La vicenda parte da Francofonte, in provincia di Siracusa, e esplode in Vaticano dopo l’espulsione di John Abruzzese, canonico della basilica papale di Santa Maria Maggiore, espulso per decisione del sostituto della Segreteria di stato della Santa sede Pena Parra perché il prelato divideva ancora l’alloggio con lui (oggi appena maggiorenne).
Abruzzese, originario di Boston, viene convocato nell’ufficio del Commissario straordinario della basilica, monsignor Rolandas Makrickas. Ad attenderlo trova l’arciprete della basilica, il cardinale Stanistaw Rylko, e il suo vicario, l’arcivescovo Piero Marini, che gli consegnano la lettera. Licenziato su due piedi. Il motivo non viene dichiarato ma – come riporta Domani – dalle parole si lascia intendere che Abruzzese, all’interno della basilica vaticana, divide l’alloggio con un ragazzo appena maggiorenne. Il ragazzo, R., ha alle spalle una terrificante storia di pedofilia che lo ha accompagnato tutta la sua vita ma soltanto da poco si è deciso a denunciare.
In Vaticano, dove dopo quarant’anni ancora brucia il mistero di Emanuela Orlandi, sembra che queste storie di abusi siano una normale presenza. Il provvedimento nei confronti di Abruzzese è preso seguendo l’articolo 11 dello statuto di Santa Maria Maggiore, che prescrive dopo tre ammonizioni scritte l’allontanamento dalla basilica del canonico “che conduca uno stile di vita che non corrisponde alla dignità e alla disciplina del capitolo”. Dopo i ripetuti e disattesi richiami dell’arciprete della basilica “anche in presenza di testimoni”, si legge nella lettera, il sostituto si vede costretto a destituire Abruzzese e contestualmente gli ricorda che “non potrà più godere del titolo e dei benefici annessi al canonicato”.
Due settimane dopo la convocazione avvenuta la prima settimana di febbraio 2022, Abruzzese si appella al Papa contro questa decisione, da cui si definisce “gravemente offeso e ingiustamente giudicato e permanentemente penalizzato” contestando il fatto che, nella lettera di monsignor Pena Parra, non viene specificato il motivo della “terribile decisione”. L’unica ammissione “sotto giuramento” è quella di aver ricevuto alcuni mesi prima quando, in presenza dell’arciprete della basilica e dell’arcivescovo Marini, gli è stato chiesto di congedare R., “ma senza ammonimento canonico”. Richiesta che sostiene di aver ottemperato.
Nel reportage di Domani viene svelata una verità sconcertante: Abruzzese, che oggi ha 74 anni, da bambino è stato chierichetto di ‘Johnny l’Allegro’, come veniva chiamato padre John Gheogan, il prete pedofilo condannato nel 2002 per violenza su minori e ucciso l’anno seguente in carcere. Gheogan, abusatore seriale a cui sono state attribuite 130 vittime in trent’anni di sacerdozio, ha fatto da detonatore al primo grande scandalo sulla pedofilia nella chiesa cattolica, portato all’attenzione internazionale dall’inchiesta del Boston Globe e da cui nel 2016 è stato tratto il film Il caso Spotlight. Il cardinale Bernard Francis Law, all’epoca arcivescovo di Boston, aveva sempre taciuto, limitandosi a spostare di parrocchia in parrocchia lo scomodo padre John e altri preti pedofili. Inoltre lo stesso Law, mai ripudiato dalla Chiesa, nel 2004 è nominato arciprete proprio di Santa Maria Maggiore, stessa basilica dove anni dopo hanno convissuto Abruzzese e R..
R. ha solo nove anni quando il padre muore e la madre va a lavorare al nord, lasciando lui e suo fratello da soli con la nonna e seguiti dai servizi sociali. Inizia a far il chierichetto e il prete della chiesa di paese adocchia subito il ragazzino vulnerabile, ne conquista presto la fiducia e lo invita a casa sua. Prima lo costringe ad avere un rapporto orale e poi lo congeda con 25 euro. Pochi giorni dopo il prete porta il bambino nella sua casa di campagna, dove ha una grande piscina, e lo stupra perla prima volta. Le violenze vanno avanti per nove anni, fino alla sua maggiore età.
R. dichiara di aver vissuto sotto il controllo totale di questo prete, in uno stato di soggezione fisica e mentale che lo ha più volte portato in ospedale per crisi di ansia o tentativi di suicidio fino al 22 marzo 2021 quando si rivolge alla giustizia ecclesiastica, e il giorno successivo a quella civile. “Mi copriva di regali e trascorrevo le notti in sua compagnia dormendo nello stesso letto con lui”, scrive nella memoria che consegna al vescovo al momento della denuncia. Nel 2015 fa con il prete “un lungo tour turistico perle coste siciliane, vivendo praticamente con lui giorno e notte”. Il sacerdote gli fa anche scaricare Grindr, una app per incontri gay, e lo usa come esca per contattare altri uomini. R. riesce ad allontanarsi ma viene comunque raggiunto rientrando nell’orbita del prete che da un lato lo umilia dicendogli che è “un incostante cronico, un irrisolto, un inconcludente”, dall’altro gli propone di incontrare un sacerdote di Chieti, suo amico e preside di una scuola privata, che lo potrebbe aiutare a prendere il diploma. Non gratis, ovviamente: “Il prezzo da pagare sarebbe stato la mia disponibilità a ogni prestazione” scrive R..
Anche quando è a Catania in pieno lockdown il prete torna a farsi vivo e chiedere al ragazzo prestazioni sessuali via cellulare in cambio di denaro. Un tira e molla che si interrompe soltanto quando R. denuncia i nove anni di abuso a marzo 2021 proprio quando, insieme a monsignor Abruzzese, vive nella basilica di Santa Maria Maggiore. Cunzolo Salvatore
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