il Tirreno — 16 ottobre 2002 pagina -1 sezione: PISTOIA
PISTOIA. Anche un insegnante di religione di una scuola pistoiese tra i cinquanta indagati dalla procura della Repubblica per la pedofilia via Internet. Nella sua abitazione i carabinieri hanno sequestrato un computer attraverso il quale l’uomo si sarebbe collegato a siti porno. Sarà la perizia sull’hard-disk a dover accertare se l’insegnante abbia scaricato anche immagini di abusi sessuali di bambini.
Un ‘ipotesi che lui ha già negato con forza, sostendendo di essere vittima di un errore. Intanto, si è saputo che è stato un professore universitario pistoiese a far scattare l’indagine: navigando su Internet ed entrando in un sito porno, si è accorto che all’interno di questo c’erano delle «chatroom» in cui si vendevano immagini pedopornografiche. E la mattina successiva è andato dritto dritto dai carabinieri per denunciare il fatto. Così, dal nome del sito scoperto, ha preso il via, lo scorso giugno, l’inchiesta «Master». Man mano che le perizie sui computer verranno portate a termine, alcune di queste usciranno dall’inchiesta (il sostituto procuratore Jacqueline Magi chiederà l’archiviazione).
Come si è verificato già per i due avvocati indagati: dalla rete hanno scaricato unicamente immagini pornografiche, niente di riconducibile alla pedofilia. Nell’abitazione del sacerdote indagato sarebbero state trovate invece prove schiaccianti. «Si tratta di uno studio sugli usi e i costumi del nostro tempo», ha tentato di giustificarsi con gli inquirenti. Ancora tutta da verificare la posizione del politico e dei medici (almeno tre, fra cui uno psichiatra) coinvolti. Le perizie in corso hanno anche lo scopo di accertare se qualcuno degli indagati abbia diffuso a sua volta via e-mail immagini pedopornografiche.
Oltre a quella di detenzione, nei loro confronti scatterebbe anche l’accusa assai più grave di divulgazione. L’articolo 600 quater del codice penale punisce con una pena che va fino a 3 anni di reclusione chiunque si procura o dispone di materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale di minori. Ma l’articolo 600 ter punisce con una pena che arriva fino a 5 anni di reclusione e 51mila euro di multa chiunque, anche per via telematica, distribuisce, divulga o pubblicizza tale materiale pornografico. (m.d.) altro servizio a pagina.
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