Ho seguito per Repubblica l’Incontro tenutosi dal 21 al 24 febbraio in Vaticano su “La protezione dei minori nella Chiesa”, durante il quale – alla presenza dei presidenti delle conferenze episcopali del mondo e dei responsabili dei diversi ordini religiosi – si è parlato degli abusi sessuali compiuti dagli ecclesiastici sui bambini e sugli adolescenti.
Sono stato contento soprattutto di essere riuscito a trovare spazio sul mio giornale per le vittime. Prima del summit ho intervistato Peter Saunders, inglese, da ragazzo vittima di abusi sessuali da parte di sacerdoti. Fu il primo a fare un passo indietro, ormai più di due anni fa, dalla Commissione pontificia per la protezione dei minori. Mentre ieri, nel giorno conclusivo, ho intervistato Francesco Zanardi, vittima degli abusi di un sacerdote all’età di undici anni e oggi presidente della Rete L’Abuso.
Penso che la novità importante del summit non stia nei proclami di ieri né nelle decisioni pratiche che si spera arrivino a breve, ma in un cambio di paradigma – come un piccola luce che si accende nella notte – che almeno in parte è avvenuto. Per la prima volta, infatti, la voce delle vittime, i loro racconti, sono entrati con decisione dentro le mura vaticane. Le vittime da incomodi – quante volte sono state relegate ai margini da uomini di Chiesa negligenti e insabbiatori – sono divenute protagoniste: il primo giorno del summit, in particolare, 190 vescovi hanno ascoltato in silenzio un video con le testimonianze degli abusi subiti, racconti come quello di una donna che ha parlato delle relazioni sessuali avute con un prete dai quindici ai ventotto anni: “Sono rimasta incinta tre volte, tre volte mi ha fatto abortire perché non gli andava di usare profilattici”, ha detto.
Se penso alle reazioni negative che ebbe dentro certi ambienti questa mia intervista di tre anni a monsignor Charles Scicluna che dopo aver visto in anteprima con me “Il caso Spotlight” disse che tutti i cardinali avrebbero dovuto vedere questo film, capisco che qualcosa sta cambiando dentro la stessa Chiesa. Esiste una parte di essa che ha capito che il problema esiste ed è enorme, che chi guida le diocesi deve sapere, e soprattutto deve agire. Tutto ciò è importante, ma probabilmente non sufficiente.
Ieri le vittime, a chiusura del summit, hanno protestato. L’incontro, infatti, si è chiuso senza l’annuncio di nuove decisioni se non con la promessa dell’uscita a breve di un Motu proprio papale in merito, di un vademecum per i vescovi e con l’annuncio dell’idea della creazione di una nuova task force. Credo che sia giusto qui di seguito riportare queste proteste, proponendo alcune parole pronunciate da Francesco Zanardi nell’intervista apparsa oggi su Repubblica. Credo, infatti, che al di là dei passi in avanti, non vi sia giustizia se le vittime non trovano pace, se la loro voce non trova piena risposta, cosa che evidentemente ancora non è avvenuta.
“Noi vittime ci aspettavamo un finale differente. Quantomeno l’annuncio del licenziamento di diversi vescovi. Invece, abbiamo dovuto sentire il Papa che addirittura nel discorso finale arriva a dire che ‘la Chiesa, insieme ai suoi figli fedeli, è anche vittima’ dei crimini della pedofilia. La Chiesa vittima? Questo è troppo, pensavo che le vittime fossimo noi”.
“Se Francesco ritiene che la Chiesa sia vittima allora denunci i preti pedofili e in sede civile chieda i danni per quanto hanno fatto alla Chiesa. Perché non lo fa?”.
“Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Ancora una volta solo e soltanto parole. Ma almeno finalmente è chiara una cosa: tolleranza zero significa credibilità zero”.
https://www.paolorodari.com/index.php/72-una-piccola-luce-c-e-ma-non-basta
Scopri di più da Rete L'ABUSO
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.