L’arcivescovo di Brisbane e le alte sfere del clero australiano discutono lo scandalo degli abusi, il ruolo dei laici e il caso del cardinale Pell durante i colloqui con i funzionari della Santa Sede
A seguito di colloqui con alcuni alti funzionari vaticani tenutosi la scorsa settimana, un importante vescovo australiano afferma che la Chiesa, nel suo paese, sta affrontando la più grande crisi della sua breve storia.
L’ arcivescovo di Brisbane, Mark Coleridge, ha detto che la Chiesa è stata «scossa alle fondamenta» dallo scandalo degli abusi sessuali clericali ed è giunto il momento di adottare un nuovo approccio in cui ai laici – e in particolare alle donne – venga data maggiore responsabilità.
Il vicepresidente della Conferenza episcopale australiana, l’arcivescovo Coleridge ha fatto parte di una delegazione riunitasi con una serie di funzionari della Santa Sede per discutere la «situazione» del cattolicesimo nel paese. Tra questi era presente agli incontri anche il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, l’arcivescovo Paul Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati ed ex nunzio apostolico in Australia, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e l’arcivescovo Giacomo Morandi, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Tra gli argomenti discussi anche il caso del cardinale George Pell, tesoriere vaticano ed ex arcivescovo di Sydney, accusato di reati sessuali storici. Il cardinale Pell si è preso un congedo dal suo incarico di prefetto della Segreteria per l’Economia per difendersi dalle accuse che ha sempre fermamente negato. L’arcivescovo Coleridge ha detto che il caso Pell è stato affrontato per capire «il clima generatosi in Australia intorno a questo caso».
Tuttavia è la Royal Commission australiana e il modo in cui le istituzioni si occupano di abusi sessuali su minori che probabilmente ha avuto un impatto maggiore nel Paese, con i vescovi sottoposti a pesanti critiche per il modo in cui hanno gestito i sacerdoti colpevoli di aver commesso abusi.
Parlando al settimanale The Tablet, l’arcivescovo Coleridge sostiene che sia giunto il momento per la Chiesa di mostrare «maggiore autenticità» e che questa crisi rappresenta sia una «minaccia» che «un’opportunità», spiegando che la Conferenza episcopale ha programmato per il 2020 un «Consiglio plenario» per discutere del futuro. Un altro punto all’ordine del giorno, ha aggiunto il Prelato, è come si possa dare alle donne un ruolo di governance maggiore.
«È chiaro allora che la Chiesa australiana sta attraversando un momento di profondo, doloroso e permanente cambiamento – ed è per questo che i vescovi hanno deciso di istituire un Consiglio Plenario, argomento peraltro nel nostro incontro a Roma. Il Consiglio Plenario dovrà prendere decisioni coraggiose sul futuro, tenendo conto dei cambiamenti passati e di quelli in atto», ha detto l’Arcivescovo.
«Significa anche che dovremo chiederci come includere i laici – specialmente le donne – non solo nella gestione della Chiesa (come già facciamo qui su larga scala) ma nel governo della Chiesa».
Di seguito l’intervista con l’arcivescovo Coleridge.
Una dichiarazione vaticana di sabato ha detto che la Conferenza episcopale australiana ha tenuto incontri con vari uffici della Santa Sede la settimana scorsa. Può darci maggiori informazioni in merito?
«In questo momento, la Chiesa cattolica in Australia sta affrontando la più grande crisi della sua relativamente breve storia. Ciò non è dovuto solo alla Commissione reale, anche se quest’ultima è stata un potente catalizzatore nel processo che ha portato alla crisi. Un fatto riconosciuto da molti a Roma, non da ultimo dall’Arcivescovo Paul Gallagher, attualmente segretario per i Rapporti con gli Stati ed ex nunzio apostolico in Australia. All’ inizio di quest’anno la Segreteria di Stato ha invitato l’arcivescovo Hart e il sottoscritto a venire a Roma con delle persone di fiducia per affrontare questo argomento. Abbiamo deciso di invitare Justice Neville Owen, presidente del Consiglio per la verità, giustizia e guarigione, che ha coordinato l’impegno della Chiesa con la Commissione reale. Il punto delle discussioni è stato lo scambio di informazioni e la riflessione su come lavorare insieme in modo più efficace per affrontare la crisi, considerata allo stesso tempo un momento di minaccia e opportunità».
Uno degli argomenti discussi è stata la Commissione reale in materia di abusi sessuali su minori. Quando prevedete che saranno pubblicati i dati e quale tipo di impatto prevede che avrà sul cattolicesimo in Australia?
«La Commissione reale presenterà la sua relazione finale il 15 dicembre 2017. Si tratterà di una relazione composta da più volumi che richiederà tempo per essere letta e assorbita. Conterrà molte raccomandazioni dirette agli organi governativi dell’Australia, che dovranno decidere in ultima analisi cosa fare dei consigli. La Commissione reale ha già avuto un enorme impatto sulla Chiesa in Australia, e la relazione finale è destinata ad aumentarlo ulteriormente. La Chiesa è stata scossa alle sue fondamenta, o, come ha detto una fonte ben informata, “ha spezzato il cuore della Chiesa australiana”. Eppure c’è una grazia ardente in tutto ciò, che richiama tutta la Chiesa a una maggiore autenticità. L’appello della Commissione reale e quello di papa Francesco convergono in quello che sembra essere uno degli strani sconvolgimenti dello Spirito Santo».
Si è parlato molto male della Chiesa in Australia, nonostante la sua significativa presenza in parrocchie, scuole e ospedali. Anche l’afflusso di immigrati ha aumentato il numero di fedeli. A oggi, qual è la situazione della Chiesa australiana?
«È vero che la Chiesa cattolica rimane una presenza significativa in Australia attraverso le nostre organizzazioni dedicate all’istruzione, alla sanità e all’assistenza sociale (in gran parte finanziate dal governo). Ma la nostra influenza sociale e politica si è notevolmente indebolita, così come la nostra autorità morale; e ciò è avvenuto in un momento in cui l’Australia sta discutendo questioni di grande importanza sociale. I vescovi hanno molto meno peso di un tempo e sono considerati più o meno benignamente come portatori di interessi da gestire piuttosto che leader da ascoltare. È chiaro allora che la Chiesa in Australia sta attraversando un momento di profondo, doloroso e permanente cambiamento – ed è per questo che i vescovi hanno deciso di istituire un Consiglio Plenario, un tema discusso anche nel nostro incontro a Roma. Il Consiglio plenario dovrà prendere decisioni coraggiose sul futuro, tenendo conto dei cambiamenti passati e di quelli in atto. Una delle novità più evidenti è la crescente importanza delle cosiddette comunità etniche, in cui ora si trova gran parte della vera energia spirituale della Chiesa. Non sono più da considerare come “satelliti esotici”».
Il vescovo Vincent Long Van Nguyen ha recentemente detto che il modello di «sacerdozio esaltato, distaccato ed elitario è agli sgoccioli», mentre durante i vostri incontri con i funzionari della Santa Sede è stata discussa la questione di «una maggiore partecipazione dei laici nei ruoli decisionali nella Chiesa». In che misura?
«Non sono sicuro che il tipo di sacerdozio descritto da monsignor Long sia così evidente in Australia come altrove. Ma c’è stato molto parlare (soprattutto nella Royal Commission) di clericalismo, e gran parte di esso ha colto nel segno. Questo non significa che stiamo per abolire le ordinazioni sacerdotali, ma significa che dobbiamo riconsiderare il reclutamento e la formazione dei candidati per l’ordinazione e la formazione permanente di coloro che sono già stati ordinati. Significa anche che dovremo chiederci come includere i laici – soprattutto le donne – non solo nella gestione della Chiesa (come già facciamo qui su larga scala) ma anche nel governo della Chiesa. Questa sarà un’altra questione per il Consiglio plenario».
L’Australia sta attualmente votando un referendum sul matrimonio omosessuale. Alcune voci nella Chiesa ne hanno parlato a sostegno, mentre molti sono contro il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Nella Chiesa australiana è in atto uno spostamento verso un approccio più pastorale e comprensivo per i cattolici gay?
«Non è solo una questione di come accompagnare i cattolici gay. Certamente loro – ma anche altri che lottano per trovare il proprio posto nella comunità della Chiesa e per riconoscere la verità della propria vita nell’insegnamento della Chiesa. La grande domanda è come la Chiesa possa diventare più inclusiva senza abbandonare le verità della fede che abbiamo ricevuto piuttosto che quelle che abbiamo assemblato. Quella stessa domanda era al centro dei due Sinodi sul matrimonio e la famiglia, ed è alla base di “Amoris laetitia”. Si tratta di un lavoro in corso, e questo si vede nelle diverse risposte cattoliche al voto sul matrimonio tra persone dello stesso sesso in Australia. Tuttavia, a Roma non è stato affrontato questo argomento».
http://www.lastampa.it/2017/10/10/vaticaninsider/ita/vaticano/laustralia-di-fronte-alla-pi-grande-crisi-nella-storia-della-sua-chiesa-woISHyGqVVEj1jeaGYbLUN/pagina.html
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