(ASCA) – Citta’ del Vaticano, 15 apr – ”Mi congratulo con lei di non aver denunciato un prete all’amministrazione civile”. Cosi’ scriveva, l’8 settembre del 2001, il card. Dario Castrillon Hoyos, all’epoca prefetto della Congregazione del Clero, piu’ di recente artefice della remissione della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. La lettera del porporato colombiano, oggi in pensione, era diretta a mons.
Pierre Pican, vescovo di Bayeux, che qualche giorno prima era stato condannato a tre mesi di prigione con la condizionale per non aver denunciato un prete pedofilo della sua diocesi: una condotta, per il porporato, che doveva essere presa ad esempio da tutti i vescovi del mondo. La lettera e’ stata pubblicata dalla rivista francese ”Golias”.
”Le scrivo in qualita’ di prefetto della Congregazione per il Clero, incaricato di collaborare alla responsabilita’ del Padre comune su tutti i preti del mondo”, esordiva Castrillon Hoyos nove anni fa. La Congregazione per la dottrina della fede, guidata dal card. Joseph Ratzinger, poco meno di quattro mesi prima, nel maggio del 2001, aveva pubblicato la lettera ‘De delictis gravioribus’ con cui avocava a se’ la gestione di tutti i casi di abusi su minori commessi da preti ma la situazione, evidentemente, era ancora confusa in Vaticano.
”Mi congratulo con lei di non aver denunciato un prete all’amministrazione civile – proseguiva il porporato -. Lei ha agito bene e mi felicito di avere un confratello nell’episcopato che, agli occhi della storia e di tutti gli altri vescovi del mondo avra’ preferito la prigione piuttosto che denunciare il suo figlio-prete”. Castrillon Hoyos, facendo eco all’auto-difesa del vescovo che aveva invocato il ”segreto professionale” nel rapporto preti-vescovo, sottolineava come questa relazione fosse ”una relazione sacramentale che crea dei legami molto speciali di paternita’ spirituale. Questo tema e’ stato ampiamente regolato dall’ultimo Concilio, dal sinodo dei vescovi del 1971 e da quello del 1991”.
Il vescovo, aggiungeva il responsabile del Clero, ”ha altri modi di agire, come ha spiegato di recente la Conferenza episcopale francese; ma non si puo’ esigere da un vescovo che sia lui a denunciare. In tutti gli ordinamenti giuridici civili e’ riconosciuto al prossimo la possibilita’ di non testimoniare a carico di un parente diretto”. E Castrillon Hoyos ricordava un passo della lettera di San Paolo ai Filippesi: ”A tutti quelli del pretorio e a tutti gli altri e’ divenuto noto che sono in catene per Cristo; e la maggioranza dei fratelli nel Signore, incoraggiati dalle mie catene, hanno avuto piu’ ardire nell’annunciare senza paura la parola di Dio”.
”Questa congregazione – concludeva il cardinale -, per incoraggiare i fratelli nell’episcopato in una materia cosi’ delicata trasmettera’ copia di questa missiva a tutti i fratelli vescovi. Assicurandole ancora la mia prossimita’ fraterna nel Signore, la saluto insieme al suo ausiliare e tutta la sua diocesi”.
Sul tema, ben diversa la posizione dell’attuale prefetto della Congregazione per il clero, card. Claudio Hummes, che ha scritto qualche giorno fa in una lettera ai preti del mondo in occasione della chiusura dell’Anno Sacerdotale: ”Alcuni, ma proporzionalmente molto pochi, presbiteri hanno commesso orribili e gravissimi delitti di abusi sessuali contro minorenni, fatti che dobbiamo in modo assoluto e intransigente rifiutare e condannare. Loro devono rispondere davanti a Dio e davanti ai tribunali, anche civili”.
asp/gc/ss
http://www.asca.it/news-PEDOFILIA__DA_CARDINALE_NEL_2001_LODI_A_VESCOVO_PER_OMESSA_DENUNCIA-909723-ORA-.html