Settecento chilometri in bicicletta, da Monaco di Baviera a Roma, per chiedere a Papa Francesco un impegno ancora maggiore nel contrastare gli abusi sessuali nella Chiesa cattolica: si è concluso oggi a piazza San Pietro, in occasione dell’udienza generale, il pellegrinaggio di un gruppo di nove persone, uomini e donne, che da bambini o ragazzi sono stati vittime di “sacerdoti, religiosi e religiose”, e che ora hanno consegnato a Francesco una lettera nella quale gli chiedono di dare un “chiaro segnale” ai vescovi “che non hanno adempiuto alle loro responsabilità e che, in una certa misura, non lo fanno ancora oggi”.
“Ci ha ascoltato e credo che abbia capito quel che volevamo dirgli”, spiega Richard Kick. L’incontro col Papa, in piazza subito dopo la catechesi, è durato più del previsto, una ventina di minuti, e il gruppo di sopravvissuti ha parlato in tedesco con Bergoglio, che conosce la lingua per aver studiato alcuni anni in Germania. Kick è stato abusato quando era giovane, il suo abusatore non è mai stato sanzionato: l’uomo lo ha denunciato al cardinale Reinard Marx, arcivescovo di Monaco di Baviera, nel 2010, solo nel 2017 è arrivata una risposta della congregazione per la Dottrina della fede, secondo la quale i tempi erano prescritti. “Dal 2017 non è successo niente, e lui è morto nel 2019”, racconta Kick. Marx in passato ha tentato senza successo di rassegnare le dimissioni denunciando il fallimento personale e istituzionale di fronte alla crisi degli abusi.
Bergoglio: “E’ difficile”
Nel colloquio con il Papa, “gli abbiamo chiesto cosa succederà in futuro ai preti colpevoli, se verranno puniti. Lui ha riflettuto, ha riflettuto, ha riflettuto, e poi ha detto: è difficile, è molto difficile”, racconta il portavoce del gruppo. “Credo che sappia perfettamente cosa dovrebbe fare la Chiesa, ma non credo che lo possa realizzare. Credo che molti vescovi non siano interessati, dicono “queste persone sono anziane, prima o poi moriranno, la questione passerà e non facciamo niente”. Secondo Kick, “la Chiesa non ha idea di cosa fare, e per questo dobbiamo essere noi a proporre cosa la Chiesa dovrebbe fare. Se non diciamo noi cosa è importante, non succede niente. E penso che anche lo Stato debba prendersi le sue responsabilità di fronte alla Chiesa”.
“I primi passi non bastano”
“Vogliamo incontrarla guardandoci negli occhi”, si legge nella missiva consegnata al Papa e diffusa dall’arcidiocesi di Monaco e Frisinga. “Ci aspettiamo che facciate tutto ciò che è in vostro potere per assicurare che in tutti gli angoli della Chiesa universale la questione degli abusi sessuali e spirituali sia vista, affrontata e impedita attraverso adeguate misure preventive. I primi passi sono stati fatti, ma dal nostro punto di vista è ancora necessario un impegno forte e chiaro di tutte le persone responsabili all’interno della Curia e nelle diocesi della Chiesa universale. Inoltre, è necessario inviare un chiaro segnale ai perpetratori e ai vescovi che non hanno adempiuto alle loro responsabilità e che, in una certa misura, non lo fanno ancora oggi”.
La tappa a Bolzano con Marx
Il pellegrinaggio in bicicletta, iniziato nel capoluogo della Baviera sabato 6 maggio, è intitolato “Siamo in cammino! Chiesa, ti unisci a noi?”. Il cardinale Reinhard Marx ha incontrato il gruppo in una tappa intermedia a Bolzano, insieme al vescovo della città altoatesina, Ivo Muser. La diocesi di Bolzano-Bressanone è, in Italia, tra le primissime in Italia ad avere intrapreso iniziative per il contrasto e la prevenzione della pedofilia del clero, con un servizio specialistico diretto dal sacerdote e psicologo Gottfried Ugolini. Scendendo lungo l’Italia il gruppo ha incontrato altri due vescovi italiani, a Trento e Verona. I partecipanti al pellegrinaggio incontreranno domani padre Hans Zollner all’istituto di Antropologia della Pontificia università Gregoriana. Secondo Richard Kich, non c’è grande differenza tra Italia e Germania: “In Germania c’è più attenzione sul tema, i media ne parlano, ma i vescovi sono come quelli italiani: molti parlano, ma non fanno nulla, anche in Germania”.
Ciò che accomuna i partecipanti al pellegrinaggio, si legge nella lettera, “è la terribile esperienza di abusi subiti da bambini e giovani per mano di sacerdoti, religiosi e religiose. Uomini e donne al servizio della Chiesa hanno inflitto gravi violenze fisiche, sessuali e psicologiche alle persone affidate alle loro cure, spesso ferendo profondamente e distruggendo anche l’anima dei giovani. Il messaggio del Vangelo è stato pervertito dagli autori e dalle autrici dei reati. Le vittime soffrono ancora oggi le conseguenze e la loro vita ne è ancora influenzata e limitata in modi e intensità diverse. Ciò che li accomuna è il cuore ferito, la grande ferita della vita che fa male giorno dopo giorno”. I sopravvissuti agli abusi hanno regalato al Papa una opera dell’artista tedesco Michael Pendry che raffigura un cuore. “Egli guarisce il cuore spezzato e fascia le ferite”, scrivono citando il salmista: “Le vittime di abusi e violenze dell’arcidiocesi di Monaco si rivolgono a Lei, Santo Padre, con il cuore aperto e allo stesso tempo ferito”.
I rapporti nella Chiesa tedesca
La diocesi di Monaco di Baviera, come diverse altre diocesi tedesche e, prima ancora, la conferenza episcopale a livello nazionale, ha commissionato negli anni scorsi analisi indipendenti che hanno portato alla luce migliaia di abusi compiuti nel corso dei decenni a danno di minorenni. E’ stato messo in discussione anche il ruolo di Joseph Ratzinger, il futuro Benedetto XVI, arcivescovo di Monaco dal 1977 al 1982. Proprio a partire dalla crisi degli abusi, peraltro, la Chiesa tedesca – vescovi e laici insieme – hanno avviato un “percorso sinodale” che ha voluto affrontare alcune questioni di fondo – morale sessuale, celibato obbligatorio, ruolo delle donne – che hanno suscitato più di un’appresione a Roma. “Ad ogni nuova notizia nei media sugli abusi nel contesto della Chiesa, ad ogni report di esperti che viene prodotto nelle diocesi della Chiesa universale e che rivela le azioni crudeli di sacerdoti e religiosi, così come il fallimento e l’insabbiamento dei responsabili, le cicatrici si riaprono e le ferite ricominciano a sanguinare”, scrivono ora le vittime nella lettera al Papa. “Eppure, ci sono persone vittime di abusi che non vogliono e non possono chiudere definitivamente con la “loro chiesa” e con la fede, che continuano a sperare e ad aspettarsi che i responsabili della Chiesa cattolica affrontino con coerenza e decisione gli abusi del passato e facciano di tutto per garantire che la Chiesa sia un luogo sicuro per i bambini e i giovani, dove possano sperimentare la bellezza e la liberazione del messaggio di Gesù Cristo”.
Alla fine dell’incontro papa Francesco “ci ha detto di pregare per lui e che lui avrebbe pregato per noi. Ma credo che pregare non basti”, commenta Richard Kick. “Penso che dovrebbero essere i vescovi a venire da noi, non noi che veniamo, bussiamo alla porta, chiediamo aiuto. Dovrebbe essere la Chiesa a venire da noi e domandarci: cosa possiamo fare per voi vittime? Questo non succede in Germania e non succede neanche qui”.
https://www.repubblica.it/cronaca/2023/05/17/news/vittime_abusi_sessuali_bicicletta_da_monaco_a_roma_papa-400507708/
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