Gli inquirenti cercano testimoni di eventuali abusi compiuti dal parroco dopo il 1987
Solo dopo la denuncia pubblica il sacerdote fu ritenuto colpevole dal Vaticano
Domani saranno trascorsi esattamente tre anni dal giorno in cui “Repubblica” documentò il dramma delle bambine, dei bambini e degli adolescenti che, avendo avuto la sfortuna di frequentare la parrocchia fiorentina della Regina della Pace, avevano subìto abusi da parte del loro priore, don Lelio Cantini.
Dopo aver regnato con piglio autoritario per quasi 40 anni sulla parrocchia alla periferia di Firenze, nel 2005 don Lelio era stato trasferito, ufficialmente “per motivi di salute” nella piccola parrocchia di Mucciano. I suoi ex allievi, che nel 2004 avevano trovato la forza di rivolgersi al giovane vescovo Claudio Maniago, anch’egli ex parrocchiano della Regina della Pace e avviato al sacerdozio da don Cantini, perché li aiutasse a trovare giustizia in seno alla Chiesa, vennero sollecitati dal cardinale Antonelli a “invocare da Dio la guarigione della memoria”. Soltanto dopo la pubblica denuncia sugli abusi, il Vaticano impose un supplemento di indagini al termine del quale, nell’ottobre 2008, il sacerdote fu riconosciuto colpevole e ridotto allo stato laicale.
Nel frattempo l’inchiesta della magistratura si è incagliata nelle secche della prescrizione. Le drammatiche testimonianze delle ex e degli ex parrocchiani hanno documentato abusi e violenze fra il 1973 e il 1987. Dopo, il silenzio. Eppure è difficile credere che un pedofilo acclarato quale era don Cantini – un sacerdote che alle bambine imponeva rapporti sessuali “come gesto di comunione con Dio”, che ne abusava dicendo loro “Te lo chiede Gesù”, oppure “E’ un dono del Signore” – si sia improvvisamente emendato e per i successivi quasi vent’anni abbia tenuto un comportamento irreprensibile. Eppure nessun altro si è fatto avanti. Senza testimonianze più recenti, l’inchiesta penale è destinata alla archiviazione per prescrizione.
Mentre la questione dei preti pedofili dilaga in mezzo mondo, in Italia le vittime continuano a sentirsi profondamente isolate. Il 25 settembre a Verona si terrà il primo incontro fra coloro che hanno avuto il coraggio di denunciare gli abusi. Significativo uno dei temi dell’incontro: “Difficile muoverci in una società clericale”.
A Firenze, nonostante lo scandalo di don Cantini, la Curia non ha denunciato alla procura nessun altro caso di abuso, neppure quelli conclamati dell’ex parroco della Ginestra Fiorentina e poi di San Mauro a Signa, don Roberto Berti, che si infilava nudo nei sacchi a pelo dei suoi piccoli parrocchiani. Il sacerdote è stato riconosciuto colpevole dalla Congregazione per la dottrina della fede e punito otto anni di residenza obbligata in regime di vigilanza (ma non ridotto allo stato laicale). Nel novembre 2009 la sentenza è stata affissa sulla porta della chiesa. Segnale chiaro di una sensibilità nuova. Nonostante ciò, la Curia non ha denunciato i fatti in procura, né lo hanno fatto le famiglie dei ragazzi.
Il silenzio continua a circondare ogni genere di comportamento “scandaloso” dei sacerdoti, inclusi i casi di incontri omosessuali, talvolta a sfondo sadomaso, che la Chiesa ufficialmente condanna con durezza ma che sembra tollerare e blindare nel più assoluto riserbo quando coinvolgono dei sacerdoti. In questi anni c’è chi ha tentato di gettare un po’ di luce sugli abusi consumati all’interno di alcuni seminari. E’ uscito un libro (“L’omosessualità non è più una virtù”, Edarc), che fra mille cautele sembra riferirsi a gravi fatti avvenuti a fine anni ’90 nel seminario vescovile di Fiesole. Ma è sconsolante la conclusione di un giovane ex seminarista: “Non ho mai visto rendere giustizia a chi è stato calpestato”. (f. s.)
http://firenze.repubblica.it/cronaca/2010/04/06/news/don_cantini_inchiesta_rischio_prescrizione-3146884/?ref=rephp
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