<h2 class="article-subtitle" style="text-align: justify;">Dopo il verdetto definitivo per don Marco Ghilardi, accusato di averla molestata quando era ancora minorenne, in paese è scattata una raccolta firme a sostegno del sacerdote. La ragazza racconta il suo disagio e la sua sofferenza</h2> <div class="chapter clearfix" style="text-align: justify;"> <p class="chapter-paragraph">Ora ha 23 anni, ha deciso di metterci nome, cognome e volto. Valentina Cavagna chiede di voltare pagina. Indirettamente, al paese di Serina che ha raccolto mille firme a corredo di una lettera per don Marco Ghilardi, 44 anni, condannato in via definitiva a sei anni di carcere (dove si trova) per averla molestata da ragazzina (lui si è sempre proclamato innocente). Lo fa scrivendo una lettera a Papa Francesco, attraverso il Corriere della Sera.</p> </div> <div class="chapter clearfix"> <p class="chapter-paragraph" style="text-align: justify;">Caro Papa Francesco,</p> <div class="chapter" style="text-align: justify;"> <p class="chapter-paragraph">sono Valentina e vorrei raccontare la mia storia. Quando ero bambina, un prete del mio paese, don Marco Ghilardi, ha abusato di me. Era anche il mio maestro di religione alle elementari. Purtroppo, ho aspettato molti anni per denunciare, perché avevo paura di non essere creduta, anche perché questo prete era molto attaccato alla mia famiglia. Infatti, veniva anche a mangiare da noi. In cuor mio, però, mi sono sempre detta che, compiuti i 18 anni, l’avrei denunciato. Così ho fatto, il primo luglio 2013. Il paese non era dalla mia parte. Al primo processo, lui è stato assolto, mentre negli altri due i giudici mi hanno creduto. A ogni udienza c’era sempre qualcuno per lui, anche l’ex sindaco. Sono comunque fiera di me stessa, perché non ho mai mollato. Sono sempre stata una contro tutti e, finalmente, a gennaio di quest’anno si è concluso tutto. O, almeno, così pensavo. Invece, il 28 febbraio è uscito l’articolo in cui si scriveva che il sacerdote era in carcere. Il primo marzo, mi sono trovata nella bacheca sotto casa un foglio con la raccolta delle firme per mandargli una lettera.</p> </div> <div class="chapter"> <p class="chapter-paragraph" style="text-align: justify;">Quando l’ho visto mi sono arrabbiata, molto. Ognuno può avere il pensiero che vuole, non pretendo che, nemmeno dopo la sentenza, il paese sia dalla mia parte. Vorrei, però, che chi vuole sostenere il sacerdote lo facesse privatamente, non diffondendo quel foglio ovunque. Sono anche io una persona di Serina e continuo a viverci. Una persona, sotto casa, mi ha detto che dovrei abbassare la testa per quello che ho fatto. Anche la mia famiglia si ritrova spesso a dover rispondere di questa storia. A discuterne. Chi mi incontra, mi saluta a fatica. Non chiedo che vengano ad abbracciarmi. Ma nessuno, mai, mi ha chiesto una volta come sto. Ho momenti in cui esplodo e piango. Si ripete sempre di denunciare, ma se poi una ragazza si trova in questa situazione come può avere il coraggio di farlo? Il processo è finito, i giudici hanno deciso. Ma quella sotto processo sono io e non vedo una via d’uscita. Per questo motivo le scrivo. Lo faccio attraverso il giornale perché si è diffusa la notizia della raccolta firme. Non ho mai cercato pubblicità, anzi. Vorrei incontrarla per sentirmi compresa da lei. Per me sarebbe un modo per andare avanti. Per me e per la mia famiglia. Penso che anche a Serina cambierebbe qualcosa. Mi creda, non sono felice perché un prete è in carcere, anche se penso che sia giusto, dopo anni da quello che è successo. Non mi consola nemmeno, tanto la ferita mi rimarrà. Però se avesse ammesso, qualcosa sarebbe cambiato. Almeno l’atteggiamento della gente.</p> https://bergamo.corriere.it/notizie/cronaca/19_marzo_11/ragazza-serina-scrive-papa-ho-denunciato-prete-stato-condannato-ma-io-resto-sotto-accusa-735358e0-440d-11e9-bcde-19097826363a.shtml?refresh_ce-cp&fbclid=IwAR1cbXTE_PZzdBkd-Y6NdRycex9JdKudTLkb9_ndL07iA8w_WT2sUbDrGJo </div> </div>