Diego si spogliava da solo e si metteva immobile sotto le coperte: la visita di Don Ugo sarebbe durata un po’ meno, se lui fosse stato già pronto. Francesco, quando era il momento di mettere i sacchi a pelo nelle tende, sperava sempre di non essere quello a cui toccava dormire nella canadese di Don Nello. E Antonio, ogni volta che sale sul furgone portavalori, prega che non succeda niente perché lui non saprebbe reagire, imbottito com’è di quegli psicofarmaci che prende di nascosto per tenersi insieme: sono passati veni’ anni, ma lui sta ancora male per le molestie subite da Don Silverio.
Chiedo a Diego, Francesco e Antonio se i gesti recenti di Papa Francesco – la decisione di arrestare 1’ex Monsignore J ozef Wesolowski e quella di rimuovere il vescovo paraguaiano Rogelio Ricardo Livieres Plano, accusati in due casi distinti di abusi sessuali e di omertà – danno loro qualche conforto, e la risposta di tutti e tre è un SOSpIro.
Dal 2002, grazie a un’inchiesta del Boston Globe che porterà alle dimissioni del Cardinale Law, la pedofilia nella Chiesa è diventata qualcosa che si può dire e non più un segreto condiviso e taciuto tra chi ha subito e chi sapeva.
Ma dire non è facile per niente, nemmeno a se stessi.
Francesco Zanardi invece Don , Nello Giraudo, il prete che l’ha . . abusato dagli 11 ai 16 anni, lo vede ancora passeggiare per il Savonese. La sua denuncia è caduta in prescrizione, ma grazie a un’ altra per abusi avvenuti nel 2005 il prete ha confessato e patteggiato un anno e sei mesi con la condizionale. «La magistratura sa che le sue vittime sono tante, ma sono tutti fatti ormai prescritti. Nel mio paese, Spotorno, siamo in cinquemila e in 50 siamo stati violentati da Don Nello, tutti quelli che andavano, a turno e negli anni, in campeggio con lui». La violenza sta nell’ abuso, ma anche nella certezza che avvenisse e nell’incapacità di sottrarsi. «Lo sapevamo che chi dormiva nella sua piccola tenda veniva abusato. Di solito andavamo via in quattro, lui portava una tenda grande per tre, e una piccola per lui e uno di noi. Lo sapevamo, ma eravamo piccoli e non riuscivamo a decidere di stare a casa. Sembrava normale perché lo faceva a tutti». Francesco smette di frequentare il prete quando capisce che normale non lo è per niente, ma vive anni di stallo, inchiodato a quello che è successo: «Ho avuto i miei primi rapporti sessuali solo a 26 anni, e solo nel 2002 ho avuto la forza di affrontare Don Nello. «L’ho chiamato e gli ho detto: ti denuncio. È corso a casa mia, diceva che mi voleva bene, confessava. lo ho registrato tutto e l’ho portato al Vescovo Lanfranconi che sapeva da anni, ma l’aveva spostato a lavorare in una comunità per minori in difficoltà,. Anni dopo sono andato a incontrare alcuni di quei ragazzi. Mi dicevano: è vero, ci violentava, ma ci dava un piatto caldo e un tetto sopra la testa. È difficile per chi è abusato non proteggere chi abusa».
Dal 2009 Zanardi ha fondato Rete L’Abuso, l’idea gli è venuta dopo aver partecipato a Roma a un incontro di Survivors Voice, l’associazione americana che si . occupa di vittime di abusi da parte di preti. «Mettersi insieme è stato terapeutico: parlare fa bene, condividere allevia i pesi, agire fa sentire utili. Siccome siamo quasi tutti adulti, i reati di cui siamo stati vittime sono caduti in prescrizione. Allora – difficilmente i preti vengono rimossi, il più delle volte solo spostati ed è facile sapere dove – cerchiamo di capire se ci sono vittime giovani, in modo da poter sporgere denuncia. Purtroppo la pedofilia non è una malattia che passa, chi ha abusato continuerà a farlo».
Diego Dalla Palma da qualche anno ha preso coraggio e ha raccontato pubblicamente la sua storia di ragazzino abusato da un prete del collegio in cui viveva e studiava. «Spero che le proporzioni che posso fare io non siano uno specchio del fenomeno. Da me, su 19 preti, 11 venivano di notte nelle camere a farci i servizi. E sceglievano i più piccoli. I grandi sapevano, tutti sapevano». Ma nessuno parlava. «No, non ho parlato nemmeno io, anche se un mio compagno di scuola si è ucciso, sfinito dalle emorragie e dalla vergogna che quegli abusi gli procuravano. Non posso parlare dell’omertà degli altri senza parlare della mia, io ho rimosso, cercato di dimenticare. Che i ragazzini non parlino è normale: chi crederebbe mai che un prete possa fare certe cose? Se io l’avessi detto a mia madre lei non mi avrebbe creduto, e allora non dici niente. Più grave è invece tacere da grandi, più grave è il silenzio degli altri adulti che sanno e lasciano che le cose succedano».
Lui il coraggio di dire l’ha trovato quarant’anni dopo, e insieme gli è venuto anche quello di perdonare. «Penso che 1’80 per cento dei preti siano omosessuali. Probabilmente sentono qualcosa di diverso dentro di loro e sposano la Chiesa per darsi una disciplina, con l’idea di fare qualcosa di buono, per sfuggire con il voto di castità a qualcosa che non sanno comprendere. Naturalmente non funziona. La pedofilia è una cosa che non c’entra niente con l’omosessualità, e io non me la so spiegare. Ho avuto un amico che ho scoperto essere pedofilo, lo ricordo in una piscina termale in Marocco, giocava con un ragazzino. lo e altri lo fissavamo increduli, dopo piangeva lacrime lunghe fino al collo. È una malattia psichiatrica, perché così diffusa tra i preti non lo so. Forse quei corpi lisci fanno sentire il gesto meno impuro, il desiderio per una persona del tuo stesso sesso meno sbagliato».
Da quando ha raccontato la sua storia Dalla Palma, ogni volta che presenta un libro o va in televisione, riceve moltissime lettere. «Le più strazianti sono state quelle di un prete che mi parlava delle sue pulsioni. E quella di un ragazzo con un handicap: mi ha lasciato un bigliettino alla fine di un incontro pubblico, mi raccontava di un abuso. L’ho cercato poi, ma nessuno pareva saperne niente. C’è tanta omertà, tanta connivenza. I preti tacciono e, tacendo, non danno valore alla loro stessa vita. Chi tace non si vuole bene».
VANITY FAIR
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Il BLOG dell’Associazione Rete L’ABUSO (Associazione sopravvissuti agli abusi sessuali del clero) si occupa di abusi all’interno delle confessioni religiose e documenta i casi ed i loro esiti. Questo esclude assolutamente che chi inserito o citato nel BLOG sia autore di reati o abbia subito condanne, a meno che non sussista un giudizio definitivo.