Di Francesco Bertolucci – »Cosa vogliono fare Ue e Onu per fermare la violenza sessuale sui minori da parte degli ecclesiastici in Italia? « È la domanda che si pone Francesco Zanardi di Rete L’Abuso in una petizione presentata ai due organi sovranazionali. In Italia non esiste una commissione indipendente che registri il numero di persone colpite, come accade in Germania, Francia e Portogallo. Potrebbe essere il numero più alto mai registrato al mondo, e lo Stato italiano “farebbe finta di non sapere”, spiega Zanardi. Cosa intendono fare allora le due organizzazioni per “risolvere il problema italiano” e costringere l’Italia a “proteggere i minori dalla violenza sessuale, in particolare dagli abusi nelle chiese”?
A metà febbraio di quest’anno, l’associazione ha inviato un rapporto urgente alla Procura Generale e alla polizia, denunciando la situazione. «L’abbiamo fatto», spiega Zanardi, «perché in Italia non c’è un’inchiesta governativa che renda conto della portata del problema». Secondo il rapporto, in Italia ci sono 418 preti pedofili sparsi nella penisola, che rappresentano un numero potenziale di 30.000 vittime. “Tuttavia, questi dati non sono vincolanti in quanto il periodo di riferimento è di circa 13 anni e si basano sui reclami raccolti. Una possibile stima, basata su calcoli di altre organizzazioni straniere, va da 50.000 a oltre un milione di vittime, il numero più alto mai registrato a livello mondiale”.
Oltre al rapporto di Rete L’Abuso, l’unico altro rapporto ufficiale è quello preparato e pubblicato nel novembre 2022 dalla Conferenza episcopale italiana (CEI) sulla pedofilia nel clero italiano. Per il periodo dal 2020 al 2021 vi sono state registrate 89 vittime di 68 chierici. «A parte il fatto che più di un quarto delle diocesi non ha fornito dati, è ridicolo e non ha senso riferirsi solo al 2020/21», dice Michelangelo Ventura di Noi Siamo Chiesa, associazione che fa parte di Italy Church Too, un coordinamento contro la violenza nella chiesa. “Dovrebbero rendere accessibili gli archivi degli ultimi 50 anni e affidare le indagini a commissioni indipendenti”, chiede Ventura.
Come è avvenuto, ad esempio, in Germania, Francia e Portogallo. Nei tre Paesi europei commissioni indipendenti hanno indagato su migliaia di casi, anche grazie all’apertura degli archivi da parte della Chiesa. In Portogallo, dove ora ci sono circa 4.000 sacerdoti, la commissione indipendente coordinata dal neuropsichiatra infantile Pedro Strecht ha registrato un “numero minimo” di 4.815 vittime tra il 1950 e il 2022. In Germania, invece, secondo la commissione delle Università di Mannheim, Heidelberg e Giessen, tra il 1946 e il 2014 3.677 minori hanno subito violenze sessuali da parte di 1.670 ecclesiastici, che corrispondono al 4,4 per cento del clero tedesco. La Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa francese (Ciase), presieduta dall’ex vicepresidente del Consiglio di Stato Jean-Marc Sauvé, è giunto alla conclusione alla fine del 2021 che negli ultimi 70 anni il tre per cento del numero totale stimato di preti francesi aveva commesso violenze pedofile. Ciò equivale a circa 3.000 sacerdoti con una media di 72 vittime per sacerdote e un numero potenziale di 216.000 vittime.
Oggi in Francia ci sono circa 14.000 sacerdoti, rispetto ai circa 29.000 del 1995. In Germania, il numero è sceso da circa 18.000 nel 1997 a 12.000 oggi. In Italia, il Paese con più sacerdoti al mondo, il numero è sceso dai circa 50.000 dei primi anni 2000 (compresi sacerdoti diocesani e religiosi) ai circa 43.000 di oggi (compresi i diaconi permanenti). È difficile fare ipotesi sul numero di persone colpite dalla violenza, ma statisticamente c’è poco da accontentarsi. Per ottenere chiarezza, dovresti sollevare il coperchio. “In Germania e in Francia la Chiesa ha istituito un fondo per le vittime rispettivamente di 40 e 20 milioni di euro”, ha proseguito Ventura.
La Chiesa è testarda
Lorenzo Ghizzoni, presidente dell’Ufficio per la tutela dei minori della Cei, ha detto al convegno “Dalla parte delle vittime” del 19 novembre alla Pontificia Università Lateranense che organismi di ricerca indipendenti “hanno fatto del male” e che “non istituiremo una commissione nazionale formata da persone che non sanno nulla della vita della Chiesa”. Non faranno “proiezioni o campionature di dati, come si fa in altri ambiti ecclesiali, con numeri che fanno piacere a chi vuole seminare zizzania”, e hanno precisato che il caso di “un prete che abusa una sola volta, magari perché ubriaco o perché provocato in situazioni provocatorie, non è così grave come quello di un molestatore seriale”.
La chiesa italiana dovrebbe fare quello che hanno fatto le chiese tedesca, portoghese e francese: aprire gli archivi e consegnarli a una commissione indipendente. La richiesta di un fondo a favore delle vittime e l’introduzione obbligatoria di un certificato antipedofilia anche per sacerdoti e volontari che lavorano nella chiesa, come previsto dalla Convenzione di Lanzarote adottata dal Consiglio d’Europa e ratificata dal governo italiano, sono altri due punti della petizione di Rete L’Abuso.
Inoltre, c’è la richiesta di un’estensione dell’obbligo di denuncia e dell’abolizione della prescrizione, come sta già accadendo in altri Paesi – “uno dei nostri grandi problemi”, spiega Zanardi. Alcuni esperti affermano che solo il dieci per cento delle persone colpite sporge denuncia. Di per sé, questo sarebbe già un numero che lascia spazio a un gigantesco numero potenziale di casi non denunciati. «Aggiungete a ciò il fatto che possono volerci molti anni prima che la persona abusata si renda conto di aver subito abusi», spiega l’avvocato Mario Caligiuri, specializzato in questi casi e che lavora a Rete L’Abuso. Il fatto che in Italia un delitto violento possa cadere in prescrizione se non viene denunciato è una spada di Damocle sospesa sulla testa delle vittime. Poi ci sarebbe il problema dei referenti diocesani, allestito dalla chiesa come luogo di ascolto. “Una buona cosa in realtà”, dice Caliguri. “Ma è una politica che equivale a una scusa per l’efficienza della chiesa, che sola può controllare e affrontare questo fenomeno.” Ma la chiesa non può essere lasciata sola ad affrontare questi crimini. E lo Stato italiano fa “come se non sapesse niente”.
La maggior parte delle denunce delle vittime inizia con “l’ho denunciato alla parrocchia”, come ha detto una ragazza sarda, oppure “mi sono alzata e sono andata al referente diocesano”, come ha messo a verbale un ragazzo siciliano. «Non che sia brutto dirlo alla parrocchia, ma nessuno di loro va direttamente dai carabinieri», puntualizza Caliguri. Una soluzione “interna” che è al vaglio anche del Vaticano: il “Motu proprio Vos Estis Lux Mundi” di papa Francesco del 2019 sancisce l’obbligo di “denunciare immediatamente gli abusi al funzionario ecclesiastico”, ma non alla magistratura italiana. “La chiesa insiste nel non rendere obbligatoria la denuncia alle autorità civili”, ha detto l’avvocato, “ma se vogliono guadagnare credibilità, sarebbe il primo
«Nelle diocesi», aggiunge Zanardi, che ha vissuto in prima persona violenze sessualizzate a undici anni, «le testimonianze vengono raccolte con l’accordo di non pubblicare i dati». “Ci si va in nome di Dio, ma in realtà finisce tutto negli archivi delle diocesi. E non te ne daranno una copia. C’è un avvocato della chiesa nell’archivio che spesso copre tutto o che può quindi utilizzare le tue dichiarazioni in tribunale. Non sei obbligato a segnalarlo, lo stai gestendo internamente.
dopo la violenza
Una denuncia prima alla chiesa e poi ai tribunali viene fatta per motivi psicologici. Il prete è una figura autoritaria di cui la vittima si fida ciecamente, così come si fidano di lui i genitori. “Il trauma derivante dalla violenza sessualizzata”, spiega Sara Simona Racalbuto, psicologa clinica e psicoterapeuta del Poliambulatorio Bambi dell’Ospedale Regina Margherita di Torino, “trova il suo potere distruttivo nelle relazioni in cui l’uomo tende per natura a fidarsi e affidarsi”. L’aggravante dal punto di vista psicologico è proprio la confusione “che nasce da questo tipo di rapporto, in cui la vittima si sente in colpa ed è emotivamente attaccata all’autore del reato’. Esiste un patto non esplicito per tradire l’autore e anche i genitori o altri tutori adulti che non sono autori.
«Certamente», sottolinea Zanardi, «c’è il problema dei Patti Lateranensi che Mussolini stabilì nel 1929. Esse affermano essenzialmente che interrogato da un giudice su un delitto commesso da un suo sacerdote, il vescovo ha il diritto di non rispondere se ritiene che la questione sia riservata al suo ufficio. Ci dovrebbe essere l’obbligo di terminare e modificare i Patti Lateranensi”.
In particolare, Zanardi fa riferimento all’articolo 4 dei Patti Lateranensi, che testualmente recita: “Gli ecclesiastici non saranno tenuti dai giudici o da qualsiasi altra autorità a fornire informazioni su persone o cose di cui abbiano conoscenza in virtù del loro ministero”. “La Costituzione – precisa Piercamillo Davigo, già Presidente della 2a Sezione di primo grado della Suprema Corte di cassazione ed ex componente del Consiglio superiore della magistratura – affermava che le modifiche consensuali ai Patti Lateranensi non richiedono modifiche costituzionali. Quindi chi non ha un accordo ha bisogno di una procedura di revisione costituzionale”.
Poiché gli ecclesiastici non sono né dipendenti pubblici né incaricati di pubbliche cariche, l’obbligo di denunciare i reati contro la persona non li riguarda. L’ex giudice e sostituto procuratore del tribunale di Milano, Piero Forno, divenuto noto come il “procuratore minori”, ritiene dunque che la violenza sessuale sui minori debba appartenere alla categoria dei reati “che ogni cittadino deve denunciare se ne viene a conoscenza”. Non è come “dobbiamo inventare qualcosa”, spiega. “Non ci resta che modificare l’articolo 364 del codice penale”, che recita: Il cittadino che, dopo essere stato condannato per un delitto contro la personalità dello Stato (delitti diretti a violare la sicurezza dello Stato, l’ordine costituzionale e le forme istituzionali che li attuano,jW ) per i quali la legge prevede la pena di morte o l’ergastolo non lo denuncia immediatamente alle autorità sarà punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da 103 a 1.032 euro.
“Basterebbe aggiungere all’articolo qualcosa come ‘reati contro i minori’, cioè H. violenza o abuso sessuale”, spiega Forno, riferendosi alla Francia. “Il cardinale Philippe Barbarin è stato condannato lì e poi è scaduta la prescrizione per aver coperto un parroco che ha molestato un centinaio di ragazzi nella sua parrocchia. Lo sapeva, lo ha catturato e trasferito. In quanto cittadino, però, aveva il dovere di denunciarlo. In Italia non esiste tale obbligo». Così facendo, non violerebbe nemmeno il cosiddetto segreto professionale, tutelato dall’articolo 200 del codice di procedura penale. Afferma che i sacerdoti non possono essere costretti dalle comunità religiose a testimoniare su ciò che sanno a causa del loro ufficio. Forno quindi vede l’unica via istituire “un principio generale del cittadino”. Perché poi è «difficile per un sacerdote affidarsi al segreto professionale. Il segreto professionale è essenzialmente legato al sacramento della confessione. Non ci sono eccezioni. Se vado a confessare un delitto, per quanto grave, non può dire: vado dai carabinieri. La legge non prevede alcun obbligo». L’unica possibilità sarebbe quella di obbligare tutti i cittadini non solo a denunciare reati contro la personalità dello Stato, ma anche abusi e violenze sessualizzate sui minori.
https://www.jungewelt.de/artikel/455346.kirche-und-gewalt-kein-internes-problem.html
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