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La pedofilia è un fenomeno molto più diffuso di quanto si pensi. Molte delle vittime non denunciano per vergogna o per paura di non essere credute. O forse perché i soldi a volte riescono a comprare anche il loro silenzio. Sta di fatto che quando il pedofilo è un prete, spesso può succedere che venga solo sospeso per qualche tempo dalle sue funzioni e che venga successivamente riabilitato, senza essere stato curato, e messo di nuovo a contatto con bambini e adolescenti. Nelle vesti di uomo di Dio o peggio ancora di insegnante. Succede quando la vittima accetta di non rivolgersi alla Procura e di non denunciare penalmente, e si accontenta, per motivi che non sto qui ad elencare ma che voi comprenderete, della “pena” inflitta dal Tribunale ecclesiastico. Solitamente la pena è il trasferimento da una parrocchia all’altra o il buen ritiro in una struttura per preti pedofili, dove non sono sottoposti a nessuna sofferenza o costrizione. E poi tornano.
Noi di Rete nazionale L’Abuso siamo convinti di essere proprio di fronte a un caso di questi. Siamo a conoscenza della storia di un prete mai sottoposto a processo a cui l’ex Sant’Uffizio, ora Congregazione per la Dottrina della Fede, aveva inflitto 4 anni di sospensione per abusi su minore (ps. la Chiesa non una mai il termine pedofilia). Ed è proprio la mancanza di un processo penale che impedisce non solo alla Legge, ma anche ai giornalisti, di fare il proprio dovere. Non possiamo fare il nome di questo prete, che in teoria potrebbe essere il parroco della vostra parrocchia.
Ora, noi ci chiediamo: giacché abbiamo il diritto e il dovere morale di combattere le ingiustizie e quanto meno informare quando la notizia è di interesse pubblico, a chi altro dobbiamo rivolgerci, visto che ci siamo appellati senza successo alla politica andando a raccontarlo anche in televisione, per far valere le nostri ragioni e ottenere che la storia di questo soggetto venga quanto meno sottoposta a un qualche controllo da parte delle autorità giudiziarie?
Francesca Lagatta
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