«Sei una puttana» è probabilmente l’insulto meno offensivo che abbia ricevuto, sicuramente meno umiliante di chi l’ha cacciata via dal proprio negozio, come se avesse la peste.
Per gli abitanti di Augusta (Sr), Mary (nome di fantasia) è una puttana perché ha provocato Gaetano Incardona, all’epoca dei fatti arciprete della basilica siracusana. E’ colpa sua se in un pomeriggio del febbraio di quasi due anni fa don Gaetano non ci ha visto più e anziché confessarla le si è avventato addosso, trascinandola quasi con forza in sacrestia, come testimonia il suo racconto, e ha cominciato a palpeggiarla, a toccarla e baciarla contro la sua volontà. In nome di Dio, sia ben chiaro, voleva solo toglierle il demonio di torno e assolverla dai peccati. E magari da ogni turbamento.
Troppo bella Mary, con le sue forme sinuose, quei riccioli da bambolina e quel viso luminoso. Come avrebbe potuto un uomo non approfittare di lei? Colpa sua, le sta bene, non doveva andare a disturbare la quiete ormonale di un sacerdote rintanatosi tra le mura sacre di una chiesetta e in procinto di celebrare un funerale. Già, il funerale, tanto belli quei riccioli da dimenticarsi che ai piedi dell’altare c’è un morto che aspetta la benedizione per l’ultimo, estremo saluto.
Quando la giovane 21enne riesce finalmente a liberarsi dalle grinfie del presunto molestatore, raggiunge suo padre in lacrime. E vomita. Sente ancora la puzza addosso di don Gaetano. Suo padre la convince a recarsi in caserma, ma lì, come accade spesso, trova l’amara sorpresa. Strane le leggi italiane, seppur comprensibili in tutta la loro controversia. I carabinieri, purtroppo, non possono agire se non hanno prove. Così, la vittima è costretta a ritornare nello stesso posto, a farsi molestare di nuovo, per dimostrare semplicemente che i suoi racconti non sono frutto della fantasia. Ma stavolta, sparse sul “corpo del reato” ha un po’ di telecamere nascoste, che registrano tutto. Per Gaetano Incardona scattano immediatamente le manette, che lo vedono alle prese, per un po’ di giorni, con la misura cautelare domiciliare e successivamente con un inquietante silenzio innanzi al Gip. Per Mary, però, l’incubo è tutt’altro che finito.
Bella la Sicilia, con i suoi panorami unici e mozzafiato, tanto bella quanto arretrata, per certi aspetti. Un popolo, come accade ancora nel sud in generale, che non è ancora pronto per scagliarsi contro uomo di Chiesa. Neanche di fronte all’evidenza. Che poi le Ave Maria e i Padre Nostro non bastano più per ridare verginità alla coscienza. Maglio prendersela con chi le molestie le ha subite. D’altronde se Mary non avesse quel corpo, probabilmente nessuno le avrebbe messo un dito addosso. E questo fa di lei una poco di buono, una peccaminosa provocatrice.
Ovunque vada le puntano il dito contro, si mormora, gli sguardi sprezzanti si sprecano, c’è anche chi si sente in dovere di uscire dalla proprio bottega e indirizzarle qualche offesa in mezzo alla strada. Succede anche che quando la ragazza fa stampare dei manifesti per chiedere che venga fuori la verità, qualcuno, di notte, vigliaccamente, glieli fa a pezzi. La situazione diventa insopportabile, smette di andare all’università ed entra in analisi. Ma non basta. Per sottrarsi alla furia cieca delle comari casa e chiesa, è costretta all’esilio a Palermo. Don Gaetano Incardona, invece, come vuole la prassi, viene trasferito dal Vescovo in una parrocchia poco lontano, in attesa del processo. Ma lì, per fortuna, la gente si ribella, protesta, nessuno vuole quell’uomo. Qualcosa evidentemente sta cambiando. Viene nuovamente trasferito e mandato in un’altra parrocchia alle porte di Augusta, anche qui, come se niente se fosse. Ma il tempo, si sa, a differenza di certi uomini, è galantuomo.
La stampa locale raccoglie le testimonianze di altre presunte vittime, spinte dal coraggio della ragazza, tra le quali quella del padre di una bambina di dieci anni, che sarebbe stata addirittura violentata tempo prima. Mary non è più sola e neanche più una bugiarda. Torna nella sua Augusta e affronta con caparbietà tutte le fasi di un processo, che però va a rilento, tra continui ritardi e forse la beffa. Si riprenderà il prossimo novembre con l’imputato rinviato a giudizio per molestie e non per violenza sessuale.
Poco male, la giovane grazie all’amore della sua famiglia, nonostante i violenti attacchi d’ansia che da quel giorno non l’hanno più lasciata, è tornata a vivere e a sperare di avere la sua fetta di giustizia. Perché in fondo quello che chiede è di essere creduta, per riavere indietro la sua dignità e per evitare che succeda ancora, a chiunque. Anche nella Sicilia bigotta e ancora troppo timorata di Dio.
*Si ringraziano l’associazione “Rete l’abuso” e il suo Presidente Francesco Zanardi
http://www.notia.it/2015/10/chiesa-e-abusi-augusta-accusa-don-gaetano-incardona-viene-emarginata-dai-suoi-concittadini/
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