I ragazzi subivano le violenze durante la vacanze estive in Agordino. Due i casi contestati dalla procura di Cremona
FALCADE. Baciati, toccati e palpeggiati, anche in un albergo di Falcade. Le giovani vittime di don Mauro Inzoli venivano abusate durante le vacanze estive in montagna. Mentre d’inverno gli stessi o altri ragazzi, che frequentavano la parrocchia di Cremona, potevano subire il medesimo trattamento a Grosseto, in Maremma o a Rimini, sulla riviera romagnola. Il prete 66enne, leader riconosciuto di Comunione e Liberazione nella città del Torrazzo, fondatore del Banco alimentare, rettore del liceo linguistico Shakespeare e parroco della Santissima Trinità, è stato condannato nel giugno scorso con rito abbreviato a quattro anni e nove mesi per violenza sessuale su cinque ragazzi: il più piccolo dei quali di 12 anni e il più grande di 16 al momento in cui sono avvenuti i fatti. Alle vittime il sacerdote aveva già risarcito i danni: 25 mila euro a testa. Nelle motivazioni della sentenza, diffuse in questi giorni, sono elencati i tanti episodi di cui il sacerdote era accusato, compresi quelli avvenuti a Falcade.
Il procuratore Di Martino del tribunale di Cremona aveva chiesto per il prete la condanna a sei anni e, nella sua richiesta, aveva tenuto conto dello sconto di un terzo di pena previsto per il rito alternativo e dell’attenuante relativa ai risarcimenti. Con la misura cautelare del divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati da minori. Il procuratore non è entrato nel merito degli abusi sessuali. Ha solo osservato che «ci sono alcuni particolari terribili». E aveva ricordato il ritardo con cui sono state presentate le denunce dai genitori, spiegando che «il timore di queste persone a denunciare questi fatti, ha ritardato l’emersione degli stessi».
C’è stato un «grande imbarazzo da parte delle vittime a denunciare questi fatti a chiunque, non dico all’autorità giudiziaria. Ma le famiglie ci hanno creduto poco, i vescovi non parliamone, perché non si pensava che questo personaggio potesse essere l’autore di questi fatti evidenziati con grave ritardo».
«Leggendo le testimonianze tuttora si avverta una fatica e un imbarazzo da parte dei ragazzi». Anche perché «le stesse vittime si rendevano conto di aver messo a loro volta in imbarazzo le famiglie, al cui interno in alcuni casi sono nate delle contrapposizioni. Si è creata tutta una serie di situazioni che non ha facilitato la cosa, comunque, meglio tardi che mai».
Che gli abusi sessuali si fossero svolti anche in Agordino, è emerso soltanto alla lettura delle motivazioni. I fatti sarebbero essenzialmente due, avvenuti nella camera d’albergo del prete. Il giudice per le udienze preliminari Platè spiega che gli abusi sono andati avanti per anni, «approfittando con spregiudicatezza della propria posizione di forza e di prestigio, tradendo la fiducia riposta in lui nei momenti di confidenza delle proprie personali e anche nel corso del sacramento della confessione, ammantando talora le proprie condotte di significato religioso, così confondendo ulteriormente i giovani».
Tra i ragazzi e il prete, si creava una sorta di «forte sottomissione psicologica». Il gup parla di «una pluralità indiscriminata di soggetti, all’epoca minorenni», che sono stati abusati fin dagli anni Novanta, soprattutto a Cremona, in questi casi i fatti sono prescritti e non hanno più alcuna rilevanza penale». Uno dei ragazzi in vacanza a Falcade ha raccontato che era finito in ospedale per la frattura di un braccio. Don Inzoli insistette parecchio per accompagnarlo in bagno per sbrigare un bisogno fisiologico e qui ne approfittò per toccarlo.
Della vicenda di don Inzoli si è occupato anche Papa Bergoglio, che ha obbligato «don mercedes» (per via della sua passione per la bella vita) a ritirarsi a vita privata. «In considerazione della gravità dei comportamenti e del conseguente scandalo, provocato da abusi su minori, don Inzoli è invitato a una vita di preghiera e di umile riservatezza, come segni di conversione e di penitenza». (g.s.)
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