Città del Vaticano – Forse ci voleva proprio il gesto forte di Marie Collins che se ne è andata la scorsa settimana sbattendo la porta, per scuotere il Vaticano, e per fare aprire gli occhi all’amministrazione d’Oltretevere che il tema della pedofilia rappresenta ancora una ferita sanguinante per la comunità cattolica. Una piaga che necessita di energie. Scrivono per parlare di fatti dolorosi avvenuti decenni addietro. Le richieste di ascolto sono numerose e richiedono una adeguata risposta. Dopo le dimissioni della signora irlandese dalla commissione antipedofilia, padre Hans Zoellner, presidente della commissione creata da Papa Francesco, ha rotto ogni indugio per reclamare più risorse e personale adeguato. Proprio come insisteva (invano) anche Collins.
«Chiediamo alla Santa Sede di assumere altre persone» ha detto Zoellner. Alcuni giorni fa si è riunita a Roma la commissione per discutere quali misure tenere dopo l’uscita di scena di Collins, anch’essa ex vittima di abusi. «All’interno della Commissione – ha spiegato ancora padre Zollner alla tv dei vescovi – abbiamo discusso ore. Ci siamo concentrati a riflettere sul numero delle comunicazioni che ci arrivano (dalle vittime ndr) e che sono in costante aumento. E le persone non si accontentano di sapere che la loro lettera sia stata letta ma vogliono anche informazioni, esprimere la loro rabbia e le ferite. Ricevo 5-6 lettere al giorno da tutto il mondo. Molte persone in Vaticano non sanno rispondere perché manca il background psicologico, teologico, giuridico e non sanno bene come misurare le parole in un’altra lingua. Ci vuole un set complesso di competenze e capacità professionali. Abbiamo chiesto al Papa di creare un ufficio per formare persone che possano rispondere come si deve alla gente».
«Le persone che scrivono alla Santa Sede – ha proseguito padre Zollner – si aspettano una conferma di lettura alle loro lettere ed e-mail. E’ un desiderio ragionevole e umano che però si scontra con la realtà di un ufficio molto spesso limitato nelle risorse umane e linguistiche. Queste richieste ci arrivano da tutto il mondo. Ogni giorno ricevo lettere di vittime o persone che vogliono condividere la loro sofferenza».
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