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GENOVA: La CDF (Vaticano) revoca a Bagnasco l’incarico per il processo a don Castagneto e lo passa a Torino

Francesco Zanardi by Francesco Zanardi
21 Ottobre 2020
in Il punto della Rete L'ABUSO
Reading Time: 10min read
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Home Il punto della Rete L'ABUSO
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La lunga mano di Dio, o almeno di chi in terra agisce in suo nome. Dagli atti che andrò ad esporre, estratti dal fascicolo reso dalla Procura della Repubblica di Genova nell’indagine avviata dalla Rete L’ABUSO nei confronti di don Franco Castagneto , ex parroco di Sori, per cui la Procura in data 21 settembre 2020 ne chiede l’archiviazione per intervenuti termini di prescrizione.

Gli atti che esporrò sono redatti dall’ex Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, card. Angelo Bagnasco. Nelle sue missive con la Congregazione per la Dottrina della Fede espone la sua istruttoria durata 4 anni, come vedremo, con molte contraddizioni, che forse ha notato anche il Prefetto della Congregazione, poiché dopo averlo delegato a celebrare un processo penale canonico nei confronti di don Castagneto, il 18 luglio 2019, improvvisamente gli revoca la delega a procedere e trasferisce il processo a Torino.

Di Francesco Zanardi

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È l’11 novembre del 2018 quando il cardinale Angelo Bagnasco scrive al Vaticano, per l’esattezza a s.e. Luis Francisco Ladaria Ferrer, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (che da qui in poi abbrevierò con CDF), il massimo vertice di quell’organo preposto proprio a trattare i casi di violenza sessuale da parte di chierici, reato però che come insistentemente leggerete nei carteggi, per la chiesa non è un crimine contro la persona, ma semplicemente un’offesa a Dio, basata sul 6° comandamento del decalogo; “non commettere atti impuri”.

In quella missiva dell’11 novembre 2018, Bagnasco comunica alla CDF il caso di don Franco Castagneto sottolineando che “si tratta di una situazione pregressa di cui non ero al corrente, che ha richiesto tempo per verificare la consistenza del “fumus” riguardante episodi di molti anni fa, e che sembra non si ripetano dal 1998.”

Tuttavia, già dal primo allegato che Bagnasco invia sotto forma di relazione, emerge chiaramente che forse lui non sarà stato al corrente di cosa accadeva nella diocesi che ha guidato dal 2006, ma la vicenda, è da tempo arrivata persino in Vaticano.

Al paragrafo 1) si legge “verso la fine del 2014 mi fu inviata dalla Santa sede...” e conclude affermando “non ritenni di dover procedere.”

 Al paragrafo 2) continua affermando che “il 17 marzo 2016 sono venute in udienza tre persone per rappresentarmi voci di quegli anni che circolavano ogni tanto in parrocchia.”

“Il 21 marzo ho convocato don Castagneto per informarlo e chiedere conto: disse che erano voci, e che a volte era stato superficiale in qualche comportamento, ma che erano cose molto lontane e comunque superate”

“Il giorno 4 aprile si è presentato uno dei tre giovani Xxxx  per una deposizione, presente anche S.E. mons. Nicolò Anselmi. I fatti sono circostanziati nella fattispecie e negli anni. Anche lui ha dichiarato la sua preoccupazione perché don Franco possa ancora nuocere.”

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Malgrado tutto, il cardinal Bagnasco si limita a fare qualche domanda ai suoi ex parrocchiani di Albaro ma non raccoglie alcuna preoccupazione, “al contrario, ho sentito apprezzamento e gratitudine per la sua dedizione. Inoltre, sono trascorsi dai fatti più di vent’anni.”

A preoccupare molto di più il cardinale sembrerebbe l’immagine della chiesa, puntualmente anteposta alla salute di chi la frequenta, nello stesso allegato, al paragrafo 3) commenta “una parrocchiana – oggi residente in omissis – avrebbe scritto la bozza di un libro dove racconterebbe la vicenda con nomi e luoghi di fantasia.”

Conclude la relazione senza una sola parola di rammarico per le vittime per quanto, anche se pregresso, è emerso e conclude: “consegno a codesta congregazione quanto emerso e chiedo indicazioni di merito.” Genova 10 novembre 2018.

Sono passati già quattro anni dalla prima segnalazione che Bagnasco ha ricevuto dal Vaticano nel 2014…

Il cardinal Bagnasco sembra non sapere e non commenta nella relazione (istruttoria) il fatto che in parrocchia ad Albaro, il Castagneto ha allestito una sorta di dormitorio maschile, che G. F. si sarebbe suicidato “in circostanze poco chiare”. Tutte informazioni che abbiamo raccolto durante l’indagine e che confermerà alla Polizia anche il sacrestano di Albaro , forse l’unica persona alla quale Bagnasco avrebbe dovuto chiedere.

Gli ospiti, tutte persone problematiche e bisognose, soggetti fragili e costretti a una forte sudditanza del Castagneto. Lo stesso sacrestano è uno di questi soggetti. Quando gli inquirenti lo interrogano, emerge chiarissimo l’interesse di coprire il Castagneto che esterna alla P.G. (Polizia Giudiziaria) che nella sua relazione all’A.G. (Autorità Giudiziaria) scrive ”nel marzo (2019) don Franco intercedeva con la curia di Genova per fargli  assegnare un appartamento disponibile nella canonica della parrocchia”, facciamo notare che in quella data, il Castagneto era già stato sentito dall’Autorità ecclesiastica (21 marzo 2016) e sapeva di essere indagato.

La P.G. aggiunge nella relazione inviata all’A.G. “seppur molto preoccupato per la sua posizione lavorativa, manifestando un forte disagio dovuto all’ansia di dover rispondere alla domande della Polizia, sottolineava e ribadiva più volte di essere solo a conoscenza di quanto sembrerebbe accaduto a Sori ma specificava di non aver sentito alcuna voce malevola o raccolto alcuna lamentela da parte dei parrocchiani che conoscevano don Franco.”

La risposta della CDF alla relazione di Bagnasco dell’11 novembre arriva sollecitamente e il 27 novembre 2018 è mons. Matteo Visoli a comunicare a Bagnasco di aver ricevuto la missiva e gli comunica che da ora in poi, tutte le successive comunicazioni sul caso dovranno essere contrassegnate con il numero di protocollo 746/2018.

Il 7 gennaio 2019, è l’arcivescovo Giacomo Morandi che in via istituzionale e per conto della CDF comunica a Bagnasco, oltre all’apertura di un procedimento penale, le gravissime accuse imputate a don Castagneto.

È il 19 marzo del 2019 quando Bagnasco invia al Vaticano (CDF) una seconda relazione su don Castagneto nella quale, a differenza della prima, in cui il sacerdote minimizzando negava i fatti, in questa è lo stesso cardinale a scrivere “nella relazione – alla luce della sostanziale ammissione da parte di don Franco – presento una proposta per la Sua valutazione e per ricevere ulteriori indicazioni. “

Nella sostanza, con questa missiva Bagnasco sembra cerchi di salvare il prete tentando “anziché un processo giudiziario, potrebbe essere sufficiente un intervento diretto del vescovo (lui stesso) assistito dal vicario.” Nel frattempo, anche se questo non è un reato, ma una cosa che dovrebbe far accapponare la pelle almeno ai fedeli di Albaro, propone per don Castagneto, (malgrado i reati che lo stesso cardinale documenta) che si lasci celebrare ugualmente le prime comunioni e le cresime, poi, con una scusa “forte stanchezza”, di trasferirlo. Più avanti vedremo dove.

Altra grande incoerenza che salta all’occhio al punto 4) della proposta del cardinale, è l’affidamento ad un “ottimo psicoterapeuta“.

La domanda sorge spontanea; se don Franco dal 1998 non ha più reiterato i crimini come il cardinale e a suo dire i parrocchiani sostengono fermamente, perché mai 21 anni dopo, si dovrebbe mandare un uomo “guarito” in una comunità di recupero religiosa e farlo seguire da un ottimo psicoterapeuta?

Ma qualcosa va storto, forse la CDF non ha gradito la proposta di Bagnasco, questo non lo sappiamo e non si evince nella lettera formale del 18 luglio 2019 che la CDF invia al cardinale, tuttavia qualche motivo spinge il massimo vertice, Luis Francisco Ladaria Ferrer, a revocare il mandato del 7 gennaio 2019 a Bagnasco e ordina la trasmissione di tutti gli atti, al Tribunale Penale Canonico di Torino. Solo due mesi dopo, l’8 maggio del 2020 il cardinale Angelo Bagnasco andrà ufficialmente in pensione.

La risposta di Bagnasco.

 

Il mese di agosto 2019 nella parrocchia di Albaro, sembra essere un’estate più calda che mai. Il 5 agosto il cardinal Bagnasco comunica alla CDF che don Franco Castagneto ha lasciato la parrocchia e con il consenso del vescovo di Casale, è stato trasferito presso il Santuario della Madonna di Crea.

Anche se nelle dichiarazioni contenute nelle relazioni di Bagnasco don Castagneto non avrebbe più reiterato i crimini, il cardinale motiva il trasferimento presso il Santuario perché il diacono dott. Hermes Marco Luparia, possa prendersi cura di lui nell’immediato, essendo la comunità di recupero di Roma alla quale è destinato, chiusa fino a settembre.

Pur non comprendendo i motivi per i quali Bagnasco solo adesso ritenga che don Castagneto non possa aspettare soli 25 giorni (siamo al 5 di agosto) fino alla riapertura della comunità di Roma e debba essere supportato con tanta urgenza per fatti che non avrebbe più reiterato dal 1998, verso la metà di settembre, viene recapitata alla Rete L’ABUSO una lettera anonima nella quale ci comunicano che c’è un processo canonico  in corso – quello documentato sopra  –  e l’accusa rivolta al cardinale Angelo Bagnasco di nascondere il Castagneto.

Per quanto riguarda Albaro, le prime indagini furono un buco nell’acqua. Cercammo di raccogliere indiscrezioni in una domenica di fine settembre, domandammo notizie ai fedeli che uscivano dalla messa, ma trovammo solo bocche cucite, qualcuno addirittura sosteneva di non conoscere neppure don Franco, parroco per 21 anni in quella chiesa.

Dopo giorni di indagini, prima affiancato dal giornalista Ferruccio Sansa, poi da Alessandro Tesei, recuperammo i nominativi di alcuni ex ospiti del dormitorio allestito da don Franco in canonica, presunte vittime o forse semplici testimoni. Di fatto erano tutti spariti da Albaro insieme a don Franco, irrintracciabili persino dalla Polizia Giudiziaria .

Ho deciso di pubblicare e articolare questa l’istruttoria del cardinale Angelo Bagnasco con questo episodio  –  non differente da tanti altri – nel quale si evince alla luce della documentazione in nostro possesso, che malgrado quanto papa Francesco abbia modificato nelle nuove procedure dal 2013 a oggi, purtroppo il risultato resta sempre il medesimo. Chi commette i reati di fatto resta impunito, al massimo viene spretato. Chi invece li subisce, anche nel caso non ci siano insabbiamenti, resta di fatto senza alcuna giustizia.

Come documentò anche Ferruccio sansa durante l’indagine, già nel 1998, a seguito delle denunce fatte alla diocesi di Genova dai soresi nella metà degli anni 90, vi fu un’istruttoria guidata da Alberto Tanasini – attuale vescovo di Chiavari – con la collaborazione di Nicolò Anselmi, fino a metà del 2020 vescovo vicario proprio del cardinale Angelo Bagnasco. Con loro anche Guido Marini che è cerimoniere del papa dal 2007.

Per quanto sia vero che in quell’epoca Bagnasco non fosse ancora al timone della diocesi – all’epoca dirigeva il cardinale Dionigi Tettamanzi – la documentazione prodotta e i fatti di Sori, erano già documentati dal 1998 e per tutti questi anni nella disponibilità dei vescovi che si sono succeduti, oltre che nella conoscenza di chi aveva raccolto all’epoca le denunce.

L’istruttoria della Rete L’ABUSO, sull’istruttoria di Bagnasco che avrebbe dovuto istruire il processo penale canonico nei confronti di don Franco Castagneto, poi revocato dalla CDF all’Arcidiocesi di Genova e trasferito a Torino, dove ci si augura abbiano fatto una nuova istruttoria meno ventennale e più approfondita della precedente, purtroppo non vede un’istruttoria sul Cardinale da parte della CDF, che di fatto revoca il mandato.

L’istruttoria dell’Arcidiocesi di Genova però agli atti, in qualche modo viene presa per buona (o in queste circostanze è la legge ad imporlo) dalla procura di Genova, che non va oltre ed archivia, ma c’è un motivo.

Qualcuno potrà criticare la giustizia civile di non aver fatto abbastanza, ma qui il braccio della legge è molto corto, oltre alla prescrizione, inadeguata ad un crimine come la pedofilia, ovvero “l’omicidio psichico” di chi la subisce, esistono nei Patti Lateranensi accordi tra Stato e Chiesa che limitano moltissimo l’intervento della magistratura, al punto di doversi rimettere a due relazioni della chiesa (e non alla documentazione agli atti della chiesa – la testimonianza delle vittime – ma un surrogato) di un procedimento che la stessa chiesa revocherà al relatore (Bgnasco) e istruirà in un’altra diocesi.

Tra questi all’art. 4, punto 4) Gli ecclesiastici non sono tenuti a dare a magistrati o ad altra autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero.

Nel protocollo addizionale, punto 2) par. b) La Repubblica italiana assicura che l’autorità giudiziaria darà comunicazione all’autorità ecclesiastica competente per territorio dei procedimenti penali promossi a carico di ecclesiastici.

Accordi che da sempre chiediamo al Governo di modificare, come avvenne per mano di Craxi nel 1984, anche oggi basterebbe rivedere il concordato.

Lo sostiene anche il Comitato per la tutela dell’infanzia delle Nazioni Unite, al punto 21 delle raccomandazioni fatte al Governo italiano nel 2019 chiede di;

(f) Intraprendere tutti gli sforzi nei confronti della Santa Sede per rimuovere gli ostacoli all’efficacia dei procedimenti penali contro il personale religioso della Chiesa Cattolica sospettato di violenza su minori, in particolare nei Patti Lateranensi rivisti nel 1984, per combattere l’impunità di tali atti;

(g) Rendere obbligatorio per tutti, anche per il personale religioso della Chiesa Cattolica, la segnalazione di qualsiasi caso di presunta violenza su minori alle autorità competenti dello Stato Membro;

Ma l’Italia da vent’anni sembra non voler sentire e ancora di meno vedere quello che accade, in fondo i bambini non si lamentano finché non diventano adulti prescritti.

Francesco Zanardi

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