Intervista con l’arcivescovo maltese che è stato a fianco di Ratzinger nel contrastare gli abusi sui minori e ora presiede il collegio che si occupa dei ricorsi alla Congregazione per la dottrina della fede
La linea di Benedetto XVI nella lotta contro gli abusi sui minori «senz’altro continua!». Papa Francesco «è stato durissimo» a proposito dei vescovi che di fronte al fenomeno si limitavano a cambiare il prete pedofilo di parrocchia in parrocchia: «Oggi grazie a Dio non è più possibile agire così». L’arcivescovo metropolita di Malta Charles Scicluna è l’uomo che ha combattuto a fianco di Joseph Ratzinger la lotta contro gli abusi commessi da sacerdoti e religiosi e ora presiede il collegio incaricato presso la Congregazione per la dottrina della fede di esaminare i ricorsi dopo la prima sentenza. In questa intervista con «Vatican Insider» spiega come procede il lavoro di lotta e di prevenzione del fenomeno della pedofilia.
Il film «Spotlight» sugli abusi a Boston e le quattro recenti audizioni del cardinale George Pell davanti alla Royal Commission riguardanti casi degli anni Settanta hanno riportato all’attenzione il tema della pedofilia nella Chiesa e la lotta agli abusi. Come si sta procedendo? Continua la linea di Benedetto XVI con l’attuale pontificato?
«Senz’altro continua! Il film «Spotlight» finisce con la situazione del 2002, cioè proprio mentre ha inizio presso la Congregazione per la dottrina della fede guidata dall’allora cardinale Joseph Ratzinger un riallineamento della legislazione sugli abusi, poi aggiornata nel 2010 con l’identificazione specifica anche della fattispecie della pedo-pornografia e degli abusi ai danni di disabili. Le nuove legislazioni, negli ultimi 14 anni hanno aiutato i vescovi a rispondere al fenomeno, proteggendo i bambini e impegnando la Chiesa nella prevenzione degli abusi. L’esperienza, a partire dal 2002, è stata molto positiva negli Stati Uniti, e questo il film non l’ha descritto ma va riconosciuto».
Sul volo di ritorno dal viaggio in Messico Papa Francesco è tornato a parlare degli abusi paragonandoli a «sacrifici diabolici» e ha usato parole forte contro i vescovi che si sono limitati a spostare il prete responsabile di questi crimini da una parrocchia all’altra. Che significato hanno quelle parole?
«Francesco sta continuando nella linea del predecessore e ha dato una lettura teologica al fenomeno, paragonando l’abuso sui bambini alla profanazione dell’eucaristia e ai sacrifici diabolici. Così ha sottolineato anche il tremendo danno spirituale che viene compiuto. C’è un abuso di potestà spirituale e una volta che si è incrinato il rapporto di fiducia verso la Chiesa è davvero difficile da ripristinare. Questo approfondimento teologico ci fa capire ancora di più l’importanza di debellare il fenomeno e soprattutto ci fa pregare perché i preti siano pastori che conducano a pascoli di santità».
Oggi le norme che cosa prevedono? È ancora possibile «coprire» e «insabbiare» come avvenuto in passato?
«Lo spostamento di parrocchia in parrocchia del prete macchiatosi del crimine degli abusi sessuali su minori, del tutto inadeguato, era frutto dell’idea che questi atti venissero commessi per condizionamento ambientale. Cambiare ambiente di vita avrebbe permesso, secondo questa tesi assurda, di superare il problema. Purtroppo così facendo si sono esposte tante altre vittime innocenti a questi crimini sessuali. Oggi grazie a Dio non è più possibile agire così. Papa Francesco è stato durissimo al riguardo. Un sacerdote accusato di abusi su minori viene deferito alla Congregazione per la dottrina della fede e viene sospeso dal ministero mentre si fa luce sulle accuse che lo riguardano. Inoltre si avvertono le autorità civili…»
Su questo punto, però, non tutti gli episcopati sono invitati a comportarsi allo stesso modo, vero?
«Nei Paesi di cultura anglosassone c’è l’obbligo di coinvolgere le autorità civili. L’indicazione della Santa Sede ai vescovi è di rispettare le legislazioni dei rispettivi Paesi. Nel caso non vi sia l’obbligo di denuncia alle autorità civili, senz’altro bisogna cooperare e invitare la vittima degli abusi che voglia farlo a rivolgersi alla magistratura. In ogni caso i vescovi devono cooperare con le autorità».
Il Papa nell’intervista sull’aereo l’ha citata per nome, ricordando che lei presiede lo speciale collegio per i ricorsi che esamina in secondo grado questi casi: come sta funzionando questo collegio? Secondo quali criteri operate?
«Il Papa ci ha chiesto di fare presto, di evitare lungaggini burocratiche e di dare risposte adeguate in tempi ragionevoli. Cerchiamo di servire la giustizia nella verità, ma anche di tenere conto del diritto alla difesa per chi è accusato. Cerchiamo di seguire il criterio del bene della Chiesa: non si può infatti permettere che il reo, cioè una persona che con le sue azioni mette a rischio la vita delle comunità cristiane, possa continuare nel suo ministero».
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