La difesa di Andrea Sempio non chiederà di allargare la rosa delle persone che saranno sottoposte ai nuovi esami del Dna nell’ambito della nuova inchiesta sul delitto di Chiara Poggi. Ma potrebbero farlo, visto che il gip del tribunale di Pavia ha previsto questa possibilità, i legali di Alberto Stasi.
L’incidente probatorio
Sulle scelte di entrambi, comunque, una risposta definitiva arriverà il 17 giugno quando comincerà l’incidente probatorio sui reperti valorizzati con le più recenti tecniche scientifiche, a partire proprio da quella ‘impronta 33’ trovata nella villetta di Garlasco dove la 26enne fu uccisa il 13 agosto del 2007 e attribuita ad Andrea Sempio. Si stanno svolgendo indagini difensive? L’avvocato Massimo Lovati, che con la collega Angela Taccia difende Sempio, risponde sornione: «Allo stato siamo fermi, dal momento che quelle ‘offensive’ sono il nulla».
Nessun altro prelievo del dna per adesso
Non chiederà dunque che siano estesi i prelievi ad altre persone oltre a quelle indicate dal gip di Pavia, che allo stato e salvo iniziative delle difesa di Stasi, sono le gemelle Stefania e Paola Cappa, cugine di Chiara, Marco Panzarasa, Roberto Freddi, Mattia Capra e Alessandro Biasibetti, tutti amici di Marco Poggi, fratello della 26enne, il medico legale dell’epoca, alcuni investigatori della prima inchiesta e i soccorritori che arrivarono nella villetta. Il dna servirà per la “comparazione” tra tutti i profili genetici estrapolati per «accertarne l’eventuale corrispondenza o compatibilità con il profilo genetico» di Sempio, di Stasi, dei componenti «di sesso maschile della famiglia Poggi» e di tutte le persone alle quali sono stati allargati i prelievi. A questo proposito la difesa di Sempio aveva sollevato un’unica questione riguardante la «catena di custodia», ossia il modo in cui tutti i reperti negli anni sono stati conservati.
La pista del Santuario
Sempre l’avvocato Lovati ha poi ipotizzato una suggestiva pista alternativa che escluderebbe sia il suo assistito, sia Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni e che lui reputa innocente: Chiara potrebbe essere stata uccisa perché era venuta a conoscenza di quanto accadeva al Santuario della Bozzola. Alcuni anni dopo il delitto, infatti, l’ex rettore del santuario, don Gregorio Vitali fu vittima di un ricatto a sfondo sessuale orchestrato da due romeni: Flavius Savu e Florin Tanasie. Avevano effettuato riprese di atti sessuali per poi ricattare il sacerdote.
Il ricatto a luci rosse fu denunciato e nel 2014 il tribunale di Pavia condannò entrambi per estorsione aggravata. Tuttavia, al momento della condanna, i due erano già irreperibili. La Procura di Pavia acquisirà gli atti di quell’inchiesta per verificare tra quanto accadeva i passato al santuario e l’omicidio di Chiara. E acquisirà molto probabilmente anche il memoriale che dal carcere di Pavia dove è detenuto per omicidio Cleu Stefanescu, nipote di Savu, ha consegnato ai suoi legali: l’uomo sostiene nel documento di avere saputo proprio dallo zio Flavius di un legame fra l’omicidio di Chiara Poggi e l’inchiesta sul santuario.
Cosa succedeva al Santuario?
Potrebbero esserci legami tra quello che accadeva al Santuario della Madonna della Bozzola e il delitto di Chiara Poggi. Chiara conservava alcuni articoli su abusi sessuali nella chiesa americana in una chiavetta. Il processo del 2014 che coinvolse alcuni religiosi del Santuario in un ricatto fece emergere festini a luci rosse proprio nel santuario. Tra i protagonisti oltre a don Gregorio (don Francesco Vitali) anche i sarebbero persone legate a Chiara Poggi e al suo caso, come l’avvocato Massimo Lovati (legale di Andrea Sempio) e l’ex sindaco di Garlasco Pietro Farina.
Durante il processo del 2014 emerse anche un interrogatorio condotto da don Paolo Scevola, promotore di giustizia diocesano, che raccolse dichiarazioni su filmati, denaro e presunti incontri sessuali: il Santuario sarebbe stato frequentato, per i festini hot, anche da donne molto molto giovani. Forse Chiara aveva scoperto qualcosa.
Il doppio cellulare di Chiara Poggi
Gli investigatori sono alla ricerca del secondo cellulare di Chiara Poggi. Chiara lavorava a Milano e alcuni suoi colleghi dell’epoca avevano raccontato che la giovane utilizzava due cellulari. Dove è finito il secondo? ma soprattutto chi chiamava con quel telefono segreto che nessuno conosceva? Ora gli inquirenti stanno cercando di recuperare l’apparecchio e verificare altre conoscenze della vittima e, eventualmente, altre piste.
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