La nostra collaboratrice riceve un documento e lo gira ai pm di Cassino. Nello scritto le avances ai seminaristi. Indagato monsignor Antonazzo.
Caro direttore,
le racconto come molto spesso, noi giornalisti, riusciamo a far partire un’indagine e qualche volta anche a veder punito chi sbaglia oltre ogni ragionevole dubbio e sempre attendendo i tre gradi di giudizio. Vedremo stavolta come andrà a finire con la storia del vescovo della Diocesi di Cassino-Sora-Pontecorvo, monsignor Gerardo Antonazzo, indagato dalla procura di Cassino per presunte molestie sessuali. Già perché questa vicenda ha avuto inizio dopo che mi è stata recapitata una busta a casa. All’interno una lettera di quattro pagine firmata da un giovane ex seminarista. Il ragazzo aveva scelto me perché, studiando a Roma, pur essendo nato e residente in un paese vicino Cassino, aveva letto un articolo su Il Tempo riguardante lo scandalo dell’ex abate di Montecassino, Pietro Vittorelli.
Il giovane ha pensato di poter uscire da una situazione definita «insostenibile per me e per molti miei compagni di seminario» scrivendo al nostro giornale d’inchiesta. La lettera ovviamente è stata consegnata in meno di tre ore alla magistratura. Perché un simile racconto, simili dettagli, tanti particolari difficili da immaginare, ho ritenuto dovessero essere verificati, vagliati, riscontrati.
Non Le nascondo, caro direttore, che ho pensato ad una macchinazione, una vendetta da parte di un giovincello scaltro, furbo che aveva deciso di vendicare in maniera così abietta l’esser stato cacciato dal seminario e per questo chi meglio di un magistrato avrebbe potuto fugare ogni dubbio? Cinque mesi di indagini certosine da parte del procuratore capo Luciano D’Emmanuele e gli investigatori della sezione di Pg della Polizia di Stato, hanno lavorato in sordina.
Hanno ascoltato testimoni e controllato decine di tabulati telefonici. Vacanza in barca nel mare cristallino della Puglia, terra di origine di Gerardo Antonazzo e lunghe passeggiate mano nella mano tra i giardini della Curia di Sora, dove vive e del seminario di Anagni, dove insegna. Qui studiavano i «boy toy» prescelti ed eletti a «musa» ispiratrice. Perché se le molestie sessuali contestate al vescovo sono tutte da dimostrare, lo stato di plagio, di dipendenza dei ragazzi, a sentire gli inquirenti sembrerebbe abbastanza chiara.
Stando alla polizia, in un primo momento quell’atteggiamento protettivo fino all’estremo avrebbe lusingato i ragazzi coinvolti. Con il passar dei mesi, però, il tutto sarebbe divenuto eccessivo e quindi insopportabile complice soprattutto la grande differenza di età: sessanta anni lui, tra i diciotto ed i ventidue anni i seminaristi. Gli inquirenti hanno visionato i messaggi in entrata ed in uscita dall’utenza del vescovo Gerardo Antonazzo e diretti alle presunte vittime.
«Una volta mi ha tolto gli occhiali e mi ha baciato sugli occhi, sulle guance, sul naso» si legge nella lettera che ha dato il via alle indagini. E poi ancora mani intrecciate, carezze e dita che si sfiorano. Come gli innamorati, come chi si vuol bene ma di un amore sano, normale, umano. Parole e frasi ritenute inequivocabili dagli investigatori che in una relazione di oltre venti pagine ricostruiscono un’altra pagina nera, l’ennesima, della storia religiosa del basso Lazio.
Lo scandalo che ha visto coinvolto l’ex abate di Montecassino è ancora una ferita aperta e sanguinante per la collettività. Ieri pomeriggio monsignor Antonazzo ha comunque voluto impartire il sacramento della Cresima nella chiesa Madre di Cassino, situata in piazza Corte, difronte al palagio badiale. Volto tirato e sguardo teso.
In serata, dopo una giornata di silenzio assoluto, l’ufficio stampa del vescovo ha diramato una nota nella quale l’alto prelato dichiara «sento il dovere di dichiarare la totale infondatezza delle accuse che mi vengono attribuite. Inoltre posso assicurare che ad oggi non ho ricevuto alcuna comunicazione da parte delle autorità competenti circa l’esistenza di un’indagine a mio carico».
Di tutt’altro avviso è invece la procura di Cassino che non smentisce l’inchiesta anche se, in una nota firmata dallo stesso D’Emmanuele, «reputa doveroso e necessario comunicare che non è stato emesso alcun avviso di chiusura indagini» e che per tutta risposta ha inviato l’intero fascicolo al Vaticano affinchè vagli eventuali provvedimenti da adottare nei confronti del vescovo.
http://www.iltempo.it/cronache/2016/04/03/io-la-lettera-e-le-molestie-del-vescovo-1.1525197
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