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Alla stazione Termini si aggirano pedofili a caccia di minorenni. Piccoli immigrati senza famiglia, costretti a vivere nei cunicoli sottoterra e a prostituirsi per mangiare. Reportage dalle viscere della Capitale
Decine di immigrati minorenni vivono nel sottosuolo o accampati in aree attorno alla stazione Termini, nel cuore di Roma. Sono ragazzini senza famiglia, che rientrano fra i seimila minorenni non accompagnati arrivati in Italia e scomparsi. E per non morire di fame si vendono e sono vittime di pedofili senza scrupoli, uno dei quali, un ingegnere americano arrivato a Roma da Chicago, arrestato nelle scorse settimane.
Il racconto di questi ragazzi, le loro immagini, i cunicoli sporchi e maleodoranti in cui vivono, sono contenuti in un reportage che l’Espresso pubblica nel numero in edicola venerdì 19 e online su Espresso Plus , in cui si mette in evidenza il girone infernale della Capitale. Si scoprono piccoli adolescenti che da un anno vivono sotto un albero, arrotolati in coperte sporche e bucate, che ne fanno fagotti buttati tra i sacchetti della spazzatura, con i topi che ogni notte provano a infilarsi nei loro pantaloni.
Da piazza della Repubblica alla stazione, meno di quattrocento metri tra fasti dell’antica città imperiale, gli hotel di lusso e le bancarelle degli ambulanti, percorsi in fretta ogni giorno da pendolari e turisti, vivono questi ragazzini “invisibili”, scomparsi dopo essere sbarcati sulle coste italiane e arrivati dopo un lungo viaggio dai loro paesi d’origine dove scappano per via delle guerre. Un tredicenne egiziano racconta la sua storia, di quanto gli manca la mamma e la paura che prova a stare di notte solo per strada e dice: «Sono un bambino, ed ho paura».
Dove vivono questi minorenni è un tappeto di melma, l’odore stordisce. Fathi è uno di loro, abbassa la testa e scende giù nel buco. «Meglio dormire fuori». Abdul risale la scaletta e si stringe nella felpa per il freddo. «Io sto qui, sotto l’albero». La sua vita è in un metro quadrato fatto di un cartone, una coperta marrone e due sacchetti di plastica blu. «Fuori è meglio, perché tira vento e non c’è quella puzza», dice. Ma quella puzza, anche se tira vento, rimane impressa nelle narici. E non se ne vuole andare. Fathi ha 14 anni, vive qui da due anni ed è arrivato da solo da Gharbia, in Egitto. Abdul ne ha 16. Come lui Ibrahim e gli altri. Venti, trenta ragazzini che dormono per terra, rubano, si prostituiscono. Sono gli invisibili.
Il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, interpellato da l’Espresso , annuncia che per salvare questi ragazzini è stata avviata «un’unità di strada sperimentale dedicata proprio ad intercettarne il disagio, monitorando i loro luoghi di ritrovo e stazionamento, informandoli sui servizi di accoglienza ed individuando eventuali soggetti adulti che potrebbero sfruttarli in attività illecite. L’unità sarà attiva all’interno della stazione Termini e nelle aree limitrofe 6 giorni su 7, dalla mattina sino a tarda sera, avvalendosi di educatori e mediatori linguistico culturali esperti nell’approccio a utenti in situazioni di disagio».
Per assonanza viene in mente Christiane F., il suo libro di fine Anni 70, “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”, dove “Zoo” è il nome della stazione ferroviaria, luogo di disperazione e di prostituzione per minorenni a caccia di soldi per comprare l’eroina. All’epoca lo stupore fu un sentimento forte almeno quanto la commozione. C’erano i minorenni che si vendevano per procurarsi l’eroina, la droga del disagio nel già opulento Occidente. E c’erano adulti che ne approfittavano per sfruttarli sessualmente.
In un ideale giro d’Europa su rotaia, negli anni Novanta, il testimone passò a Bucarest, alla Romania del dopo Ceausescu. La “Gara de Nord”, la stazione, era il terreno di caccia per pedofili provenienti da ogni dove, richiamati dal sesso facile, impunito e a basso costo che offrivano bambini orfani del comunismo e di famiglie che se ne sbarazzavano perché non in grado di mantenerli nella nuova stagione del liberismo spinto dopo quella di un welfare straccione ma pur sempre welfare. Le autorità vedevano e tacevano: non potevano ammettere il precoce fallimento sociale del governo che aveva sostituito la dittatura.
Fu grazie a Miloud Oukili, un clown franco-algerino capitato per caso in Romania, che lo scandalo venne alla luce. Letteralmente. Scoprì che quegli adolescenti, talvolta persino bambini, maschi e femmine, vivevano nelle fogne della capitale. Si vendevano per non morire di fame, e poi dalle botole attorno alla stazione si inabissavano nelle viscere del sottosuolo.
Intanto questi ragazzi “dannati” di Roma continuano ad avere paura, ad essere oggetto di pedofili e a vivere sotto gli alberi o nel sottosuolo.
L’inchiesta esclusiva sull’Espresso in edicola da venerdì 19 e già online su E+
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