Obama: Wikileaks, atti irresponsabili
Nei rapporti diffusi sul Web le critiche a Bertone “Yes man” E lui: «Per me è un orgoglio»
CITTA’ DEL VATICANO
Il Vaticano ha accolto con fastidio e una punta di ironia i cablogrammi di Wikileaks relativi al Vaticano diffusi in queste ore da alcuni quotidiani internazionali, nelle stesse ore in cui da Obama è arrivata una condanna nettissima delle attività di Julian Assange, definite «irresponsabili e gravissime».
«Senza entrare nella valutazione dellestrema gravità della pubblicazione di una grande quantità di documenti riservati e confidenziali e delle sue possibili conseguenze - afferma una nota diffusa dal Vaticano in mattinata - la sala stampa della Santa Sede osserva che una parte dei documenti resi pubblici recentemente da Wikileaks riguarda rapporti inviati al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d
America dall`Ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede. Naturalmente tali rapporti riflettono le percezioni e le opinioni di coloro che li hanno redatti, e – precisa la nota che fa così scuso alle fonti vaticane della diplomazia Usa – non possono essere considerati espressione della stessa Santa Sede né citazioni precise delle parole dei suoi Officiali. La loro attendibilità va quindi valutata con riserva e con molta prudenza, tenendo conto di tale circostanza». Segno della poca attenzione che il Palazzo apostolico intende tributare alle informative Usa, l’Osservatore romano in edicola il pomeriggio non riporta la nota mattutina e non dedica alla vicenda neppure una riga.
A titolo preventivo, il giornale vaticano aveva scritto alcuni giorni fa che i cablogrammi «non sembrano in grado di modificare sostanzialmente i rapporti tra gli Stati Uniti e le diverse diplomazie mondiali». Sostanzialmente no, ma con la Santa Sede emerge qualche increspatura.
I cablogrammi dell’ambasciata Usa presso la Santa Sede, che ha sede sull’Aventino e dal 2009 è guidata dal teologo ispano-americano Miguel H. Diaz, spaziano dai commenti – per lo più elogiativi – nei confronti della diplomazia vaticana alle critiche – anche colorite – nei confronti del cardinal Bertone, del Papa stesso e della scarsa efficacia comunicativa e decisionale della Curia romana.
Sul Segretario di Stato vaticano piovono non poche critiche. «Ha uno stile pastorale personale che a volte lo porta lontano da Roma, in giro per il mondo, a occuparsi di problemi spirituali prima che della politica estera», scrive in un’informativa del 2009 la vice-capo missione Julieta Valls e «non sono poche le voci che chiedono la destituzione del cardinale dal suo attuale posto». Il cablogramma cita il controverso discorso di Ratisbona, il battesimo in mondo-visione di Magdi Allam, l’incidente dei lefebvriani e la contestata nomina del vescovo austriaco di Linz tra gli incidenti in cui è incorsa la macchina curiale. «Al culmine dello scandalo lefebvriano, Bertone ha menzionato il vescovo offensivo (il negazionista Richard Williamson, ndr.) sbagliando il nome, e ha poi accusato i media di aver ’inventatò un problema che non c’era», nota la diplomatica Usa. Bertone viene definito digiuno di qualunque esperienza diplomatica («Per esempio, parla solo italiano»). In realtà era stato lo stesso porporato a spiegare di conoscere francese, tedesco, spagnolo e portoghese (l’inglese «è il mio punto debole», ammetteva).
Quanto al problema «se c’è qualcuno» in Vaticano capace di portare «le posizioni di dissenso all’attenzione del Papa», nell’informativa si afferma che «come si è notato, il cardinal Bertone è considerato uno yes man e altri cardinali non hanno grande influenza sul Papa – o manca loro la confidenza per portargli cattive notizie».
Chi ha sentito in queste ore il cardinal Bertone lo definisce per nulla scosso da questi giudizi. «Sono ben orgoglioso di essere stato definito così – ha affermato il porporato a chi gli ha avuto modo di parlargli – visto che questa immagine un po’ colorita in realtà rappresenta bene la mia sintonia con l’azione pastorale del Papa».
Il cablogramma del 2009 – stilato, dunque, nel mezzo della crisi seguita alla revoca della scomunica dei vescovi lefebvriani – critica, in generale, i meccanismi comunicativi e decisionali della Santa Sede. Solo il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha il Blackberry, e pochi collaboratori del Papa hanno un indirizzo di email. «La maggior parte dei più alti esponenti del Vaticano, tutti uomini, in media sui 70 anni, non comprende i mezzi moderni e le nuove tecnologie informatiche», scrive la diplomatica. Sebbene «ci sono segnali che almeno qualcuno in Vaticano abbia imparato la lezione e lavorerà per ridisegnare la struttura comunicativa della Santa Sede», l’analisi è impietosa: «Le radici strutturali e culturali della situazione attuale sono profonde e non saranno facilmente sradicate per il fatto che sono strettamente connesse con lo stile di governo di Papa Benedetto».
Nelle informative Usa non emergono eclatanti novità. Si menziona la ben nota opposizione di Ratzinger all’ingresso della Turchia nell’Unione europea espressa – e modificata da Papa – all’epoca in cui era cardinale. Si cita la resistenza di maggiorenti vaticani a collaborare alla commissione Murphy sulla pedofilia nel clero irlandese e le proteste dell’allora Segretario di Stato Sodano per le cause intentante negli Usa contro il Vaticano. Ancora, si riecheggia il malumore statunitense per l’ostilità di Wojtyla alla guerra di Bush in Iraq.
Nel corso degli anni l’ambasciata Usa tiene in buona considerazione la diplomazia della Santa Sede, così come della comunità di Sant’Egidio, impegnata in diversi scenari di peace keeping. Il Vaticano, riferisce un file, ha «eccellenti fonti di informazione sui dissidenti, i diritti dell’uomo, la libertà religiosa, il controllo del Governo sulle popolazioni» in Cina e buone informazioni in Corea del Nord.
Trovano conferma nelle informative Wikileaks alcune ipotesi fioccate nel corso degli anni attorno alla politica estera del Vaticano ma mai confermate ufficialmente. Il Papa si adoperò presso le autorità religiose iraniane per favorire il rilascio dei 15 marinai britannici catturati tre anni fa da Teheran. Fu una richiesta dell’ambasciatore Usa – si legge in un cablogramma – che indusse il Papa a non ricevere il presidente iraniano Ahmadinejad in occasione del vertice Fao del 2008 a Roma. Dai files emerge che l’ambasciata Usa presso la Santa Sede ha fatto pressing sul Vaticano per la promozione degli organismi geneticamente modificati (ogm). Quanto alla decisione del Papa di aprire le porte della Chiesa cattolica a gruppi di anglicani tradizionalisti, «il risultato potrebbe essere la discriminazione, o in casi isolati, persino la violenza contro questa minoranza».
«Condanniamo nel modo più forte possibili la divulgazione di ciò che è classificato come informazioni del Dipartimento di Stato. Non commenteremo il contenuto o l’autenticità di tali informazioni», ha commentato in una nota ufficiale l’ambasciatore Usa presso la Santa Sede Diaz. «In ogni parte del mondo, come presso la Santa Sede, stiamo lavorando con i nostri partner per perseguire obiettivi importanti. Sono fiducioso che la partnership che il Presidente Obama, il segretario di Stato Hillary Rodham Clinton, e diplomatici americani devoti alla causa hanno lavorato duramente per costruire resisteranno a questa sfida».
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