ANSA – Nel 2005 Joseph Ratzinger, citato in giudizio – quando era ancora Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede – per intralcio alla giustizia nell’ambito di un processo, in Texas, su tre casi di abusi su minori commessi da un seminarista colombiano, si avvalse dell’immunità diplomatica in quanto nel frattempo era diventato papa ed evitò così di andare a deporre.
L’episodio è ricordato nel libro ‘Il peccato nascosto’, di autore anonimo, pubblicato in questi giorni. L’avvocato Daniel Shea, che assisteva la parte lesa, denunciò l’allora prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede sulla base di due documenti che istruiscono il clero su come trattare i casi di abusi e violenze su minori. Il primo é il Crimen Sollicitationis, del 1962.
Il secondo è la lettera De delictis gravioribus, redatta nel 2001 e indirizzata a tutte le gerarchie ecclesiastiche. Il testo, firmato proprio da Ratzinger, modifica quello del 1962, e in un passaggio afferma che i casi di delitti più gravi, tra cui gli abusi sui minori, “sono soggetti al segreto pontificio” nella normativa canonica. La lettera, secondo l’accusa di Shea, costituiva un intralcio alla giustizia ordinaria.
Denunciato nel gennaio 2005, Ratzinger nell’aprile dello stesso anno divenne papa. La Santa Sede chiese e ottenne così dal governo degli Stati Uniti l’immunità diplomatica per il pontefice, in quanto capo di Stato.
Il processo in cui fu chiamato a deporre Joseph Ratzinger era presieduto dal giudice Lee Rosenthal ed era stato intentato a Harris County, in Texas, contro un seminarista colombiano, Juan carlos Patino-Arango, sospettato di molestie sessuali ai danni di tre ragazzi negli anni Novanta.
L’avvocato difensore delle tre vittime, Daniel Shea, aveva scoperto che il seminarista, poco dopo l’inizio della causa, era fuggito e che i responsabili della diocesi avevano coperto i suoi misfatti. Nel corso del processo Shea citò in giudizio Joseph Ratzinger in quanto, firmando la lettera De delictis gravioribus, diretta alla gerarchia della Chiesa cattolica universale e quindi anche alle arcidiocesi statunitensi, “ostacolava pervicacemente” le indagini della giustizia ordinaria sugli abusi sessuali ad opera di preti.
Secondo l’avvocato di Houston, quindi, alla radice della mancata denuncia del seminarista da parte della diocesi texana, c’erano proprio le istruzioni impartite dalla Santa Sede e firmate da Ratzinger.
Chiamato a deporre oltreoceano, Ratzinger evitò tuttavia di recarsi al tribunale di Harris County: non appena fu eletto al soglio pontificio, i suoi legali chiesero di accordare al nuovo pontefice l’immunità diplomatica in quanto capo di uno Stato sovrano, la Città del Vaticano. Il dipartimento di Stato americano accolse la richiesta e, con una decisione firmata dall’allora presidente degli Usa George Bush e motivata dal viceprocuratore federale Peter Keisler, dichiarò Ratzinger non processabile.
Secondo Keisler, il procedimento giudiziario contro il pontefice sarebbe stato “incompatibile con gli interessi di politica estera degli Usa”.
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