Riportiamo degli estratti significativi degli interventi alla CEI riunita ad Assisi da parte di S.E.R. Mons. Thibault Verny e di S.E.R. Mons. Luis Manuel Alì Herrera, rispettivamente Presidente (da quattro mesi) e Segretario della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori. Particolarmente toccante è stata l’immagine della sedia vuota utilizzata dal primo e il riferimento all’emozione della paura effettuato dal secondo.
“…Sono consapevole che il secondo Rapporto annuale della Commissione, avvenuto lo scorso 16 ottobre abbia suscitato alcuni malintesi in talune realtà ecclesiali, in particolare nella vostra Conferenza Episcopale. Permettetemi di ribadire quanto è chiaramente indicato nel documento stesso e quanto è stato sottolineato durante la presentazione nella Sala Stampa della Santa Sede: la Relazione è stata completata nel primo trimestre del 2025 e si riferisce ai dati raccolti nell’anno solare 2024. Detto ciò, in qualità di nuovo Presidente, mi assumo la piena responsabilità del lavoro svolto dal team della Commissione… Tre anni fa, la Conferenza Episcopale Italiana e la Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori hanno sottoscritto un accordo, denominato Memorare Initiative, che ha segnato l’inizio di una collaborazione strutturata tra noi. Tale accordo non è rimasto lettera morta: si è trasformato in un laboratorio di dialogo, azione e corresponsabilità, con ricadute positive in Chiese di quattro continenti. Attraverso questa intesa – insieme a voi – stiamo aiutando le comunità ecclesiali a prevenire gli abusi, a proteggere chi è a rischio e a intervenire con competenza e compassione quando si verificano situazioni di abuso, ovunque esse si manifestino.
Come in ogni collaborazione viva, non mancano incomprensioni e divergenze. Tuttavia, è proprio in tali frangenti che siamo chiamati ad accompagnarci con prudenza e trasparenza, in una dialettica di ascolto sincero e apprendimento reciproco. Intendiamo proseguire su questa strada, condividendo il vostro impegno e le vostre procedure di tutela con un numero sempre maggiore di Chiese nel mondo. Così facendo, riconosciamo e valorizziamo ciò che funziona, mentre valutiamo e correggiamo ciò che può essere migliorato. Questo punto è cruciale: indicare con trasparenza le lacune nei sistemi di salvaguardia e offrire risposte professionali rafforza la credibilità della Chiesa, affinché la nostra casa ecclesiale sia un luogo sicuro per tutti, per le famiglie, i giovani e i bambini…
Come vescovo francese, mi rivolgo a voi oggi con umiltà. Di fronte allo scandalo degli abusi sessuali, nessuno può affermare di operare alla perfezione. Credo che tutti stiamo cercando di fare il meglio possibile, riducendo al minimo il danno. In Francia è stata istituita una commissione indipendente, la CIASE, che ha avuto punti di forza e di debolezza, aspetti positivi e fragilità. Ciononostante, essa rappresenta un riferimento per la Conferenza Episcopale Francese… Inoltre, la metodologia e i risultati di tale commissione sono stati ripresi e convalidati dal governo francese, che ha successivamente istituito una commissione sugli abusi commessi nelle famiglie (CIIVISE).
Sono convinto che non esista un modello unico di approccio. Spetta a ciascuna Conferenza Episcopale assumere la questione, discernere e decidere autonomamente, in base al contesto storico e culturale locale. Siamo qui per avanzare insieme e sostenerci reciprocamente. A ciascuno di noi spetta guardare con coraggio al passato e riconoscere la verità della situazione: solo così potremo gettare le basi per costruire il futuro.
Permettetemi di condividere un’immagine che mi ha profondamente colpito durante un recente incontro con un gruppo di vittime e sopravvissuti, tutti adulti, molti dei quali anziani, che hanno subito abusi da bambini nella Chiesa in Belgio. Ci siamo intrattenuti con loro per oltre tre ore: un incontro intenso, talvolta doloroso. Vi era una sedia vuota tra due membri del gruppo; la signora accanto spiegò che era per suo fratello, anch’egli vittima di abusi, che si era tolto la vita. Quella sedia rappresentava lui e gli innumerevoli altri che hanno compiuto lo stesso gesto a causa degli abusi subiti. La sedia vuota era presente anche nel loro incontro con Papa Leone XIV. In tutto ciò che facciamo, dobbiamo guardare a quella sedia vuota: guardare al presente, attraverso cellule di ascolto, riconoscere e accompagnare le vittime e i sopravvissuti, accogliere le loro parole, per quanto difficili. Essi sono per noi come l’uomo ferito sul ciglio della strada da Gerusalemme a Gerico. E dobbiamo guardare al futuro, attraverso la prevenzione nelle istituzioni ecclesiali, nelle scuole e nelle famiglie…” (Mons. Thibault Verny).
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“… considero un segno della provvidenza divina il fatto che stiamo conversando con voi proprio nel giorno in cui celebriamo la Giornata di preghiera per le vittime, con il tema “il rispetto genera relazioni autentiche”, indetta da questa Conferenza Episcopale… Per questo motivo, desidero ringraziare sinceramente i vescovi italiani che hanno scelto di partecipare a questo momento di dialogo: la loro disponibilità ha permesso di ricevere contributi ricchi di riflessioni ed esperienze che hanno arricchito anche la Commissione stessa. Se in qualche circostanza ciò che avete condiviso è stato percepito come travisato o trasmesso in modo inesatto, desidero esprimere il nostro sincero rammarico. La nostra intenzione è – e rimane – quella di servire la verità con delicatezza, nel rispetto di coloro che, con coraggio e onestà, hanno accettato di avviare un dialogo…
È vero che per il rapporto pubblicato lo scorso ottobre sono state ricevute 81 risposte su 226 questionari inviati alle circoscrizioni ecclesiastiche che compongono questa conferenza e le sue 16 conferenze regionali. Tuttavia, questo dato, estrapolato dal suo contesto, può essere soggetto a interpretazioni parziali. Inoltre, come abbiamo visto, tali interpretazioni omettono l’enfasi posta nel rapporto sugli otto punti di forza del sistema operativo, della formazione e della ricerca, concentrandosi invece solo sulle attività che devono essere ulteriormente implementate in alcune regioni.
Come in ogni processo scientifico, l’indagine è un punto di partenza e non un giudizio: non misura l’impegno degli individui, ma aiuta a capire dove rafforzare la rete e migliorare la comunicazione. Quando si opta per la trasparenza e la responsabilità, la Chiesa si espone anche a interpretazioni che non sempre colgono la complessità e lo sforzo del percorso. Tuttavia, è un rischio che vale la pena correre, perché solo una Chiesa che parla con sincerità può essere credibile. L’importante è che questo percorso non diventi una competizione basata sui numeri, ma un processo di crescita comune in cui la ricerca, la verifica e l’accompagnamento siano finalizzati a un unico scopo: costruire fiducia.
Solo la verità, anche quando è dolorosa, può diventare il fondamento di un rinnovamento e questo richiede rigore e indipendenza, per questo il lavoro scientifico e documentato, come quello avviato congiuntamente in Italia, rimane essenziale… Nel 2016, molte comunità di fedeli erano riluttanti a riconoscere la presenza di vittime o sopravvissuti al loro interno. Questa riluttanza a volte nasceva dalla paura, dalla paura di ascoltare le terribili verità che le vittime e i sopravvissuti ci raccontano. La paura che le nostre comunità non siano perfette e possano anche essere luoghi di orrore. La paura di non sapere cosa fare, come confortare, come aiutare. Paura di confrontarci con i nostri fratelli o sorelle che potrebbero aver commesso un crimine e del costo che questo potrebbe avere per loro e per noi.
Troppo spesso questa resistenza ha tenuto molti uomini e donne rinchiusi nel silenzio per anni, per decenni, per tutta la loro vita.
La nostra Commission crede fermamente che giornate come questa odierna è un esempio di come la preghiera si traduca in azione, in consapevolezza e accoglienza . Abbiamo assistito in questi 10 anni di giornate di preghiere un pellegrinaggio graduale e progressivo che sta smantellando questa paura e permettendo alle nostre comunità di diventare luoghi in cui le vittime e i sopravvissuti vengono ascoltati e sostenuti, con compassione e soprattutto con professionalità…
Le esperienze concrete del popolo di Dio, quelle che toccano la sofferenza e la speranza della guarigione, devono poter entrare nei luoghi in cui si prendono le decisioni e si elaborano le linee guida universali. Solo in questo modo la riflessione non rimane astratta, ma si radica nella vita e diventa uno strumento di conversione pastorale. Questa collaborazione tra ricerca, pastorale e ascolto delle vittime è ciò che potrà far maturare una Chiesa più credibile e attenta ai segni dei tempi… Se voi ce lo consentite, la nostra missione è che la Commissione rimanga al vostro fianco, non come osservatore esterno, ma come compagno di viaggio…” (Mons. Luis Manuel Alì Herrera).
Non è un caso che l’attenzione dei vescovi francesi sul problema abusi sia sempre alta. Un’indagine e un indirizzo si sono concentrati sui preti francesi (cfr. SETTIMANANEWS, 17/11/2025).













