlo emergere dalla sfera privata. Ciò ha aumentato il rischio di abuso. Abbiamo ricordato che, per lungo tempo, l’abuso sessuale sui minori è stato considerato un peccato e non un crimine. È stato confinato nell’ambito della confessione, è stata raccomandata più preghiera, senza mai essere denunciato alla polizia. La confessione era un atto che permetteva ai molestatori di continuare ad abusare. Una figlia ha detto che suo padre era un penitente regolare e un molestatore permanente.
Proposte di prevenzione
La Commissione è stata critica nei confronti della concentrazione del potere nella gerarchia della Chiesa cattolica. E chiede l’inclusione dei laici, in particolare delle donne, sia nelle strutture di governo sia nel processo decisionale. Propone che la selezione dei vescovi sia un processo che veda un’ampia partecipazione dei laici, maggiore trasparenza, una scelta responsabile dinanzi alla comunità del popolo di Dio e che siano abbandonati i titoli onorifici. Per il buon governo di una diocesi, la Commissione invita ad una frequente celebrazione dei sinodi diocesani, come momento di partecipazione, di consultazione, di dialogo e di ascolto.Per quanto riguarda la selezione dei candidati alla vita sacerdotale e religiosa, la Commissione raccomanda un approccio multidisciplinare, che comprenda le seguenti dimensioni: medica, psicologica, spirituale e sociale. Prima dell’accettazione di un candidato, vengano eseguiti esami specifici da professionisti qualificati. Inoltre, ci sia un’ampia consultazione prima dell’ordinazione sacerdotale e un controllo attitudinale per lavorare con i minori. Poiché ogni relazione pastorale implica implicitamente uno squilibrio di potere, viene sottolineata l’importanza di una formazione permanente che includa corsi obbligatori sull’etica del ministero, sui limiti sulla sessualità, sulla cura dei ragazzi, sulla riservatezza e sull’esercizio responsabile del potere.
Vi è, inoltre, la necessità di una supervisione professionale delle attività legate alla cura delle persone e alla gestione amministrativa e pastorale della comunità, attraverso processi di valutazione formale.
La Commissione raccomanda che i reati di abuso sessuale sui minori siano denunciati ai tribunali civili competenti e che l’identità della vittima venga tutelata con la massima riservatezza. Sostiene la modifica del Codice di diritto canonico del 1983 per quanto riguarda gli atteggiamenti di occultamento e propone che l’abuso sessuale sui minori sia riconosciuto come un reato che non cada in prescrizione. Suggerisce che la Congregazione per la dottrina della fede istituisca dei tribunali locali per eseguire sul posto questi processi giudiziari.
La Commissione ha ricavato abbondanti prove del fatto che il celibato era spesso un peso che provocava isolamento emotivo, solitudine, depressione e malattie mentali. Raccomanda che il celibato sia facoltativo.
Se, durante il sacramento della riconciliazione, un minore confessa di essere stato vittima di abusi sessuali o una persona confessa abusi sui minori, il sacerdote deve convincerli a riferire questi fatti al di fuori dell’ambito della segretezza del sigillo sacramentale, parlandone con persone che possano adeguatamente perseguire questo crimine. Raccomanda poi che la pratica del sacramento della riconciliazione con i minori avvenga in spazi aperti e sotto la sorveglianza di altri adulti.
Alla ricerca di una Chiesa accogliente
L’abuso sessuale sui minori è emerso con forza in diversi paesi, causando irritazione e scandalo. La Chiesa cattolica è stata duramente criticata perché alcuni dei suoi ministri e alcuni fedeli sono stati coinvolti in questi crimini.
La Commissione australiana ha studiato a fondo questo problema nel suo paese, inclusa la realtà strutturale e operativa della Chiesa cattolica. Si è trattato di un lavoro obiettivo e di qualità, di cui siamo profondamente grati. Ha rivelato la gravità di questo crimine e l’enorme danno causato alle vittime e alle loro famiglie.
La Commissione esorta a cercare le giuste misure di riparazione per le vittime e ad attivare opportuni cambiamenti nella Chiesa, sia nella sua struttura di governance sia nel suo modo di procedere, per essere davvero la Chiesa di Gesù, che accoglie tutti, specialmente i più deboli.
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