Pell incriminato per violenze sui minori. Il decesso sospetto nel 2015 di monsignor Wesolowski. Vatileaks e i reati finaziari. Mentre i tribunali ecclesiastici sono a corto di risorse. Tutti i guai irrisolti della Chiesa.
Quella del 2017 è un’estate rovente anche in Vaticano e non solo per motivi climatici: il groviglio di scandali, processi e riforme è diventato sempre più denso. Le cronache incalzano e a forza di colpi di scena rischia di sfuggire un particolare: la riforma della Curia vaticana e della Chiesa passa anche dalle aule dei tribunali, dal rapporto con la giustizia. E naturalmente il primo banco di prova in tal senso è lo scandalo degli abusi sessuali sui minori da parte del clero.
SCANDALI DI IMPATTO CLAMOROSO. La vicenda, nel suo insieme, ha superato da tempo la dimensione del fatto da archiviare rapidamente e pare anzi destinata a segnare la vita della Chiesa di questi decenni, sia per l’importanza che ha assunto il fenomeno dal punto di vista dei numeri (le denunce, una volta scoperchiato il vaso di Pandora, si sono accavallate una sull’altra a decine e a migliaia), sia per l’impatto clamoroso che ha avuto sull’opinione pubblica mondiale.
Così, nel volgere di poco mendo di un ventennio, si è passati dalla negazione o quasi degli eventi e dalla presunta superiorità della legge ecclesiale su quella civile per giustificare silenzi e complicità – campione di queste teorie fu il cardinale colombiano Dario Castrillon Hoyos, a lungo prefetto della Congregazione per il clero in Vaticano – al processo contro George Pell, cardinale australiano, prefetto della segreteria per l’Economia d’Oltretevere, messo in congedo dal papa dopo l’incriminazione ufficiale.
LA GIUSTIZIA AUSTRALIANA LO INCHIODERÀ? Il 26 luglio il porporato deve cominciare a rispondere alle accuse davanti a una corte di Melbourne: ha abusato di minori quando era un semplice prete nella diocesi di Ballarat, Stato di Victoria? E fatti simili si sono ripetuti successivamente? Tocca però alla giustizia australiana produrre un forte carico di testimonianze credibili per fatti avvenuti decenni fa.
Pell è stato chiamato in causa anche per aver coperto e insabbiato altri vari casi, eventi che sono stati ammessi sia pure con varie circostanze attenuanti
Il dato non è scontato: Pell ha sempre dichiarato di essere innocente, e in Australia si è aperto un dibattito infuocato fra difensori e accusatori del cardinale; d’altro canto sempre Pell è stato chiamato in causa anche per aver coperto e insabbiato altri vari casi, eventi che sono stati ammessi, sia pure con varie circostanze attenuanti, da Pell il quale, negli Anni 90, mise a punto un protocollo di risarcimenti da parte della diocesi alle vittime, il “Melbourne response”, che da una parte venne giudicato insufficiente per la scarsa entità economica degli indennizzi, dall’altra rappresentò uno dei primi tentativi di sistematizzare la risposta della Chiesa di fronte al dilagare dello scandalo (i soldi elargiti sono poi diventati la regola nella Chiesa americana).
MIGLIAIA DI ABUSI SESSUALI SUI MINORI. D’altro canto in Australia, come anche in Irlanda o negli Stati Uniti, è emersa dal passato anche recente una realtà sconvolgente in cui gli abusi sessuali sui minori si erano verificati a migliaia, qualcosa che ha superato le previsioni più negative e scosso le fondamenta dell’istituzione. Riuscirà il cardinale a superare indenne la prova che lo attende? Difficile davvero dirlo almeno fino a quando non si consocerà meglio l’impianto accusatorio, ma certo il suo potrebbe diventare una sorta di processo alla von Bulow in ambito ecclesiale; insomma a oggi l’esito è tutt’altro che scontato.
PELL NON VERRÀ RICONFERMATO. Sembra comunque improbabile che Pell, di tendenze conservatrici, grande appassionato di finanza e economia, vicino all’Opus dei, possa tornare a ricoprire l’incarico di ministro delle finanze in Vaticano, a meno che non venga scagionato in tempi rapidissimi. Per ora, in ogni caso, non si ha ancora notizia di una sua partenza per l’Australia. D’altro canto la vicenda aveva avuto un importante precedente in Vaticano.
Atre burrasche avevano scosso i sacri palazzi. A destare scalpore erano state le dimissioni eccellenti di Marie Collins (marzo 2017), membro autorevole della Pontificia commissione per la protezione dell’infanzia, creata dal papa per affrontare al più alto livello lo scandalo abusi e darvi risposte adeguate. La Collins, ex vittima essa stessa, di origine irlandese e impegnata nella difesa dell’infanzia, aveva polemicamente lasciato li suo incarico attaccando duramente la Congregazione per la dottrina della fede, colpevole, secondo lei, di non collaborare con la commissione antipedofilia e di fare resistenza sul tema delicatissimo dei processi contro quei vescovi responsabili degli insabbiamenti e della protezione di tanti preti pedofili.
IL PUNTO CRUCIALE DELLE COPERTURE. D’altro canto l’ex Sant’Uffizio è proprio l’organismo vaticano preposto ai processi canonici contro i sacerdoti che hanno abusato di un minore e sta trattando migliaia di casi provenienti da tutto il mondo: centinaia sono state le riduzioni allo stato laicale. Il punto toccato dalla Collins era però cruciale perché riguardava le responsabilità delle “coperture”, e a favore di tale impostazione si era espresso lo stesso papa Francesco.
BERGOGLIO USA ANCHE LA “SCIABOLA”. Di fatto il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede Gerhard Ludwig Müller – che è pure capofila degli oppositori tradizionalisti del papa – non è stato rinnovato nel suo incarico da Bergoglio che ha forse preferito cominciare a usare anche un po’ la sciabola dopo tanto fioretto, tattiche gesuitiche e moral suasion. E non c’è dubbio che lo scontro fra la Collins e Müller possa essere stato fra gli elementi decisivi a far decidere per l’allontanamento di un cardinale da tempo scomodo per il pontefice.
Un membro della Pontificia commissione a tutela dell’infanzia ed ex vittima di abusi, Peter Saunders, aveva lasciato il suo posto nel febbraio 2016 in polemica con Pell
In ogni caso va ricordato che un altro membro della Pontificia commissione a tutela dell’infanzia, anch’egli ex vittima di abusi, Peter Saunders, australiano, aveva lasciato il suo posto (febbraio 2016) in polemica con il cardinale Pell. Ma c’è un altro precedente però che non va sottovalutato, perché può aiutare a capire in che direzione di muove il papa.
QUELLA MORTE FU DAVVERO NATURALE? Nell’agosto del 2015 veniva trovato morto nella sua abitazione in Vaticano (per causa naturale, fu il verdetto dell’autopsia che parlò di infarto, ma restano dei dubbi sul decesso) monsignor Jozef Wesolowski, di origine polacca, ex nunzio apostolico nella Repubblica dominicana dove era stato accusato dalla giustizia locale di gravissimi reati di abuso sui minori. Non solo: in suo possesso fu trovato un gigantesco archivio di materiale pedopornografico. Bergoglio, da parte sua, superate le resistenze iniziali interne al Vaticano, aveva deciso di processarlo entro le mura leonine; un fatto senza precedenti e, considerata la lunga carriera diplomatica di Wesolowski, tale da mettere in allarme qualcuno.
Due altri processi poi hanno fatto scalpore e sono noti, ossia quelli per i due Vatileaks; si è trattato di procedimenti con più di una lacuna formale e investigativa e che però allo stesso tempo hanno avuto il merito di mostrare in piena luce alcuni spaccati – non proprio esemplari – della vita interna ai sacri palazzi. Tanto più che, in sostanza, messa da parte la componente mediatica e spettacolare della vicenda, si trattava di procedere contro chi aveva rubato e trasmesso all’esterno documenti riservati o riservatissimi della Santa sede usati poi con varie finalità una volta divulgati.
UNA REALTÀ IMBARAZZANTE. Ne hanno fatte le spese in buona sostanza due personaggi ben inseriti in alcuni gangli chiave: Paolo Gabriele, aiutante di camera a servizio di Benedetto XVI, e Lucio Angel Vallejo Balda, monsignore esperto di finanza in ascesa Oltretevere che però non aveva visto soddisfatte le sue aspirazioni di carriera. È rimasto invece piuttosto oscuro il contorno che avvolgeva questi personaggi; tuttavia rileggendo le carte processuali con calma, molti nomi e particolari vengono fuori. Nell’insieme dunque anche procedimenti giudiziari non esenti da critiche e limiti evidenti hanno avuto il merito di scostare almeno un po’ le tende e di far emergere una realtà inedita, poco conosciuta e spesso imbarazzante.
I tribunali vaticani lavorano ormai a pieno regime, anzi avrebbero forse bisogno di più personale e mezzi. Si pensi ai 22 casi di potenziale riciclaggio scovati solo nel 2016
D’altro canto i tribunali vaticani lavorano ormai a pieno regime, anzi avrebbero forse bisogno di più personale e mezzi. Si pensi ai 22 casi di potenziale riciclaggio scovati solo nel 2016 dall’Aif, l’Autorità d’informazione finanziaria della Santa sede, e trasmessi al promotore di giustizia vaticano; oppure alle rogatorie partite verso l’Italia e viceversa – da ultimo la procura di Savona ha trasmesso gli atti di fine indagine al cardinale Domenico Calcagno, presidente delll’Apsa (l’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica), indagato per malversazione ai danni dello Stato per fatti avvenuti quando era alla guida della diocesi ligure. O ancora alle indagini contro un ex presidente dello Ior del calibro di Angelo Caloia – indagato dalla giustizia vaticana nel 2014, ma da allora del procedimento non si è saputo più nulla – o contro un ex segretario di Stato, il cardinale Tarciso Bertone.
TURBOLENTA TRANSIZIONE. Certo, resta in dubbio che le strutture vaticane siano in grado di portare a termine i tanti processi interni – il che rappresenta un problema anche per il pregiudizio di innocenza degli indagati -, ma è anche vero che una turbolenta transizione è in atto e chiama in causa sia la Chiesa nel rapporto con la giustizia civile sia l’ammodernamento interno delle leggi vaticane e del diritto canonico; un passaggio d’epoca che può far crollare diverse impalcature.
http://www.lettera43.it/it/articoli/cronaca/2017/07/11/abusi-sessuali-strane-morti-e-processi-il-nodo-giustizia-in-vaticano/212045/
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