Parla Hans Zollner, gesuita, direttore del Centro per la protezione dell’infanzia attivo già da qualche anno presso l’Università Gregoriana, e membro della Pontificia commissione per la protezione dei minori istituita da papa Francesco
di PAOLO RODARI
CITTÀ DEL VATICANO. Il clero e la pedofila, un problema ancora non risolto, se è vero che il sette per cento dei preti cattolici d’Australia è accusato di aver commesso abusi su minori dal 1950 in poi. E se continuano, anche in Italia, i casi di preti pedofili spostati di diocesi in diocesi, e a cui di fatto viene permesso di perpetrare i propri crimini senza sosta.
Ne parliamo con monsignor Hans Zollner, gesuita, preside dell’Istituto di psicologia dell’Università Gregoriana, direttore del Centro per la protezione dell’infanzia attivo già da qualche anno presso lo stesso ateneo, e membro della Pontificia commissione per la protezione dei minori istituita da papa Francesco.
Cosa pensa delle notizie provenienti dall’Australia?
Sono stato in Australia nell’estate scorsa e ho parlato con molte persone che lavorano nella Chiesa per la prevenzione di abusi. Erano molto turbati perché già allora si aspettava la pubblicazione di questo rapporto e si prospettavano queste cifre. Sono cifre che stupiscono perché assai superiori a quanto risulta finora per altri Paesi. Se sono confermate, sono orrende.
In Italia in questi giorni si torna a parlare di diversi casi di pedofilia nel clero. Spesso si viene a conoscenza del fatto che i vescovi locali hanno coperto. Perché questo?
Non ho studiato in modo approfondito i casi dell’Italia e quindi non posso dare un giudizio su di essi. Tuttavia, in generale, in molti Paesi i Superiori hanno coperto, molto spesso per due ragioni: uno, perché volevano evitare uno scandalo pubblico (senza pensare che comunque prima o poi sarebbe venuto fuori) e, due, perché credevano più nelle dichiarazioni degli abusatori oppure nelle promesse degli abusatori (senza prevedere che avrebbero potuto abusare nuovamente) che nelle accuse delle vittime e non comprendevano la profondità del loro trauma spirituale, fisico e psichico.
Non ritiene che se la Chiesa nei suoi vertici dicesse una parola chiara sull’obbligo di denuncia (garantendo la privacy) molti abusi non avverrebbero?
Se si tratta di un abuso attuale è molto chiaro: si deve intervenire il più presto possibile e nel modo meno rischioso per il giovane abusato. Se parliamo di abuso che è stato commesso anni e decenni fa la situazione è più complessa. Il parlamento tedesco qualche anno fa ha respinto la proposta di una legge per introdurre l’obbligo di denuncia per alcuni gruppi professionali – con la motivazione che questo obbligo porterebbe molte vittime di non aprirsi mai per paura di re-traumatizzazione e la difficoltà legale di provare le circostanze in modo contundente di un passato lontano nel tempo, ma molto vicino nell’esperienza delle persone. La Congregazione per la Dottrina della Fede ha chiarito anni fa che – per quanto riguarda l’ambito dello Stato in cui uno vive – ogni cattolico deve seguire la legge in materia (che varia molto di Stato in Stato, a volte di Regione in Regione) e che – per quanto riguarda l’ambito del diritto canonico – ogni Superiore è tenuto a condurre una investigazione previa per accertare i fatti e, conseguentemente, inviare il materiala alla Congregazione per poter iniziare un processo canonico, che non sostituisce il processo penale e/o civile statale. Qui la citazione della Lettera Circolare della Congregazione del 11 maggio 201: “Sebbene i rapporti con le autorità civili differiscano nei diversi paesi, tuttavia è importante cooperare con esse nell’ambito delle rispettive competenze. In particolare, va sempre dato seguito alle prescrizioni delle leggi civili per quanto riguarda il deferimento dei crimini alle autorità preposte, senza pregiudicare il foro interno sacramentale. Naturalmente, questa collaborazione non riguarda solo i casi di abusi commessi dai chierici, ma riguarda anche quei casi di abuso che coinvolgono il personale religioso o laico che opera nelle strutture ecclesiastiche.” In questo momento mi trovo a Bogotá per incontri con i Vescovi e Superiori Religiosi e per conferenze su questo tema. In Colombia – al contrario con l’Italia e la stragrande maggioranza dei paesi del mondo – dal 2007 tutti i cittadini sono obbligati a denunciare. Eppure nel solo anno 2015 sono state registrate 18.191 denunce, di cui il 91 per cento è un abuso commesso nel contesto familiare – quindi la sola introduzione di una nuova legge purtroppo non cambia gli atteggiamenti e non toglie il male.
Ritiene che la tolleranza zero di Ratzinger e Francesco abbia degli oppositori?
Non vedo un’opposizione se si intende per tolleranza zero che un sacerdote abusatore non torna mai più al ministero. Se invece parliamo della dimissione dallo stato clericale, sì, penso che siano opinioni diverse.
http://www.repubblica.it/vaticano/2017/02/15/news/pedofilia_tutti_nella_chiesa_vogliono_la_tolleranza_zero_le_divergenze_sono_se_dimettere_o_no_dallo_stato_clericale_chi_a-158356169/
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