Via al processo canonico nel mirino c’è anche Oliveri. La vicenda scottante segnalata alle gerarchie vaticane
ALBENGA. Adesso trema anche il vescovo Mario Oliveri, ed anche sul futuro ecclesiastico di don Luciano Massaferro si allunga qualche ombra. La vicenda di don Zappella ha avuto sulla curia ingauna l’effetto di una bomba a grappolo. Da qualche giorno la battuta più ricorrente negli ambienti diocesani è che il vescovo Mario passerà alla storia per essere stato il primo nella bimillenaria storia della Chiesa ad avere ordinato sacerdote un pedofilo “conclamato”, cioè già condannato in sede penale.
Ovviamente non esistono statistiche ufficiali in materia, ma la battuta è(come spesso accade) significativa del clima che si respira attorno al vecchio vescovo. E se il processo canonico a don Zappella riguarderà anche la prima vicenda di abusi,quella per cui il sacerdote è già stato condannato, un coinvolgimento di Oliveri sarà pressoché inevitabile e la sua posizione non sarà delle più semplici. Se dovesse emergere che il vescovo sapeva della condanna sarebbe un guaio grosso, perché dovrebbe spiegare il motivo per cui ha deciso di accogliere Zappella in seminario e poi ordinarlo sacerdote. Ma anche se dovesse risultare ignaro di quel precedente non sarebbe certamente al riparo da censure da parte della Santa Sede, perché evidentemente gli potrebbe essere rimproverato di non avere effettuato le necessarie verifiche sulla moralità di un aspirante sacerdote.
Non che il setaccio all’ingresso del seminario abbia mai avuto (nell’ultimo quarto di secolo) le maglie troppo fini, ma la sensazione è che in Vaticano si pensi che questa volta si sia davvero esagerato. A questo punto non pare da escludere che Oliveri riceva un nuovo invito a ritirarsi a vita privata, dopo quello che (ignorato) ha portato alla nomina del coadiutore. Quanto a Massaferro, il vescovo Borghetti ha sempre detto che bisognerà aspettare che termini di scontare la pena prima di valutare la sua posizione,ma adesso la scadenza è vicina e la linea dura nei confronti di Zappella potrebbe far presagire un atteggiamento simile rispetto a Massaerro. Se una condanna per reati sessuali è ritenuta incompatibile con la veste da sacerdote nel caso del prete di Borghetto, si può ipotizzare che lo stesso principio valga anche per il presbitero alassino.
L. REB. Il Secolo XIX Savona
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