KANSAS CITY-ADISTA. Il gruppo statunitense BishopAccountability.org, impegnato nella raccolta di dati riguardanti i casi di abusi sessuali perpetrati da membri della Chiesa per la costruzione di un database sul fenomeno, ha pubblicato il 12 marzo la prima analisi dell’operato di Jorge Maria Bergoglio su questo fronte durante gli anni trascorsi come arcivescovo di Buenos Aires (1998-2013) e come presidente della Conferenza episcopale argentina (2005-2011) nonché le informazioni disponibili su 42 preti argentini accusati di pedofilia (il materiale è accessibile al sito http://www.bishop-accountability.org/Argentina/). Ne ha dato notizia il settimanale Usa National Catholic Reporter (12/3).
Il quadro che ne emerge è sconcertante: sostanzialmente, mentre i vescovi degli Usa e europei affrontavano lo scandalo, Bergoglio, pur in analogo contesto, sarebbe rimasto in silenzio. «Non ha pubblicato documenti, non ha fatto nomi di preti accusati, non ha tenuto registri dei preti accusati, non ha elaborato una politica di gestione degli abusi, nemmeno ha pronunciato una espressione di scuse nei confronti delle vittime».
Nelle sue numerose omelie e dichiarazioni (archiviate e accessibili sul sito dell’arcidiocesi di Buenos Aires), spiega BishopAccountability, l’allora arcivescovo di Buenos Aires ha correttamente attaccato la corruzione del governo, l’iniqua distribuzione della ricchezza, il traffico sessuale: sugli abusi sessuali da parte del clero, nemmeno una parola. Nel libro Il cielo e la Terra, d’altronde, Bergoglio afferma che il problema, nella sua diocesi, non è mai esistito: «Nella diocesi non mi è mai accaduto, ma una volta un vescovo mi ha telefonato per chiedermi cosa doveva fare in una situazione di questo tipo e gli ho detto di togliere all’interessato le licenze, di non permettergli di esercitare più il sacerdozio e di avviare un giudizio canonico».
Non è plausibile, commenta il gruppo, che Bergoglio dal 1992 – quando fu nominato vescovo ausiliare di Buenos Aires, prima di diventarne arcivescovo sei anni dopo – al 2013 non abbia mai dovuto occuparsi di un prete pedofilo, mentre nel mondo «decine di migliaia di vittime denunciavano alla Chiesa gli abusi subiti». In base ad un’analisi comparativa con i dati emersi negli Usa e in Europa, la stima presunta dei preti pedofili nell’arcidiocesi di Buenos Aires si aggira, secondo BishopAccountability, per il periodo 1950-2013, intorno ai 100 casi, e di questi almeno un decimo doveva essere noto alle autorità della Chiesa. Bergoglio compreso.
Il ruolo di Bergoglio in 5 casi di abuso
Nell’arcidiocesi, poco o nulla è emerso in superficie, mancando gli elementi che altrove avevano dato il via allo svelamento del fenomeno: azioni civili delle vittime, investigazioni della Chiesa e indagini governative. Solo un prete di Buenos Aires, Carlos Maria Gauna, è stato pubblicamente accusato, ma nei quattro casi oggi più noti di religiosi o di preti pedofili di altre diocesi – p. Julio César Grassi, p. Rubén Pardo, p. Fernando Enrique Picciochi e p. Mario Napoleon Sasso – «vi è la prova che Bergoglio», presidente dei vescovi argentini, «deliberatamente o inconsapevolmente, ha frenato le vittime intenzionate a denunciare e a perseguire i loro aggressori». Vittime che, riporta il gruppo, «affermano di aver cercato, invano, l’aiuto del cardinale», secondo quanto riportato dalWall Street Journal (8/4/13), che afferma pure che, stando a un portavoce della diocesi di Buenos Aires, Bergoglio avrebbe «rifiutato di incontrare le vittime». Grande ritardo, inoltre, per l’elaborazione delle linee guida che devono stabilire la politica di gestione dello scandalo: richieste dal Vaticano nel 2011, la loro elaborazione fu rimandata dalla Conferenza episcopale argentina, tanto che sono state pubblicate solo lo scorso aprile; anche questo elemento spinge BishopAccountability ad affermare che la Chiesa argentina, nella gestione degli abusi, è stata «tra le meno trasparenti nel mondo».
Ecco la sintesi della gestione di Bergoglio dei cinque casi noti, per i quali BishopAccountability fornisce, sul sito, i link alle fonti.
P. Julio César Grassi: nonostante fosse stato condannato nel 2009 per molestie su un minore, Bergoglio commissionò uno studio riservato per convincere i giudici della Corte suprema argentina dell’innocenza del religioso. Tale intervento è ritenuto il motivo per il quale Grassi restò in libertà per quattro anni dopo la sua condanna. È stato incarcerato nel settembre 2013.
P. Rubén Pardo: nel 2003 un prete confesso pedofilo malato di Aids era tenuto nascosto alle autorità civili in un vicariato dell’arcidiocesi di Buenos Aires, all’epoca guidata da Bergoglio, dove faceva il confessore dei bambini e insegnava in una scuola. Nello stesso vicariato, a quanto sembra, viveva un vescovo ausiliare di Bergoglio. È altamente improbabile che Pardo vivesse e esercitasse il suo ministero senza l’approvazione di Bergoglio.
P. Fernando Enrique Picciochi: una vittima, dopo aver scoperto che il prete che aveva abusato di lui era fuggito negli Stati Uniti per eludere l’intervento delle autorità civili, si rivolse a Bergoglio perché fosse tolto il sigillo della segretezza imposto dalla congregazione religiosa di appartenenza del sacerdote. Incontrò il segretario privato di Bergoglio e il suo vescovo ausiliare, mons. Mario Poli. Nessuna risposta.
P. Mario Napoleon Sasso: nel 2001 Sasso, dopo una terapia in un centro gestito dalla Chiesa, al termine della quale fu definito soggetto pedofilo, venne nominato pastore di una parrocchia di persone disagiate. Nel 2002-2003, abusò di 5 bambine. Nel 2006, mentre egli era in carcere ma senza essere ancora stato condannato, i genitori delle bambine avrebbero chiesto invano un incontro con Bergoglio.
P. Carlos Maria Gauna: prete arcidiocesano sotto la diretta supervisione di Bergoglio, nel 2001 fu accusato di molestie da due bambine. Bergoglio disse che se ne sarebbe occupato. Gauna è ancora attivo nell’arcidiocesi come cappellano ospedaliero: «Ciò potrebbe indicare – afferma BishopAccountability – che Bergoglio considerava le accuse credibili ma decise di trasferirlo piuttosto che allontanarlo dal ministero».
«Francesco ha davvero la volontà di risolvere questo problema catastrofico?», si chiede la condirettrice di BishopAccountability Anne Barrett Doyle, molto irritata dalle affermazioni fatte da Bergoglio sulle pagine del Corriere della Sera del 5 marzo scorso, in cui affermava che «la Chiesa cattolica è forse l’unica istituzione pubblica ad essersi mossa con trasparenza» e ciononostante «è la sola ad essere attaccata». (ludovica eugenio)