Il sacerdote, dunque, tornerà in un’aula di giustizia. Il suo legale, l’avvocato Giovanni Di Trapani, ritiene che ci siano nuove prove a favore dell’imputato, mentre alcune del passato non sono state erroneamente perse in considerazione.
Nei mesi scorsi la Cassazione ha reso definitiva la condanna ed Esposito si trova ai domiciliari dopo essere stato per un periodo in carcere. Originario di Caltavuturo, in provincia di Palermo, e parroco a San Feliciano Magione in Umbria, Esposito fu intercettato dai carabinieri della compagnia di Termini Imerese mentre effettuava delle videochiamate hard con quattro ragazzini di 16 e 17 anni.
In cambio dava loro dei soldi, tramite ricariche telefoniche o Postpay. Piccole cifre comprese fra 10 e 30 euro, utilizzati per andare a mangiare la pizza con gli amici o recarsi dal barbiere.
Conosceva l’età delle vittime?
Il prete sapeva che i ragazzini erano minorenni? Secondo l’accusa, che ha retto nei tre gradi di giudizio, la riposta è sì. Secondo la difesa, no. Esposito sarebbe stato in una condizione di “ignoranza inevitabile”.
“Alcune testimonianze genuine e spontanee acquisite in dibattimento nel contraddittorio delle parti, che escludevano la responsabilità dell’imputato, ignaro della minore età dei ragazzi – sostiene l’avvocato Di Trapani – sono state inspiegabilmente ed immotivatamente ritenute inattendibili, tanto da dover indurre il Tribunale ad acquisire ed utilizzare ai fini della decisione le sommarie informazioni rese dagli stessi testimoni in fase d’indagine; una delle quali, tra l’altro, favorevole ad Esposito”.
“Si evinceva chiaramente come lo stesso Esposito fosse stato addirittura indotto in errore da questi ultimi, i quali avevano taciuto lo loro reale età anagrafica spacciandosi per maggiorenni”, aggiunge il legale.
L’ex sacerdote risiedeva in un’altra regione e “non aveva avuto modo di vederli di presenza se non in una sporadica occasione e per pochi minuti dinanzi ad un ipermercato”. “Lui sapeva che ero maggiorenne perché gliel’ho detto io”, disse una delle vittime. “Non gli ho mai detto di essere minorenne”, ha aggiunto un altro dei ragazzi.
L’ipotesi corruzione
Nel corso del processo, si è anche parlato di “un asserito tentativo di corruzione dei giovani testi ad opera del fratello del prelato”. Sul punto Di Trapani è tranciante: “Vi è un’unica annotazione non supportata da alcuna intercettazione agli atti, e peraltro per nulla dimostrativa nel merito, quanto al suo letterale contenuto, dell’ipotizzato pactum sceleris”.
“D’altro canto, non vi è mai stato, ad oggi, a distanza di anni dal presunto accadimento di corruttela, alcun procedimento penale né a carico del fratello di Esposito – conclude- per il reato ipotizzato di intralcio alla giustizia, né in danno dei giovani che dallo stesso sarebbero stati corrotti per deporre a favore del sacerdote e avrebbero, quindi, commesso il delitto di falsa testimonianza”.
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