Era nudo. Era davanti a Gesù crocefisso. Dietro di lui un’ombra che lo sovrastava. Una voce che rassicurava quel piccolo undicenne che tratteneva le lacrime. «Non avere paura, sono le mani di Dio», gli diceva il frate mentre accarezzava il suo corpicino. Un caso, uno delle centinaia quello di Mario. Che a lezione di catechismo, in un monastero della Toscana, ha perduto la propria innocenza. Molto è cambiato nella Chiesa italiana, da quando papa Ratzinger condannò duramente la pedofilia nella lettera pubblica ai cattolici di Irlanda che nel 2010 invertì definitivamente la rotta prima che giungesse irreparabile lo schianto. Ma molto c’è ancora da fare. La prova è nell’incertezza dei numeri, che sembrano ancora velati da quella stessa «riservatezza», che ha scagliato la Chiesa in un vortice di accuse e di scandali.
«Oportet ut veniant scandala», dice Marco nel Vangelo. Che tradotto vuol dire: è bene che gli scandali scoppino. Eppure tentare di conoscere le dimensioni del fenomeno italiano, è assai complicato. Innanzitutto perché in Italia non esiste a oggi uno studio ufficiale che renda conto di quanti siano gli abusi su minori consumati in ambienti religiosi. E poi perché tra casi denunciati e casi segnalati, c’è un ampio discrimine. Basti pensare che nel 2010, il Telefono Azzurro raccolse 105 segnalazioni di abusi su minori che nel 3-4 per cento dei casi aveva visto come protagonista un religioso. Segnalazioni che tuttavia non hanno trovato riscontro in sede giudiziaria. A spiegare il discrimine, non è solo la reticenza delle vittime. Ma anche la cornice delle regole.A livello globale, sono state 3420 le denunce che la Congregazione per la dottrina della fede ha ricevuto tra il 2004 e il 2013. Di queste, ben 401 facevano riferimento a fatti accaduti nel 2013. Denunce spesso incanalate nell’alveo canonico, e cioè in un ambito non sempre comunicante con quello dell’autorità giudiziaria che conferisce ai casi e ai reati evidenza pubblica.Secondo quanto previsto dalla legge italiana e dagli accordi concordatari, «i vescovi sono esonerati dall’obbligo di deporre o di esibire documenti in merito a quanto conosciuto o detenuto per ragioni del proprio ministero».
In forza di ciò, le Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici elaborate dalla Cei nel 2012 non impongono dunque ai vescovi l’obbligo di denunciare i preti pedofili alla magistratura. E la situazione italiana? Tra il 2002 e il 2012 sono emersi in Italia 135 casi di pedofilia tra i sacerdoti, che si sono tradotti in 77 denunce ai magistrati, 22 condanne in primo grado e 17 in secondo, 21 patteggiamenti, 12 archiviazioni, e 5 assoluzioni.Tutto ciò a fronte di 20mila episodi di pedofilia all’anno che secondo il presidente de «La Caramella buona on lus», Roberto Mirabile, si verificano nel nostro Paese a opera di religiosi e non religiosi che mediamente danno luogo a mille processi per reati sessuali ogni 12 mesi. Secondo quanto riferito da monsignor Mariano Crociata nel 2010 «un centinaio di casi sono stati rilevati dal punto di vista dei procedimenti canonici nel corso dell’ultimo decennio».
Cifre che circoscrivono la responsabilità dei reati commessi da religiosi al 2 per cento del totale. Secondo la Rete L’Abuso, associazione nata da un gruppo di vittime di preti pedofili, sono 65 i sacerdoti attualmente indagati in Italia, in attesa di giudizio o di sentenza definitiva. Tra questi alcuni sono a piede libero, o hanno soltanto obbligo di dimora. Altri, viste le aggravanti, sono custoditi in carcere. Un esempio su tutti il caso di don Dino, prete di Fiumicino finito in cella perché era in possesso di 1686 file ritraenti minori di 18 anni. Gli inquirenti hanno ritrovato nella sua casa un memoriale («frutto di fantasia», si difende il don), che racconterebbe 50 anni di abusi su minori, dal titolo piuttosto esplicito: «Vi ho amato tutti e mai vi scorderò: Cinquant’anni di sesso 1956-2006».
Altri preti sono stati indirizzati in comunità di recupero nelle more di nuove valutazioni da parte della Congregazione per la dottrina della fede o del giudizio del tribunale. Alcuni di loro sono ospiti di due centri gestiti dalla congregazione dei Padri Venturini, villa Iride a Verbania e la casa madre di Trento, e affidati alle cure di un terapeuta religioso, padre Franco Fornari. Villa Iride, in particolare, rappresenta per i legali di alcuni religiosi condannati per abusi sessuali un’importante alternativa in caso di arresti domiciliari per i loro clienti. In questo centro, dal maggio del 2012 è recluso don Marco Mangiacasale, accusato di violenza sessuale a danno di alcuni adolescenti quando era parroco di San Giuliano di Como, in attesa del verdetto definitivo della Cassazione.
Secondo Rete L’Abuso, sono 117 i sacerdoti che dal 2000 a oggi sono stati condannati in via definitiva o hanno confessato reati sessuali e molestie a danno di minori. Numeri certamente striminziti, rispetto alla portata del fenomeno. «Occorre che gli scandali avvengano», dice San Marco nel Vangelo, «ma guai a colui che li produce». L’ammonimento del Nazareno, dopo duemila anni, ha il suono di una profezia incompiuta.
Scopri di più da Rete L'ABUSO
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.