Si tratta del più alto rappresentante vaticano mai coinvolto in un’inchiesta per abusi sessuali su minori
Il cardinale australiano George Pell, prefetto della segreteria per l’Economia del Vaticano, è arrivato a Sydney, in Australia, per difendersi in tribunale dalle accuse di pedofilia. La prima chiamata a comparire è il 26 luglio. Si tratta del più alto rappresentante vaticano mai coinvolto in un’inchiesta per abusi sessuali su minori, essendo non solo prefetto, ma anche membro del C9, il comitato dei 9 cardinali che aiuta il Papa nella riforma della Chiesa.
Pell è stato già al centro delle cronache con l’accusa di aver insabbiato dei casi di abusi di preti su bambini negli anni in cui era arcivescovo di Sydney e, nel 2002, un uomo sostenne di essere stato abusato da Pell a 12 anni, nel 1961, accusa da cui il cardinale è stato poi assolto.
Questa volta lo Stato di Victoria lo porta a processo con l’accusa, formulata da altre tre persone, di aver commesso in prima persona reati di pedofilia quando era sacerdote a Ballarat (1976-1980) e, poi, arcivescovo a Melbourne (1996-2001). La polizia australiana è entrata in Vaticano a ottobre scorso per interrogarlo: due delle accuse sono riferite agli anni Settanta e sostengono che Pell avrebbe toccato impropriamente i genitali di alcuni minori, la terza sostiene di averlo visto nudo in mezzo a giovani ragazzi. “E’tutto falso – si è difeso in Vaticano il 29 giugno -. Sono innocente, considero ripugnante l’idea stessa di abuso sessuale”. Sostiene di aver costantemente informato il Papa nel corso dei mesi – il Pontefice lo ha ricevuto l’ultima volta il 27 giugno – perché “queste questioni sono oggetto di indagine da due anni”, spiega. L’accusa che ha fatto ai media è quella di essersi “accaniti” senza tregua: un “incessante tentativo di sbattere il mostro in prima pagina”. Si è detto “molto grato” invece a Papa Francesco per avergli concesso il congedo per tornare in Australia a difendersi.
“Il Santo Padre, che ha potuto apprezzare l’onestà del card. Pell durante i tre anni di lavoro nella curia romana, gli è grato per la collaborazione e, in particolare, per l’energico impegno a favore delle riforme nel settore economico e amministrativo e l’attiva partecipazione nel Consiglio dei cardinali (C9)”, ha spiegato il portavoce della Santa Sede, Greg Burke, accanto a Pell nella dichiarazione alla stampa del 29 giugno. Burke ha ricordato come il cardinale Pell da decenni condanni “apertamente e ripetutamente” gli abusi commessi contro minori come “atti immorali e intollerabili”, e abbia cooperato in passato con le autorità australiane (a marzo del 2016 ha deposto in diretta streaming dall’Hotel Quirinale a Roma per la Royal Commission australiana), abbia “appoggiato la creazione della Pontificia commissione per la tutela dei minori” e, infine, come vescovo diocesano in Australia abbia “introdotto sistemi e procedure per la protezione di minori, e per fornire assistenza alle vittime di abusi”.
“Il caso del cardinale Pell ha dimostrato quanto poco affidabili siano le garanzie della Chiesa che vescovi e superiori religiosi dovranno subire sanzioni o rimozioni per cattiva gestione di casi di abuso di preti sui minori. Non è accaduto a lui e non abbiamo ancora visto nessun vescovo apertamente sanzionato o rimosso per negligenza nel trattamento degli abusi”. Ha scritto sul suo sito Marie Collins, ex membro della commissione anti abusi del Vaticano, che a marzo ha presentato le sue dimissioni per scarsa collaborazione della Santa Sede. “Siamo alla metà del 2017 – ha aggiunto, citando il Motu Proprio del Papa, in cui Bergoglio stabilisce la rimozione dei vescovi negligenti in caso di pedofilia – può il Vaticano dimostrare che sono stati esaminati i casi di vescovi negligenti o di superiori religiosi o che siano state messe in atto delle disposizioni dopo il Motu Proprio? Oppure, questo è solo un altro esempio di molte promesse, molte parole ma nessuna azione”.
http://www.lapresse.it/cardinale-pell-in-australia-a-processo-per-pedofilia-da-26-luglio.html
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