Viterbo – Riceviamo e pubblichiamo un intervento sulla vicenda del parroco viterbese don Dino, arrestato per prostituzione minorile e detenzione di materiale pedopornografico – Che la misericordia divina, come giustamente asserisce don Luigi Fabbri, non sia negata a don Dino è innegabile, anche perché nessun uomo può sindacare sulla volontà di Dio. Ma c’è una misericordia degli uomini, che è certamente più imprecisa, limitata, che risente della storia e della secolarizzazione dei principi etici del Cristianesimo, come di altre religioni. Questa misericordia per esempio, per esprimersi, ha bisogno di due incentivi: non solo che chi ha sbagliato riconosca l’errore, si dichiari pentito e decida di “non peccare più”; ma anche che chi ha sbagliato paghi e, se il delitto è efferato agli occhi degli uomini, paghi anche duramente. E’ questo il motivo per cui la società, l’opinione pubblica faticherà alquanto ad esercitare la misericordia degli uomini e a perdonare quel prete, se in sede di giudizio si dimostrerà che ha effettivamente sbagliato, ed è per questo che chiederà punizioni esemplari. I delitti di cui sembrerebbe che si sia macchiato quel prete sono efferati per tanti motivi, ma ce ne è uno che ripugna in particolare; perché il suo ruolo lo avrebbe dovuto impegnare, ancor più di tanti altri, in una funzione morale, pedagogica, omiletica [3] e di carità (nel senso paolino del termine) che è propria sì di tutti i cristiani, ma soprattutto di quegli apostoli di Dio che sono i sacerdoti. Tanto i sacerdoti sono i messaggeri del Signore che, nella funzione eucaristica, solo a loro è riservata la pubblica lettura e il pubblico commento del Vangelo; tanto i sacerdoti sono i pastori del gregge del Signore, che tra qualche mese saranno impegnati in una speciale opera missionaria per recuperare le pecorelle smarrite. Se la legge degli uomini non fosse arrivata tempestiva, un personaggio del genere avrebbe continuato a lordare la mensa di Dio con le sue mani senza che nessuno se ne accorgesse? Allora, da cattolica praticante, è a questo punto che mi pongo delle domande. Nella vigna del Signore nessuno si era accorto che costui forse stava rovinando i grappoli? Beninteso, non si tratterebbe di debolezze passeggere e a stento represse, ma sembra che si sia di fronte a un sistematico sfruttamento del sesso minorile, di un untuoso compiacimento delle proprie e altrui immoralità, di un gusto quasi civettuolo di esprimere e di comunicare i propri tarli mentali. Possibile che le autorità religiose non sapessero nulla? Possibile che il setaccio della loro vigilanza presentasse maglie tanto larghe da lasciare che questo prete la facesse franca? Possibile che la congregazione dei figli di Maria immacolata non avesse occhi e orecchie abbastanza sensibili? Possibile che la diocesi non abbia mai sentito la necessità di controllare i suoi ministri? Possibile che la chiesa non sia in grado di difendere le sue pecorelle da un pastorelupo? Poiché non credo che vi sia stata connivenza o tolleranza, devo supporre che la chiesa sia poco efficiente nella vigilanza su sé stessa; eppure non è la prima volta che accade, anzi. La Chiesa mi sembra troppo impegnata a giudicare e a combattere fuori del recinto per accorgersi che nel recinto si aggirano lupi travestiti da pastori che delle pecorelle fanno strame; mi sembra troppo autoreferenziale nel difendere certi principi non negoziabili, per accorgersi che taluni suoi rappresentanti negoziano eccome, con la propria coscienza e soprattutto con la fiducia dei fedeli.
Cinzia Ercoli Catechista
Scopri di più da Rete L'ABUSO
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.