Il Vaticano ha provato a ignorare il memoriale dell’ex nunzio pubblicato dalla “Verità”. Però la pressione dell’opinione pubblica ha costretto Bergoglio a fare un summit contro la pedofilia. Le direttive da sole non bastano: chi ha coperto gli abusi è da cacciare
di Maurizio Belpietro
Se questo piccolo giornale (che poi tanto piccolo no è visto che le sue copie crescono di mese in mese) sei mesi fa non avesse pubblicato il memoriale sulle coperture degli abusi sessuali all’interno della chiesa, è certo che giovedì in Vaticano non ci sarebbe stato nessun incontro “per la protezione dei minori nella chiesa”. Senza il memoriale Viganò, reso noto in esclusiva mondiale da un solo quotidiano, appunto La Verità, il Papa non avrebbe convocato vescovi e cardinali per sollecitarli a denunciare gli abusi sui minori a opera di sacerdoti. Né avrebbe dato la parola alle vittime, ossia a quelle persone che da anni domandano di essere ascoltate e, soprattutto, chiedono che non solo i pedofili paghino, ma che anche chi nelle alte gerarchie della Chiesa ha protetto i violentatori sia chiamato a rispondere.
Tutto ha inizio domenica del 26 agosto dello scorso anno, quando a firma di Carlo Maria Viganò, sulle pagine di questo quotidiano, uscì una terribile j’accuse. L’ex nunzio apostolico negli Usa accusò direttamente una serie di alti prelati di aver saputo del comportamento predatorio del cardinal Theodore Edgar McCarrick, ossia dell’arcivescovo di Washington, ma di aver taciuto, lasciando che proseguisse indisturbato la sua opera di corruzione di decine di giovani. Viganò quel giorno fece nomi e cognomi e, con una ricostruzione dei fatti dettagliata, denunciò l’esistenza di una potente lobby omosessuale all’interno della Chiesa. L’arcivescovo, però, fece molto di più: puntò il dito direttamente contro il Pontefice, accusandolo di essere stato a conoscenza dei comportamenti di McCarrick, ma di non aver preso alcuna decisione. Secondo Viganò, fu egli stesso a denunciare i fatti in un incontro riservato con papa Francesco. Stando al suo racconto, il Santo Padre gli avrebbe chiesto che cosa pensasse del cardinale di Washington ed egli avrebbe risposto che presso gli uffici della Santa Sede era disponibile un intero dossier dedicato all’alto prelato, frutto di denunce ricevuto dai suoi predecessori. Secondo Viganò, il Papa non disse nulla, preferendo a questo punto cambiare discorso.
Ma il silenzio non fu la linea adottata dal pontefice solo in quell’occasione. Anche quando sulla Verità uscì il memoriale dell’ex nunzio negli Stati Uniti la reazione fu la stessa. Di ritorno da un viaggio in Irlanda, dove il Papa si era recato proprio per chiedere scusa degli abusi commessi da preti e prelati, Bergoglio, rispondendo a una domanda, disse che non avrebbe pronunciato una sola parola sui fatti denunciati nel dossier Viganò, aggiungendo una frase sibillina che suonava più o meno così: voi giornalisti siete bravi a verificare da soli. Il risultato fu che parte della stampa preferì ignorare le accuse dell’ex nunzio, mentre l’altra si diede da fare per cercare di metterlo in cattiva luce, imputando all’arcivescovo di aver parlato per risentimento, non essendo stato nominato cardinale da questo Papa. L’operazione di silenziamento non ha però sortito gli effetti sperati, perché in tutta l’America, piano piano, si è fatta largo una richiesta di pulizia e di chiarimento all’interno della Chiesa. Francesco è stato costretto a rimuovere arcivescovi, accettando le dimissioni di uno dei più importanti prelati americani, ma anche a ridurre per la prima volta nella storia una cardinale allo stato laicale. Neppure questo, però, è bastato a riportare tranquillità e fiducia nel Vaticano e così giovedì è stato deciso l’incontro per la protezione dei minori all’interno della Chiesa, con i vertici di tutte le conferenze episcopali. “Il primo obiettivo concreto di questa riunione è spezzare l’assedio che subiamo sulla pedofilia”, è il messaggio dell’entourage papale. “Servono misure concrete per dimostrare che questo pontificato vuole combattere gli abusi sessuali compiuti sui minori da uomini di Chiesa”.
Così, sulla tv dei vescovi sono andate in onda le testimonianze degli abusati. Ciò che prima era messo a tacere, all’improvviso è diventato l’argomento di discussione e anche la grande stampa, quella che si era dedicata a demonizzare Viganò o a nasconderne le denunce, si è subito data da fare, pubblicando resoconti della riunione e ricostruzioni dolorose degli abusi. All’improvviso è approdata sulle pagine dei quotidiani e nei servizi della televisione dei vescovi anche la storia di Alessandro Battaglia, un ragazzo milanese che a 14 anni venne abusato da un prete in servizio nell’hinterland di Milano. Quando mesi fa La Verità ne raccontò la storia, ricostruita in un’aula di tribunale, gli altri giornali preferirono tacere. Forse perché quel prete, invece di essere denunciato e rimosso immediatamente dall’incarico, era stato trasferito. Da una parrocchia con un solo oratorio a disposizione a un’altra con quattro oratori. Una decisione presa dal vicario episcopale dopo essere stato avvisato dal parroco. Chi era il vicario? Monsignor Mario Delpini, l’attuale arcivescovo di Milano.
Certo, siamo contenti che la congiura del silenzio sia stata finita e giovedì l’incontro sia servito a far parlare le vittime degli abusi. Ma questo non basta. Ora bisogna allontanare chi sapeva, ma ha preferito voltare la testa dall’altra parte, con l’aiuto servile della grande stampa.
(trascrizione da La Verità del 23 febbraio 2019)
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