Scola rimproverò Delpini: ecco la lettera
Nell’inchiesta che imbarazza la Chiesa di Milano spuntano le scuse dell’allora arcivescovo ai familiari della vittima. Il porporato definì “improvvida” la scelta di colui che gli succederà di trasferire don Mauro, il cui comportamento fu “di per sé assai grave”
di Giorgio Gandola
La forza di una lettera. È il 23 aprile 2015 quando l’allora arcivescovo di Milano, Angelo Scola, decide di scrivere per “chiedere scusa per alcune scelte maldestre” dei suoi collaboratori. Lo fa con la solennità e la gravità della sua firma preceduta dalla croce. Lo fa per risarcire un papà e una mamma disarmati, forse disillusi, davanti a una vicenda più grande di loro, che s’è abbattuta sulla famiglia e l’ha sconvolta: quattro anni prima a Rozzano, dove vivono, nell’imminenza del Natale il loro figlio di 15 anni era stato attirato nell’abitazione di un giovane prete, don Mauro Galli, ed era stato invitato a dormire con lui “nel lettone”, nonostante ci fossero una camera per gli ospiti e un divano letto.
Per capire il senso della lettera, il preambolo è fondamentale. Nei giorni successivi la storia diventa pubblica, raccontata dallo stesso giovane sotto shock, e assume contorni cupi che oggi sono le architravi di un processo (domani c’è l’udienza) in atto presso il tribunale di Milano.
Il parroco di Sant’Ambrogio, don Carlo Mantegazza,e il responsabile della pastorale giovanile del paese, don Alberto Rivolta, avvertono subito l’arcidiocesi e la vigilia di Natale 2011 si riuniscono con il vicario episcopale arrivato da Milano per fare il punto della complicata situazione. Dopo quell’incontro, l’emissario della Curia non decide di muovere i passi necessari per l’apertura di un procedimento canonico (indagine previa) come da indicazione di due Papi (Wojtyla e Ratzinger, ai quali si affiancherà Bergoglio), ma si limita a organizzare il trasferimento di don Mauro a Legnano, sempre a contatto con gli adolescenti.
INGANNO
Dicembre 2011. Don Mauro Galli chiede ai genitori di un ragazzo di 15 anni il permesso affinché possa dormire nella parrocchia di Rozzano, con gli amici all’oratorio. Il figlio però sarà l’unico ospite.
SHOCK
Il giorno dopo il giovane è traumatizzato e racconta di aver dormito nello stesso letto del prete (in seguito parlerà di abusi). La famiglia si rivolge al parroco, don Carlo Mantegazza e a don Alberto Rivolta.
DENUNCIA
Monsignor Delpini nel 2012 sposta a Legnano don Mauro, che resta così a contatto con i minorenni. Dopo tre anni di scarsa collaborazione da parte della Curia, nel 2014 i genitori si rivolgono alla giustizia italiana.
COPERTURA
Dal 2014 la Procura controlla il telefono del prete ma Delpini lo avverte.
GRAVI RESPONSABILITA’
A quel tempo il vicario episcopale di Milano, Mario Delpini, che il 24 ottobre 2014 (interrogato in questura quale persona informata dei fatti) spiega a verbale: “Il trasferimento da Rozzano a Legnano fu deciso da me in persona a seguito di una segnalazione da parte del parroco di Rozzano, don Carlo Mantegazza, che mi aveva riferito di un ragazzo che aveva trascorso una notte a casa di don Mauro Galli. Don Mantegazza in quella circostanza mi disse al telefono che il giovane aveva poi segnalato presunti abusi sessuali compiuti da don Mauro durante la notte”.
Aggiunge l’ex fidanzata del giovane durante il processo: “Don Mauro lo aveva abbracciato da dietro e a seguito di ciò si era svegliato urlando ed era stato male”. Il prete ammette l’abbraccio, ma lo contestualizza diversamente: “Ha avuto un incubo, è finito sul bordo del letto. Ho dovuto abbraccialo per impedire che cadesse”. Nell’immediato, i genitori del ragazzo non denunciano il presunto abuso all’autorità giudiziaria. È una famiglia molto devota, fa parte della comunità oratoriana, chiede giustizia sottovoce a santa madre Chiesa. Incontra don Pierantonio Tremolada (allora responsabile della formazione dei sacerdoti, oggi vescovo di Brescia), poi don Delpini, e invita tutti ad adottare misure per tenere don Mauro lontano da bambini e adolescenti. Non sa, la famiglia, che quel prete è stato spostato da un paese con due oratori a una città come Legnano, dove di oratori con ragazzi ignari ne frequenta quattro.
Quando nel 2014, attraverso conoscenti, vengono informati della beffa, i genitori decidono di denunciare tutto alla polizia, di costringere l’arcidiocesi (che nel frattempo aveva pur tardivamente allontanato don Mauro da ambienti giovanili) ad alzare il sipario.
Anche perché, a distanza di tempo, quel figlio è attraversato da paure ricorrenti e incubi autodistruttivi, che gli psicologi ascrivono agli accadimenti di quella notte. L’inchiesta prende forma, qualche raggio di luce comincia a infiltrarsi fra i tendaggi color porpora. E un giorno, a Rozzano, in quella casa sconvolta, arriva la lettera dell’arcivescovo Scola. Parole che chiariscono molto e creano all’arcidiocesi e a monsignor Delpini più di un imbarazzo.
“Carissimi, ho letto e riletto con molta cura la vostra dettagliata lettera del 20 marzo 2015 (…). Anzitutto rinnovo le mie scuse e quelle dei miei collaboratori per alcune scelte maldestre. Gli anni trascorsi hanno provocato una certa confusione nella ricostruzione dei fatti, che vi ha arrecato ulteriori sofferenze. In ogni caso non volevo in alcun modo giustificare la correttezza della reazione iniziale da parte dell’autorità diocesana. Non è stato valutato con adeguato rigore il fatto già di per sé assai grave che don Mauro abbia passato la notte con un minore, condividendo lo stesso letto”. Dopo essersi informato e aver preso in mano la faccenda, Scola non fa sconti. È evidentemente ispirato da quel Cristo capace di dire “Sì sì, no no” e non ha nessuna intenzione di far scivolare la polvere sotto il tappeto. In nome di verità e giustizia – dopo aver ammesso ricostruzioni traballanti che hanno portato “ulteriori sofferenze” in quella famiglia – sottolinea una certa superficialità nel valutare quel gesto, comunque gravissimo, da parte di Delpini.
NUOVE TESTIMONIANZE
Nella frase successiva l’arcivescovo emerito cala, come si direbbe di un colpo di scena in arrivo, il carico da undici. “Improvvida è stata la scelta di trasferire don Mauro in un contesto pastorale che consentisse ancora una volta il contatto con minori”. E con questa affermazione, Scola mette la parola fine alle più curiose ricostruzioni temporali, a comunicati stampa che anche oggi continuano a non tenere conto delle oggettività processuali. E calpestano con suole chiodate quell’umana pietas che sempre dovrebbe albergare nei cuori di chi la chiede costantemente agli altri. Nel prosieguo dello scritto, Scola mostra di avere dato un’accelerazione all’indagine canonica con ben altro vigore e di avere determinato il destino di don Galli, sospendendolo cautelativamente dall’esercizio del ministero.
Si può aggiungere che bene ha fatto, poiché alcune settimane fa, durante il programma di approfondimento giornalistico Quarto Grado (Rete 4) che ricostruiva la complessa e triste vicenda, il conduttore Gianluigi Nuzzi ha ricevuto una sorprendente telefonata.
Un telespettatore, che si definiva compaesano di don Mauro, ha rivelato: “Ho avuto modo di vedere la sua trasmissione sulle molestie del prete. Dieci anni fa avevo 16 anni e durante una gita con l’oratorio fui costretto a dormire in un letto matrimoniale con lui. Ci furono atteggiamenti molto strani da parte sua e fortunatamente per me decisi di andarmene in un’altra stanza con una scusa”. L’uomo si è messo a disposizione della giustizia e saranno il giudice Ambrogio Moccia e il pm Lucia Minutella a decidere se e come utilizzare il suo contributo. Anche alla luce di quest’ultimo episodio le “scelte maldestre” di cui parla il cardinale Scola non sembrano marginali.
(La Verità, 4 aprile 2018)
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