«Siamo indignati. Doveva essere il summit della tolleranza zero e invece è stato quello della credibilità zero». Va diritto al punto Francesco Zanardi della “Rete L’abuso”. «Molti vescovi – continua – dopo questi quattro giorni sarebbero dovuti uscire senza abito talare. Dal discorso del Papa ci aspettavamo molto di più: la Chiesa non è vittima, è carnefice». Rabbia e delusione che fanno eco alle vittime di abusi che hanno portato la loro testimonianza chiedendo giustizia.
Il momento del riscatto è diventato il momento della vergogna. Il summit vaticano sulla pedofilia si è aperto il 21 febbraio scorso con un invito alla concretezza rivolto da Papa Francesco ai presidenti delle conferenze episcopali mondiali e si è chiuso con l’impegno di un motu proprio di Bergoglio “sulla protezione dei minori e delle persone vulnerabili” e il contrasto contro gli abusi “nella Curia romana e nello Stato della Città del Vaticano”. Il documento, nelle intenzioni, interverrà in maniera decisa su una piaga universale che desta ancora più scalpore all’interno della istituzione ecclesiastica. «Vorrei qui ribadire chiaramente: se nella Chiesa si rilevasse anche un solo caso di abuso, che rappresenta già di per sé una mostruosità, sarà affrontato con la massima serietà», ha affermato il pontefice prendendo su di sé e sul suo pontificato l’impegno di intervenire in maniera decisa. «L’eco del grido silenzioso dei piccoli – ha continuato – che invece di trovare in loro paternità e guide spirituali hanno trovato dei carnefici, farà tremare i cuori anestetizzati dall’ipocrisia e dal potere. Noi abbiamo il dovere di ascoltare attentamente questo soffocato grido silenzioso». Un impegno all’ascolto che non sembra, però, aver soddisfatto le associazioni delle vittime che speravano nella consegna alla magistratura dei fascicoli e dei dossier con i nomi dei colpevoli che invece risultano esser stati distrutti. A indignare la scelta del tribunale: quello canonico e non quello civile.
Nel frattempo arrivano le prime condanne. Rischia fino a 50 anni di detenzione il cardinale George Pell, ‘ministro’ dell’economia vaticana, attualmente in congedo. Pell, da oggi detenuto nella Assessment Prison di Melbourn dopo la revoca della libertà su cauzione inizialmente accordata, è stato giudicato colpevole unanimemente dai 12 membri della giuria della County Court dello stato australiano di Victoria con un verdetto emesso lo scorso 11 dicembre ma reso pubblico solo ora. Cinque i capi d’accusa, quattro per atti osceni in luogo pubblico e uno per abusi sessuali su un minore. Per ciascuno, la condanna massima è di dieci anni. I fatti risalgono agli anni ’90 quando il porporato avrebbe molestato due giovani componenti del coro della cattedrale di San Patrizio a Melbourne dopo la messa nel 1996. Diversi i precedenti e i tentativi di insabbiamento che nel 2016 lo avevano portato all’attenzione della “Royal Commission into Institutional Responses to Child Sexual Abuse”, commissione d’inchiesta sugli abusi sessuali su minori negli anni ’70 e ’80. Dopo la sentenza di condanna in primo grado, rivelano dal Vaticano, anche la Congregazione della Dottrina della Fede si occuperà del caso nei modi e nei tempi stabiliti dalla normativa canonica.
https://www.unisob.na.it/inchiostro/?idrt=8632
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