di Luciana Esposito
Dietro quelle maschere c’è un volto segnato da quel genere di sofferenza che solo un abuso subito negli anni in cui non si conosce ancora il sesso sa lasciare. Negli occhi, tra le linee espressive, ma soprattutto nell’anima, quelle ferite non hanno mai smesso di sanguinare, mostrando palesemente i loro segni indelebili.
Due vite, due storie, due ragazzini cresciuti nello stesso quartiere e diventati uomini condividendo lo stesso dramma, per mano dello stesso carnefice: don Silverio Mura, l’insegnante di religione di uno, il prete insieme al quale serviva messa per l’altro.
Una vicenda consumatasi negli anni 80-90 a Ponticelli, emersa solo oggi, in seguito ad un percorso complesso e sofferto per entrambi e che, a distanza di tempo, ha portato le due vittime del sacerdote a denunciare, pubblicamente e non solo, gli abusi subiti da un uomo al quale è concesso servirsi della tonaca che indossa come uno scudo.
Un lungo calvario e travagliato che ha scandito le loro vite negli ultimi anni, insorto quando i due giovani hanno iniziato a metabolizzare gli abusi subiti, prendendo coscienza di quello che gli era accaduto quando erano dei bambini, per mano di una persona “al di sopra di ogni sospetto” come solo i sacerdoti sanno esserlo nell’immaginario religioso collettivo, e proseguito quando in loro è maturata la consapevolezza che non poteva essergli assicurata giustizia, sotto il profilo penale, in quanto i reati contestati sono ormai prescritti. Tuttavia, il percorso intrapreso li ha portati ad imboccare una strada ben precisa che ha convertito la paura in rabbia e la vergogna in orgoglio: non vogliono che la vicenda finisca nel dimenticatoio e che Don Silverio e gli altri preti autori che macchiano la credibilità della Chiesa compiendo atti gravi come gli abusi sessuali sui minori, restino impuniti.
Nonostante la loro mission sposi una causa d’interesse collettivo e i due giovani abbiano più volte chiesto alla Curia di intervenire, prendendo un provvedimento risolutivo contro il sacerdote al quale fin troppe libertà sono state fin qui concesse, fino ad oggi non hanno ricevuto una risposta concreta da parte della Chiesa.
Fino ad oggi, per l’appunto.
Durante la mattinata di sabato 7 aprile, due vittime di Don Silverio Mura che hanno avuto il coraggio di denunciare gli abusi subiti sono state protagoniste di un sit-in all’esterno del Duomo di Napoli, promosso dall’associazione “Rete l’abuso”, rappresentata da Francesco Zanardi.
Una maschera di Anonymous per assicurarsi l’anonimato e per esortare chi copre le malefatte del loro carnefice “a togliersi la maschera”, affinchè “il loro sacrificio” non sia vano e possa quantomeno servire per evitare che altri bambini finiscano imbrigliati nella stessa rete “insospettabile”. Per questa ragione, i promotori dell’iniziativa hanno distribuito volantini ai passanti con il chiaro intento di sensibilizzare la massa non solo in merito alla loro vicenda, ma su una problematica reale e molto più diffusa di quanto possiamo immaginare, come quella della pedofilia nel clero.
Il sit-in si svolgerà anche durante la mattinata di domani con le stesse modalità, con l’auspicio da parte delle due coraggiose vittime che la forte risonanza mediatica, non solo nazionale, ma mondiale, che il sit-in e l’intera vicenda stanno registrando, possaspronare la Chiesa a prendere provvedimenti concreti e risolutivi nei confronti di Don Silverio Mura.
Sit-in davanti al Duomo di Napoli delle vittime di abusi da parte del prete di Ponticelli
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