Si addensano le ombre sui Testimoni di Geova. L’esplosione di un caso internazionale legato a episodi di pedofilia non denunciati in Australia, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna stanno avendo ricadute negative in molti altri Paesi del mondo. «Sono spuntate storie di bambini abusati e di mancate denunce, se non proprio di vicende taciute alle autorità giudiziarie. La questione è finita nelle aule dei tribunali. Ed è rimbalzata su forum, blog, profili Facebook di migliaia di fedeli che hanno cominciato a chiedersi se la naturale attitudine alla riservatezza di chi professa il credo di Charles Taze Russel non sia in passato degenerata nella sistematica copertura di pedofili e predatori sessuali». Il Corriere della Sera ha ricostruito la scabrosa vicenda.
La lettera-denuncia
Il quotidiano pubblica una lettera inviata da un testimone di Geova di vecchia data: «Sono un testimone di Geova battezzato da molti anni», inizia la lettera inviata da Raffaele Di Martino ai vertici della sua organizzazione religiosa, la Betel, l’equivalente del Vaticano per i quasi 248mila battezzati nel nome di Geova in Italia. «Chiedevamo la cancellazione dei nostri dati dagli archivi della congregazione – spiega Raffaele – perché vogliamo prendere le distanze, pur restando fedeli a questa religione che per noi è tutto. Per tutta risposta ci hanno convocato per un comitato giudiziario, il nostro tribunale interno. Noi abbiamo spiegato che avremmo risposto solo a comunicazioni scritte e loro, gli anziani, ci sono venuti a trovare una seconda volta a distanza di due giorni per comunicarci che non eravamo più testimoni di Geova. Cacciati via e cancellati dal ricordo e dalla frequentazione di tutti gli altri fratelli. Ai loro occhi non esistiamo più».
Testimoni di Geova: espulsioni per chi non si allinea
In Australia una commissione d’inchiesta ha individuato 1006 casi non segnalati alla magistratura- si legge. Nel corso della deposizione davanti alla Commissione Reale sulla pedofilia, istituita a Sidney la scorsa estate, Geoffrey Jackson, uno dei sette “papi” dei testimoni di Geova, ha ammesso che le procedure adottate fino ad allora si erano rivelate inadeguate. Fino al 2010, come racconta il Corriere della Sera, «i testimoni di Giustizia non erano “liberi di denunciare” abusi sui minori. Avevano bisogno di almeno due testimoni perché un fatto venisse ritenuto penalmente rilevante. “Ma nei casi di violenza sessuale come si fa ad avere due testimoni? Se non c’è confessione del colpevole, l’unico testimone è la vittima. E da sola non basta – spiega Rocco Politi, fino al 2001 anziano a Modena. Dal 2010, però, le regole sono state modificate, i fedeli sono liberi di denunciare e gli anziani sono invitati a non interferire con la scelta delle famiglie. “Se gli anziani vengono a sapere di un’accusa su abusi su minori – si legge in una circolare del 2012 – dovrebbero chiamare immediatamente il Reparto Servizio (la Betel, la sede centrale della congregazione a Roma)”. L’ufficio informazione pubblica della Betel ha risposto con una lettera: «I testimoni di Geova ripudiano la pedofilia e gli abusi all’infanzia, reati perpetrati purtroppo a tutti i livelli della società» e riguardo all’inchiesta australiana i vertici dei Testimoni di Geova italiani rimandano alla memoria difensiva presentata nel corso del procedimento, in cui si ribadisce che «i testimoni di Geova non perdonano né coprono».
Bimbi abusati e mancate denunce: Testimoni di Geova nella bufera