«Che dolore ho provato nel vedere che il Papa rispondeva immediatamente alla lettera di Carlo Conti per il festival di Sanremo mentre a me, vittima della pedofilia quando ero minorenne, non ha mai replicato. Silenzio assoluto. Eppure gli ho scritto tre volte. E’ evidente che per il Vaticano resto un fantasma». Misura le parole al telefono e la voce arriva pacata, non c’è rabbia. Si intuisce però che Antonio Messina soffre realmente per la situazione tipica che si viene a creare quando non si viene creduti nonostante vi sia la sentenza di condanna di un tribunale della Repubblica Italiana contro un sacerdote per violenza sessuale su minore (quattro anni e sei mesi di reclusione).
Persino il vescovo della diocesi è stato rinviato a giudizio per falsa testimonianza. Tra l’altro nelle intercettazioni, monsignor Rosario Gisana – secondo gli atti processuali – riferiva di avere insabbiato il cas. I magistrati di Enna scrivevano: «ometteva con ogni evidenza qualsivoglia doverosa seria iniziativa a tutela dei minori della sua comunità e dei loro genitori nonostante la titolarità di puntuali poteri conferiti nell’ambito della rivestita funzione di tutela dei fedeli, facilitava l’attività predatoria di un prelato già oggetto di segnalazione. Sarebbe stato doveroso da parte della autorità religiosa alla guida della diocesi non solo segnalare alle autorità religiosa queste denunce secondo le procedure esistenti nel diritto canonico».
A riaprire la ferita di Antonio, oggi trentenne, è l’episodio del festival di Sanremo, con quel video contro la guerra sui bambini che il pontefice ha realizzato dopo che Conti gli aveva mandato a gennaio una lettera. «Anche io ho scritto a Papa Francesco: tre volte.
Eppure non ho mai avuto repliche. E questo a me genere confusione, perplessità, amarezza. Perchè tutto questo?».
Questo giovane siciliano, cresciuto in una famiglia di forti radici cattoliche, dice di non essersi mai allontanato dalla fede, nonostante questa esperienza. «So che Dio c’è e mi ama, il Vangelo è e resta un faro per il mondo, e ho la grande fortuna di avere una comunità alla quale appoggiarmi, una famiglia solida alle spalle». Ciò che non si capacità resta l’atteggiamento ambiguo della Chiesa. «Per esempio Papa Francesco: trova il tempo per tutti, telefona a chiunque, riceve tante persone e persino oggi che purtroppo ha questa forma di bronchite che lo tormenta continua a ricevere gente».
La prima lettera con tutta la sua orribile vicenda Antonio la ha inviata a Santa Marta cinque anno fa. Era il 2020, poco prima di decidersi a fare la denuncia al Tribunale di Enna. «Naturalmente non accadde nulla». La seconda lettera al Papa è del marzo 2024, spedita dopo la sentenza di primo grado contro il sacerdote abusatore don Giuseppe Rugolo. «Ho allegato a Papa Bergoglio tutto il fascicolo dibattimentale, in modo che potesse farsi una idea personalmente, senza filtri. La stessa documentazione assai corposa la ho inviata, separatamente, anche al dicastero della Fede, a quello per il Clero e per i Vescovi». Anche in questo frangente dal Vaticano nessuno si è mai fatto vivo. «Mi hanno ignorato, sono un fantasma, come se valessi meno del niente». L’ultima lettera personale è stata consegnata – brevi manu – da una persona di fiducia a Papa Francesco durante il viaggio apostolico a Bruxelles, a settembre. «Silenzio anche stavolta».
Di recente il Vaticano ha spedito nella diocesi siciliana interessata al caso di abuso un visitatore apostolico per capire meglio la dinamica dei fatti e per redigere un rapporto. «Una misura che era dovuta ma, spiace dirlo, anche questa iniziativa da parte della istituzione vaticana arriva tardiva. La visita apostoica è, infatti, stata predisposta solo dopo il rinvio a giudizio del vescovo Gisana da parte del Tribunale». A complicare il quadro un particolare non indifferente. L’anno scorso Papa Francesco si era speso pubblicamente a favore di questo vescovo. In Vaticano, durante l’udienza ad un gruppo di fedeli siciliani, Bergoglio aveva commentato che Gisana era «bravo, questo vescovo è bravo. È stato perseguitato, calunniato ma lui fermo, sempre, giusto, un uomo giusto. Per questo, quel giorno in cui andai a Palermo, ho voluto fare sosta prima a Piazza Armerina, per salutarlo; è un bravo vescovo».
https://www.ilmessaggero.it/vaticano/antonio_messina_vittima_pedofilia_papa_francesco_abusi_vescovo_gisana_vaticano-8654862.html
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