22/6/83. È il giorno della scomparsa della cittadina vaticana Emanuela Orlandi. Mentre due procure (quella italiana e vaticana) dopo 40 anni hanno riaperto l’inchiesta, c’è anche una commissione parlamentare che indaga sulla ragazzina sparita in un incomprensibile mistero che si intreccia ad altri. Tra i tanti punti oscuri, ci sono dei dossier anch’essi spariti, poi ritrovati ma soltanto in parte.
I dossier fantasma
Quella data, il giorno della scomparsa, è riportata sulla copertina di un dossier fantasma. Oggi, la giornalista Simona Zecchi pubblica sulla sua newsletter l’indice completo di quel fascicolo e un estratto della documentazione che lo accompagna. Quattro mesi fa, la Zecchi aveva pubblicato sul Venerdì di Repubblica, un altro malloppo di documenti inediti su Emanuela Orlandi. “Documenti che a quanto pare si volevano tenere nascosti sotto l’ombra del Vaticano”, scrive oggi la Zecchi. Questi documenti sono stati da lei ritrovati presso l’Archivio Centrale di Stato e sono di provenienza del Sismi (ex Aise): la sigla, all’epoca dei fatti, dei Servizi Segreti Militari. Quella invece che la Zecchi pubblica oggi è un’analisi dettagliata di tutti gli argomenti citati in riferimento a un altro fascicolo sparito. L’indice fu ritrovato lo scorso gennaio dal giornalista di inchiesta Gian Paolo Pelizzaro, ricercatore ed ex consulente della Commissione di inchiesta sempre nell’Archivio centrale dello Stato ed è di provenienza del Ministero dell’Interno. “Di quel dossier – spiegava lo scorso gennaio Pellizzaro– secondo la Commissione di inchiesta non c’è più nessuna traccia”.
I punti del dossier
La Zecchi ripercorre nel dettaglio i titoli dell’indice stesso. La copertina del dossier riporta un titolo: “Scomparsa Orlandi Emanuela”, che fa il verso al dossier da lei pubblicato proveniente invece dall’ex Sismi (“Caso Emanuela Orlandi”) e i titoletti degli 11 incartamenti che comprende (di cui l’ultimo scritto a penna e con una calligrafia diversa) sono suddivisi in tre volumi. Nel primo volume questi sono i titoletti di ogni incartamento: Atti della Questura di Roma, Criminalpol, appunti, telefonate, atti dei Servizi di Sicurezza. Nel secondo volume i titoletti sono i seguenti: richiesta di verbali di Agca (Alì, l’attentatore del Papa di origini turche, ndr) prese in qualità di teste; questura Roma, accertamenti in Italia relativi a cittadini Turchi; accertamenti in Germania anche in ambienti turchi; lettere in lingua tedesca pervenute all’Ansa ed al Messaggero; Accertamenti per conto di: Montesanti Alfonso e Patrizia De Lellis; fronte liberazione turco anticristiano Turkesh; lettera pervenuta all’Ansa di Milano; M.a.e = avvocato Gennaro Egidio; messaggi a firma Phoenix – Phenix: il gruppo che “Ha infestato la vicenda al tempo con messaggi pseudo-anonimi volti solo a depistare anche questi): per acquisire probabilmente quanto già pervenuto al Sismi”, precisa Simona Zecchi. Il terzo volume di cui sarebbe composto il dossier fantasma cita solo a lettere cubitali, appunto, la dicitura “ritagli stampa”. In nessuno di questi titoli emerge il riferimento al Vaticano e “Alle riunioni – sottolinea la Zecchi – invece emerse tra gli appunti del Sismi in cui entrambi i nostri servizi del tempo e il Vaticano erano stati diverse volte in consesso. E, è ben ricordare per ora, che in uno degli appunti da me pubblicati viene indicato espressamente come la vicenda Ali Agca, che ha preso piede nelle cronache successive alla scomparsa di Emanuela, fosse un chiaro depistaggio”.
Molti degli argomenti indicizzati in questo dossier fantasma sono simili a quelli del dossier Sismi ritrovato dalla Zecchi ed è facile immaginarne il motivo: le forze dell’ordine collaborando, si scambiavano informazioni sul caso ed è assolutamente possibile che molti documenti siano simili, “riprodotti, inviati con note informative che li trasmettono e ritrasmettono”, dice la Zecchi.
Montesanti e De Lellis
“Gli unici argomenti trattati dall’indice che non sono presenti nel dossier Sismi, di cui ho dato notizia e contezza lo scorso marzo – scrive la Zecchi –, sono: gli accertamenti sul conto di due personaggi legati al tempo al sottobosco della tossicodipendenza, Montesanti e De Lellis, e la documentazione proveniente dal Ministero degli affari esteri (da cui la sigla Mae) sull’avvocato Gennaro Egidio che fu assegnato ai familiari da un certo punto in poi dal Sisde”. Alfonso Montesanti all’epoca dei fatti era sposato con Patrizia De Lellis, che in quegli anni aveva frequentato per un paio di mesi il corso di canto corale a cui era iscritta anche Emanuela Orlandi. Sua madre all’epoca lavorava nella scuola di musica “Tomaso Ludovico Da Victoria” che aveva sede nel Palazzo di Sant’Apollinare. Giuliana De Ioannon, questo il suo nome, era factotum e impiegata nella segreteria della direttrice della scuola suo Dolores. “Ho conosciuto De Lellis perché io lavoravo al cinema e l’ho incontrata in un film dove faceva la segretaria di edizione”, ha raccontato Montesanti pochi mesi fa alla commissione di inchiesta che lo ha convocato nell’ambito della pista dei cinematografi. A Montesanti è stato chiesto anche di Bruno Mattei, regista di film hard più volte tirato in ballo in questa vicenda. “Ho conosciuto Bruno Mattei, me lo ha presentato Patrizia e abbiamo fatto un weekend insieme: sapevo che faceva il regista, dopo un po’ scoprii che faceva il regista di film a luci rosse; ma io non ho mai fatto film a luci rosse”, ha detto Montesanti aggiungendo di non aver mai lavorato con lui. Montesanti ha ricostruito davanti alla Commissione il suo rapporto proprio con Patrizia De Lellis, affermando che il matrimonio durò pochissimo, circa un mese. “Entrambi avevamo problemi di tossicodipendenza, frequentavamo piazza San Cosimato a Trastevere perché era un luogo di spaccio, la mia vita in quel periodo era dedita solo a quello, a rimediare un po’ di soldi e trovare le droghe”. Alla domanda se tramite l’ambiente della droga trasteverino sia mai entrato in contatto con esponenti della Banda della Magliana, l’uomo ha risposto di no: “noi cercavamo giusto una dose al giorno, per tirare avanti, non eravamo proprio considerati, entravi in contatto con esponenti di livello se magari compravi qualche etto”. (fonte: Ansa). Patrizia De Lellis invece aveva attirato i sospetti degli inquirenti al tempo. Le persone legate a quel periodo della sua vita, continua Montesanti “non le ho più viste, come tutto il resto che girava intorno a quel periodo, erano ricordi spiacevoli, ho cercato di allontanarli”.
Il fascicolo scomparso
Del dossier “scomparso”, di cui Pellizzaro ritrovò l’indice pare non ci sia più nessuna traccia o almeno non se n’è più fatta parola. Ma la Zecchi azzarda infine un’ipotesi: “É logico pensare che ormai il dossier del Ministero dell’Interno è stato ritrovato e che vista l’audizione del Montesanti a questo punto sia stato visionato dalla Commissione. Il fascicolo era parte di un bulk di documenti rinvenuti presso la Via Appia e appartenenti all’allora Ucigos, alcuni di quei documenti, per intenderci, contenevano anche il dossier sul Noto Servizio e Anello, la struttura occulta che dal ‘44 al ‘81 ha gestito alcune operazioni di destabilizzazione nel nostro Paese e alternandosi con altre strutture. Un marasma di cose da mettere in ordine tutte di disparata provenienza, alcune molto importanti, ritrovate dal perito di procure e tribunali Aldo Giannuli nel 1997. Pare che per errore il dossier del Ministero sulla Orlandi non sia stato convogliato interamente e prontamente dopo l’emanazione della Direttiva Renzi del 2014”.
La Commissione bicamerale di inchiesta sulle scomparse di Mirella Gregori e di Emanuela Orlandi riprenderà i lavori a settembre – ha anticipato l’Ansa lo scorso 4 agosto – con l’audizione dell’ex dirigente della Polizia, Giovanna Petrocca, che ha seguito da vicino il ruolo di Sabina Minardi ormai scomparsa, e con Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, dopo le rivelazioni della grafologa forense, Sara Cordella.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/08/19/emanuela-orlandi-dossier-segreto-indice-notizie/8098647/
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