Nelle foto della pagina web della Fidae, che Melis presiedeva in Liguria, lo scolopio appariva sorridente accanto al cardinal Bagnasco all’interno dei locali della Curia.
Sullo sfondo dei due in posa si vedevano poltroncine antiche imbottite e coperte di stoffa rossa, tappeti persiani, lampadari di cristallo, i ritratti dipinti dei precedenti arcivescovi e, ironia della sorte, una foto di papa Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, che è stato il primo pontefice a chiedere esplicitamente scusa alle vittime di abusi da parte di ecclesiastici e a incontrarle più volte, presentando la Chiesa in atteggiamento penitenziale.
Fino a ieri foto e testi erano visibile sul sito ligure della Federazione delle scuole cattoliche primarie e secondarie, ma oggi, pur permanendo visibile l’indirizzo, il contenuto della pagina non c’è più. È stato cancellato.
La vicenda degli arresti domiciliari per il padre scolopio ha determinato un forte imbarazzo nella Curia, che, non appena è venuta a sapere che il pm Federico Panichi aveva indagato il sacerdote per violenza sessuale su minorenne, prostituzione minorile e tentata violenza aggravata, lo ha sollevato da tutti gli incarichi e ha avviato «la procedura canonica prevista in questi casi, informando il competente Dicastero Vaticano», si legge in una nota di ieri dell’Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi.
Il «provvedimento tempestivamente adottato» si legge nell’ordinanza della gip Michela Catalano, pur avendo «certamente affievolito» le esigenze cautelari, non le ha annullate perché «non inibisce a Melis di circolare liberamente é di inseguire pertanto il suo istinto pedofilo». Sempre sull’ordinanza di legge che la modalità di approccio ai minori del sessantenne «non è connessa esclusivamente alla sua qualità di sacerdote e di insegnante, da cui è sospeso, ma anche alla sua capacità, acquisita proprio per effetto delle professioni svolte, di avvicinarsi ai minori, di farsi capire dagli stessi, ponendosi come loro amico e complice».
Andrea Melis è padre scolopio, cioè appartiene alla congregazione delle Scuole pie, ordine fondato a Roma nel 1617 da san Giuseppe Calasanzio, con il fine principale di educare e istruire i giovani. Infatti Melis era direttore della scuola elementare e della Fondazione Assarotti oltre che presidente della Federazione di scuole cattoliche primarie e secondarie. E in quei ruoli, come è normale, aveva grande facilità a incontrare bimbi e ragazzini anche fuori dal controllo dei genitori. Secondo le investigazioni dei Carabinieri ne ha approfittato per cercare di rastrellare potenziali giovanissime vittime.
«La pericolosità di Melis emerge proprio dalle modalità con cui ha agito – si legge nell’ordinanza del gip – approfittando della sua qualità di sacerdote, tale da ingenerare fiducia nei minori e indurli a mentire ai genitori; ha attirato i minori nei suoi appartamenti, tutti adiacenti a luoghi di culto e quindi ritenuti sicuri dai ragazzini; li ha letteralmente ricoperti di regali, facendoli accedere a tutto ciò che un adulto proibisce ai minori e cioè fumo e alcool, cominciando pian piano a sondare una loro eventuale disponibilità sessuale attraverso abbracci, bacetti sulle guance o sul collo».
Il sessantenne è riuscito nel suo intento almeno in un caso, quello del ragazzino che secondo il pubblico ministero ha ricevuto da lui parecchi soldi su una Postepay che l’indagato aveva consegnato al minore. La prima volta, la vittima aveva 13 anni. «Faceva quel che faceva… a me non piaceva ma non gliel’ho mai detto perché mi dava dei soldi» ha detto il ragazzino ai Carabinieri che lo hanno interrogato, confermando le violenze, proseguite fino allo scorso mese di giugno, quando è scattata la prima perquisizione a casa dello scolopio. Il minore ha detto di non essere stato costretto e di aver accettato le “attenzioni” del sacerdote per i regali che lui gli faceva. Nell’ordinanza del gip Milena Catalano si legge di «almeno 5 mila euro», una console Nintendo e altre cose costose, come gli abiti firmati. Da qui l’accusa di prostituzione minorile per il sacerdote, perché un minore non può essere consenziente.
Il primo contatto tra Melis e la vittima è avvenuto in parrocchia. I genitori si erano accorti che il sacerdote aveva una predilezione per il figlio, forse anche dei primi regali, quindi gli avevano raccomandato di non trovarsi mai da solo con lui e di non accettare alcunché. Ma le violenze erano già cominciate e non sono state interrotte, badando bene a non insospettire ulteriormente i genitori.
Quando il minore si è trasferito a Genova, lontano da controllo della famiglia, per frequentare le scuole superiori, il padre scolopio ha avuto campo libero. I dettagli si possono leggere nelle chat tra lui e la vittima, che il sacerdote sessantenne chiama “tesoro” e “amore”. Nella chat scorrono foto con espliciti contenuti sessuali e gadget erotici che nulla lasciano all’immaginazione.
Andrea Melis, oltre che per violenza sessuale e prostituzione minorile, è accusato anche di tentata violenza sessuale. Questo perché nelle chat gli investigatori hanno trovato le pressioni del sacerdote sui minori per tentare di incontrarli da soli, confermate nel corso degli interrogatori da alcuni di questi.
Lo scolopio, che abitava nella sede di via San Bartolomeo degli Armeni della onlus Fondazione Padre Assarotti, scuola paritaria per l’infanzia e primaria e istituto per sordomuti Onlus, cercava di attirarli nel suo domicilio per poi offrire loro anche alcolici, sigarette elettroniche, abbigliamento di marca e in qualche caso anche denaro nel tentativo di convincerli ad approcci di carattere sessuale, che cominciavano con baci sulle guance e sul collo.
Oltre che dai messaggi, l’attività di “dragaggio” di potenziali partner sessuali minori che si concedessero a lui è confermata anche da alcuni ragazzini oggetto delle sue malsane attenzioni. Uno dei minori ha detto ai Carabinieri da sapere da un compagno che Melis regalava sigarette elettroniche, raccomandando di non dire niente ai genitori. Ma uno di questi, un quindicenne, ha raccontato tutto e i genitori hanno subito denunciato. Il ragazzo aveva scritto al prete che non sarebbe andato di nuovo a casa sua da solo e che se fosse tornato a incontrarlo nel suo appartamento all’interno della struttura scolastica religiosa lo avrebbe fatto con un amico. «Non insisto – gli aveva scritto il sacerdote -, ma mi piacerebbe stare con te, chiacchierata, coccole, fammi sapere che mi organizzo». E al diniego di tornare da solo a casa sua, lo aveva accusato di non provare per lui «un’amicizia sincera e non solo interessata a tech e puff», cioè ai giochi tecnologici e alle sigarette elettroniche.
Tra i tanti ragazzi che il prete aveva cercato di adescare ce n’è stato uno che ha capito immediatamente a capito le intenzioni malsane del sessantenne e alle sue richieste, prima di bloccare il numero telefonico di Melis, ha risposto con un messaggio vocale molto chiaro «Sei un pedofilo, coglione, ti vengono a prendere a casa…». E così è stato.
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