POLA È certamente uno degli artisti teatrali della Croazia maggiormente apprezzati, con una carriera di successi a livello nazionale e internazionale. Stiamo parlando dell’artista multimediale Damir Zlatar Frey, che il pubblico fiumano ricorderà per essere stato regista, scenografo e coreografo della “Tosca”, del “Delitto all’isola delle capre” (produzione del Dramma Italiano) e delle “Nozze di sangue”, mentre quello istriano per essere l’ideatore del Festival del Teatro da camera “Leone d’Oro” di Umago e di tanti altri spettacoli.
Da poco tempo, l’umaghese Damir Zlatar Frey si è confrontato anche con l’arte dello scrivere, per cui ha pubblicato il romanzo d’esordio “Kristalni Kardinal” (Cardinale di cristallo – Fraktura, ‘14). Il volume, strettamente autobiografico, è stato presentato ieri dall’autore stesso, con la partecipazione di Seid Serdarević e Gordana Jeromela Kaić, al Teatro Popolare Istriano nell’ambito del Festival del Libro di Pola. Oggi il volume sarà proposto anche al pubblico umaghese, ossia al Caffè Gala, con inizio alle ore 18. È stata un’occasione per raggiungerlo per parlare della sua fatica letteraria in cui affronta i difficili traumi dell’infanzia. Ecco cosa ci ha raccontato.
Un processo catartico
“Ho passato tre anni a scrivere questo romanzo – esordisce Zlatar Frey alla domanda su quale sia stata la genesi del volume autobiografico –. Un periodo abbastanza lungo in cui mi sono dedicato soltanto alla scrittura, lasciando completamente da parte l’attività di regista e coreografo teatrale. Scrivere questo libro ha rappresentato per me un processo catartico. Ripulire la propria vita utilizzando il mezzo dell’espressione artistico letterario. L’ho scritto per liberare me stesso, ma anche per ispirare altri a fare la stessa cosa. È un romanzo sulla mia vita. Un’esistenza passata a combattere e a sopravvivere. Basti soltanto il fatto che sono sempre stato un libero artista, vincolato da contratti a termine, ossia da progetti artistici teatrali che richiedevano la mia più completa dedizione. Se ciò fosse venuto meno, avrei rischiato la mia carriera. In altre parole, nella mia vita non ho mai potuto permettermi di commettere errori”.
Un bambino senza genitori
Al centro del romanzo troviamo la difficile e traumatica infanzia dell’autore. “Narro la vita di un bambino senza genitori – ci spiega Damir Zlatar Frey –, con tutte le difficili relazioni emotive e personali che implica un rapporto come questo. Sono esperienze che conosco molto bene, poiché sono stato proprio io a viverle. Quando i miei divorziarono, fui abbandonato a me stesso perché mio padre rimase menomato dalla separazione, completamente impreparato per qualsiasi altra cosa, mentre mia madre era presa da altri rapporti. Di conseguenza, ero un bambino che non poteva raggiungere nessuno né con la mano sinistra, né con quella destra. La città di Zagabria, dove nacqui, divenne la mia casa. Il tessuto urbano mi marchiò profondamente, tanto da diventare un bambino della strada, quasi un nomade. La conseguenza di questo modo di vivere fu che diventai un facile bersaglio per chiunque. Credevo a tutti quelli che avevano delle belle parole per me. Ciò andò avanti fino a quando qualcuno non mi prese per mano per portarmi in un brefotrofio”.
Le attenzioni del reverendo
Prima di andarci, però, catturò l’attenzione di un prete pedofilo… “Sono cresciuto in un ambiente cattolico molto rigoroso – narra l’autore del libro –, con una zia piena di devozione, ma gelida e senza emozioni, la quale si prendeva cura di me e desiderava per me la carriera sacerdotale. Tra l’ottavo e decimo anno della mia vita si compì il suo piano, quando con assidua devozione mi portava a catechismo e in chiesa, con il desiderio che mi dedicassi a Dio. Accadde, però, che la mia puerile innocenza conquistò il reverendo, il quale mi separò dagli altri bambini per poter compiere su di me atti indecenti. Ero un bambino indifeso e lui mi prese come il suo giocattolo. Mi disse tutte quelle cose che io da piccolo avrei desiderato sentire. Ogni giorno aveva regali e parole dolci per me. Mi offriva le caramelle e gelati. Io lo vivevo come una figura che s’interessava a me, desiderava proteggermi e aiutarmi. Le sue attenzioni, le sue avance e, infine, anche le sue morbosità non mi disturbavano tanto, fino a quando iniziarono a provocarmi dolore fisico. Da quel momento decisi di scappare da lui. In realtà sono stati i miei genitori, con la loro separazione e abbandono, a consegnarmi al sacerdote su un piatto, quasi come un trofeo. Tentai di riferire l’accaduto a mia zia, che in quel periodo si prendeva cura di me. La sua reazione fu tale che mi colpì in faccia. Capii che avrei dovuto tacere dell’accaduto. Lo sosteneva lo stesso sacerdote. Affermava che era un nostro segreto e che non avrei dovuto dirlo a nessuno”.
Ogni giorno un nuovo trauma
“Il prete che ha abusato di me ha avuto la sua carriera ecclesiastica – racconta Frey –. Ci divisero e io fui messo nel brefotrofio. Del resto, l’esatto succedersi dei fatti è descritto nel romanzo, per cui preferisco non svelare di più. Posso dire soltanto che ho proseguito la mia vita con nuove e interessanti sfide, come la crescita nell’istituzione per bambini. Non posso giudicare nessuno di questi protagonisti che hanno cambiato e influenzato la mia vita – continua –. Devo dire che non ho scritto il romanzo per accusarli, come fa di solito la maggior parte delle vittime che hanno subito queste mostruosità. L’ho fatto, invece, per esporre i fatti che sono accaduti”.
Che cosa è successo dopo? Quanto questo trauma ha interferito nella vita di Frey e nei rapporti familiari e sociali? “Successivamente sono arrivati anche altri traumi. Per un bambino che ha subito queste cose, ogni giorno rappresenta un nuovo trauma. Il libro narra di come e cosa ho dovuto sopportare prima di poter approdare un giorno all’arte teatrale, dalla mia formazione alle scuole di danza e coreografia, fino alla mia carriera artistica”, ha concluso Damir Zlatar Frey.
Foto di Goran Žiković
http://www.editfiume.com/lavoce/cultura/10733-il-prete-pedofilo-che-cambi-la-mia-infanzia
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