Milano, 16 luglio 2015 – “Gli atti compiuti non concretavano per i minori soltanto una abusiva intrusione nella loro sfera sessuale ma anche un oltraggioso tradimento della figura dell’ educatore che Bovi assumeva per tutti loro». Queste le parole contenute nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso primo luglio i giudici della prima sezione penale della Corte d’Appello hanno confermato la condanna a cinque anni e mezzo di carcere inflitta dal gup ex fonico dei Modà Paolo Bovi, accusato di molestie sessuali su quattro ragazzi di età compresa tra i 13 e i 16 anni che attualmente si trova agli arresti domiciliari in una comunità della Fondazione Exodus di don Antonio Mazzi a Milano.
Gli abusi sarebbero avvenuti nel 2011, quando l’uomo ricopriva il ruolo di educatore in un oratorio nell’hinterland milanese, nel suo studio di registrazione nel Milanese e in un campeggio durante una gita in Val d’Aosta. I giudici della Corte d’Appello hanno deciso quindi una «integrale conferma» della sentenza emessa nel processo di primo grado in quanto «l’attenta analisi» dei racconti delle sue presunte vittime, che si erano costituite parti civili assistite dagli avvocati Ilaria Scaccabarozzi e Monica Borsa, «ha consentito di comprendere appieno la natura degli atti compiuti dall’imputato, la serialità delle sue condotte, gli ingannevoli pretesti utilizzati per costringere i minori a denudarsi fino al raggiungimento del contatto corporeo e delle zone erogene di questi».
Racconti che i giudici definiscono «lineari» e «attendibili». «La condotta si consumava in tutti i casi con l’approfittamento delle condizioni di inferiorità delle vittime e del rapporto fiduciario in essere con l’imputato – si legge nelle motivazioni della sentenza -. Bovi attentò indiscutibilmente alla libertà sessuale dei minori in questione violando, contro il consenso di questi, zone erogene del loro corpo, utilizzando come strumento invasivo le mani». L’ex musicista, tra i fondatori di una delle band più amate nel panorama pop-rock italiano, secondo i giudici, inoltre, aveva «pienamente coscienza e volontà di compiere atti lesivi della libertà sessuale delle vittime».
L’ex fonico dei Modà Paolo Bovi attualmente si trova agli arresti domiciliari in una comunità della Fondazione Exodus di don Antonio Mazzi a Milano. È quanto emerge dalle motivazioni della sentenza con cui i giudici della prima sezione penale della Corte d’Appello di Milano, lo scorso primo luglio, hanno confermato la condanna inflitta in primo grado. Bovi, si legge nel provvedimento, sta seguendo da tempo un «percorso terapeutico». Don Mazzi, nel gennaio scorso, aveva scritto una lettera all’ex musicista, spiegando che la sua Fondazione sarebbe stata pronta ad accoglierlo per un percorso di rieducazione. Nel giugno scorso le porte di Exodus si erano aperte anche per l’ex re dei paparazzi Fabrizio Corona, scarcerato e affidato alla comunità di Lonate Pozzolo.
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