6 anni a don Marino Genova, primo risarcimento a Giada Vitale. Depositate le motivazioni dei giudici sulla condanna in primo grado dell’ex parroco di Portocannone, al quale è stata inflitta una pena di 6 anni di carcere, interdizione perpetua da uffici, scuole e tutela e il pagamento di una provvisionale di 15mila euro a Giada Vitale, oggi 23enne ma che aveva 13 anni all’epoca dei fatti e suonava l’organo in chiesa. Il suo racconto, supportato dalle testimonianze “univoche” di diverse persone, “non presenta contraddizioni” e ha trovato riscontro in diversi elementi. Don Marino Genova, oggi 63enne, considerato “colpevole di atti sessuali con minorenne, con l’aggravante del reato continuato, oltre ogni ragionevole dubbio”. Il sacerdote, sospeso a divinis dalla Chiesa, presenterà Appello contro la sentenza. Intanto la parte civile aspetta una risposta all’istanza di riaprire il caso sulla violenza sessuale consumatasi dopo il compimento del 14esimo anno di età della vittima.
In realtà la relazione tra il prete, sospeso a divinis dal tribunale ecclesiastico e ora condannato in primo grado, e la ragazza che a quel tempo suonava l’organo in chiesa, è durata ben più di qualche mese. Si è protratta dal 2009 fino al 2012, quando Giada ha deciso di sporgere querela. Ma il processo, come è noto, ha riguardato i rapporti sessuali intercorsi nel mese e mezzo precedente il compimento del quattordicesimo anno di età di Giada. L’altro filone, quello relativo agli atti sessuali tra i 14 e i 17 anni di Giada, è stato archiviato, così come chiesto dal pubblico ministero Luca Venturi e disposto con ordinanza dal giudice Daniele Colucci.
Per quegli episodi don Marino Genova, nato a San Felice del Molise 63 anni fa, è stato ritenuto “responsabile oltre ogni ragionevole dubbio”. Marino Genova – dicono i magistrati – «conosceva bene la ragazzina che frequentava assiduamente la parrocchia fin da quando aveva 10 anni, ricoprendo il ruolo di organista, e non poteva non sapere che Giada, quando iniziarono le sue attenzioni moleste, non aveva ancora compiuto 14 anni». E ancora: «Ha agito avvalendosi della sua posizione di autorevolezza in quanto guida spirituale della comunità parrocchiale» anche quando le ha preso le mani la prima volta, le ha intrecciate alle sue l’ha portata in sacrestie.
«Dopo aver chiuso a chiave la porta mi ha spinto verso il mobile, e io sono rimasta impietrita». Qui, nella stanza adiacente l’altare, preposta a indossare gli abiti sacri per le cerimonie liturgiche, si sarebbero consumati inizialmente gli atti sessuali. Atti fugaci ma inequivocabili, al termine dei quali il parroco «rivestiva la ragazzina e la congedava con la benedizione». Giada lo ha riferito in diverse circostanze: «Mi faceva il segno della croce e mi diceva “il Signore ti benedica”». Il suo racconto, sostengono nelle 11 pagine di motivazioni i giudici, è stato riferito «in modo univoco e preciso».
Non sussistono dubbi circa la veridicità del racconto che la ragazza di Portocannone ha sempre fatto, e che ha continuato a fare anche in aula. «Emerge – scrivono i giudici – dalla cospicua produzione documentale fatta dal difensore dell’imputato e dalle spontanee dichiarazioni rese dall’imputato, oltre ogni ragionevole dubbio la penale responsabilità dello stesso in ordine al reato». Giada Vitale ha riferito in giudizio i fatti «in modo coerente e attendibile, non è caduta in contraddizioni di sorta. Il riscontro alle sue dichiarazioni è stato rigoroso come prevede la giurisprudenza in casi simili», anche perché, aggiunge l’avvocato Giuseppe d’Urbano, che ha assistito la ragazza che si è costituita parte civile, «questo tipo di reato molto difficilmente trova un testimone oculare».
Giada è stata ascoltata con l’assistenza di una psicologa, è stata escussa che era maggiorenne e le sue parole sono state passate al setaccio una per una, confermate dalle testimonianze di persone che non avevano alcun interesse a mentire o esagerare. In paese l’hanno accusata di essersi inventata storie, di aver messo nei guai il parroco. In passato è stata perfino oggetto della rabbia e del disprezzo di una parte della cittadinanza. Oggi, con le parole dei giudici scritte nero su bianco, la sua rivincita oltre che la definizione della giustizia processuale.
Giada Vitale ha detto la verità, cioè di aver subito delle molestie di natura sessuale mentre stava preparando gli esami di terza media. Una condotta che si è «ripetuta nel tempo, sfociando in veri e propri rapporti sessuali completi presso l’abitazione del parroco dopo il 14esimo compleanno di Giada». Una età nella quale, secondo il giudice che ha archiviato il fascicolo, la ragazza « era capace di poter scegliere e quindi di poter partecipare consapevolmente agli atti sessuali con Don Marino».
Atti che lui non ha negato, mentre ha negato quelli accaduti prima dei 14 anni adducendo come motivazione i numerosi impegni che non lo avrebbero potuto rendere disponibile a quegli incontri denunciati da Giada. Ma i suoi impegni – dicono i giudici presieduti da Russo – «non sono altro che gli impegni normali di un parroco i quali, se non gli hanno impedito, in epoca successiva al quattordicesimo anno di età della ragazza, di trovare le occasioni per appartarsi con lei, allo stesso modo non gli hanno impedito nel periodo precedente di ritagliarsi il tempo necessario per incontri di analoga natura». Tanto più se, come la stessa Vitale ha riferito, «avevano una durata estremamente breve, quantificabile in pochi minuti, dunque assolutamente compatibili con l’assolvimento degli impegni istituzionali del parroco».
L’avvocato di parte civile ha depositato nel marzo scorso una richiesta per riaprire il caso proprio contro l’archiviazione del filone successivo al compimento del quattordicesimo anno di età. «Siamo in attesa di una risposta da parte della magistratura frentana», si limita a dire Giuseppe D’Urbano.
Intanto i giudici di primo grado hanno condannato don Marino Genova a pagare una provvisionale di 15mila euro in favore di Giada Vitale. Si tratta di un risarcimento immediatamente esecutivo, che anticipa il danno che dovrà essere liquidato in sede civile e solo quando la condanna passerà in giudicato. I legali di don Marino faranno infatti Appello, sperando in un ribaltamento del verdetto.
http://www.primonumero.it/attualita/primopiano/articolo.php?id=27040
Scopri di più da Rete L'ABUSO
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.