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La decisione del tribunale scatterà in caso di condanna definitiva di un sacerdote che avrebbe molestato due ragazze. «Vale il legame tra dipendente e datore di lavoro»
di Claudio Del Frate
Se un prete commette abusi sessuali a rispondere del risarcimento del danno a favore della vittima deve essere anche la diocesi a cui il religioso appartiene: il principio è contenuto in un provvedimento adottato dal tribunale di Vicenza che sta esaminando un caso di violenza sessuale secondo l’accusa commesso da un sacerdote ai danni di due ragazze minorenni. I giudici non hanno ancora condannato la Curia a pagare un indennizzo: la sanzione scatterà invece se l’imputato verrà condannato. Le motivazioni su cui i magistrati hanno fondato la loro decisione non sono ancora note , verranno depositate solo tra qualche giorno. Ma nel frattempo è stato stabilito un precedente importante.
Chiesti 100mila euro
Il processo all’interno del quale è scaturita la decisione riguarda un sacerdote di 81 anni, don Gianni Baccega, all’epoca dei fatti in servizio a Sant’Antonio del Pasubio, nel Vicentino. Don Gianni era stato denunciato nel 2013 dai genitori , suoi amici di famiglia, di due ragazze di 13 e 15 anni che avevano raccontato di essere state oggetto di qualche carezza un po’ troppo audace da parte del sacerdote; i fatti si sarebbero svolti tra il 2007 e il 2008, prima della denuncia ai carabinieri le giovani si erano rivolte anche ai servizi sociali. Don Gianni ha affrontato il processo proclamandosi innocente. Al processo, ancora lontano dalla sentenza, la famiglia delle ragazze si è costituita parte civile, chiedendo a don Baccega un risarcimento del danno pari a 100mila euro. L’imputato difficilmente dispone di quella somma ed ecco dunque che la richiesta è stata estesa dagli avvocati anche alla diocesi di Vicenza.
«Lo dice il codice civile»
All’ultima udienza del processo quella richiesta è stata accolta dal tribunale, dunque in caso di condanna anche i beni della Curia potranno servire a pagare la somma. In attesa che il collegio depositi le motivazioni della decisione, per capire quale sia la logica che ha guidato la decisione possono fare testo gli argomento illustrati in udienza dai difensori delle parti lese, gli avvocati Antonella Bonazzo, Michele Spina e Giovanni Bogoni. «Ci siamo richiamati all’articolo del codice civile — spiega l’avvocato Bonazzo — che in fatto di responsabilità lega il dipendente e il datore di lavoro: anche quest’ultimo deve rispondere del comportamento del primo. Noi riteniamo che la logica vada applicata anche al vescovo e ai suoi sacerdoti, nei casi di abusi sessuali». Insomma, la diocesi dovrebbe esercitare una qualche forma di controllo sui suoi ministri del culto, per evitare denunce. «Non conosciamo la situazione economica dell’imputato — prosegue l’avvocato — ma vogliamo sia stabilito un principio di diritto».
Negli Usa è la norma
In Italia le gerarchie ecclesiastiche non sono mai state chiamate a rispondere direttamente dei reati commessi dai preti, principio che invece è già consolidato in altri paesi ad esempio negli Stati Uniti dove i caso di pedofilia nel mondo della Chiesa hanno fatto esplodere un vasto scandalo. Secondo un rapporto presentato nel 2014 dal Vaticano i casi accertati di abusi su minori commessi da sacerdoti sono 3.420, commessi a partire dagli anni ‘50. Solo in anni molto recenti, però, la Chiesa ha preso provvedimenti decisi per reprimere il fenomeno. Nei suoi anni di pontificato, papa Benedetto XVI aveva sospeso 384 sacerdoti.
http://www.corriere.it/cronache/16_marzo_15/vicenza-prete-accusato-abusi-la-curia-risarcisca-vittime-28d6cffa-eac3-11e5-bfc8-b05a661f1950.shtml
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